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Silenzio-inadempimento mancata assunzione come orfano di deceduto per causa di servizio

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 9921 del 2009, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati Erennio PARENTE e Giovanni Carlo PARENTE presso il cui studio in Roma Via Emilia, n. 81 è elettivamente domiciliato;

contro

il Ministero della Giustizia in persona del Ministro legale rappresentante p.t. ed il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 ex lege domiciliano;

per l’annullamento

 

del silenzio – inadempimento formatosi a seguito di istanza di diffida avanzata dal ricorrente con atto notificato in data 31 luglio 2009;

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia – (D.A.P.);

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nelle camere di consiglio del giorno 7 gennaio 2010 e del 4 marzo 2010 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori Stefano Monti, per delega dell’avv. Giovanni Carlo Parente;

Ritenuto in fatto e e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato all’Amministrazione in epigrafe in data 17 novembre 2009 e depositato il successivo 1° dicembre, espone il ricorrente che, in qualità di orfano di deceduto per causa di servizio, nel 2001 presentava istanza all’Amministrazione della Giustizia per essere assunto in tale qualità, essendo destinatario della apposita riserva ai fini delle assunzioni dirette presso datori di lavoro pubblici e privati in applicazione dell’art. 18 della L. 12 marzo 1999, n. 68. Espone, altresì, di avere ricevuto la risposta soltanto dopo due anni in data 6 maggio 2003, con l’invito da parte dell’amministrazione a scegliere una lingua straniera per la prova di idoneità per il profilo di collaboratore – B2. Successivamente con nota priva di data e di protocollo egli veniva escluso perché non ricorreva nel suo caso il requisito di orfano di caduto durante il servizio.

Rappresenta che avverso tale reiezione egli presentava ricorso al TAR, tutt’ora pendente, ma che nelle more notificava apposita diffida all’Amministrazione, affinchè disponesse la sua assunzione per chiamata diretta, in virtù dell’art. 3, comma 123 della L. fin. n. 244 del 2007, che ha esteso le disposizioni del collocamento obbligatorio di cui alla legge n. 407/1998 (priorità assoluta nell’assunzione e chiamata diretta nominativa) anche agli orfani di coloro che siano deceduti per causa di lavoro o per l’aggravarsi di infermità contratte per causa di lavoro.

Decorsi, tuttavia, i tre mesi, per la risposta il ricorrente non ne riceveva alcuna, sicchè ha proposto il ricorso in esame deducendo la violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i., l’eccesso di potere per carenza di istruttoria e carenza di motivazione, per errore nei presupposti, per manifesta ingiustizia, per travisamento dei fatti e disparità di trattamento, la violazione delle norme sul giusto procedimento, concludendo per la declaratoria della illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione e dell’obbligo della stessa a provvedere.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio concludendo all’opposto.

Alle camere di consiglio del 7 gennaio 2010 e del 4 marzo 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti che di seguito si vanno a precisare.

2. Con esso il ricorrente chiede che sia dichiarato illegittimo il silenzio serbato dall’amministrazione sulla istanza volta ad ottenere l’assunzione diretta prevista per i familiari superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata dall’art. 1, comma 2 della L. 23 novembre 1998, n. 407 ed estese in virtù dell’art. 3, comma 123 della L. 24 dicembre 2007, n. 244 anche agli orfani ed al coniuge superstite dei deceduti per causa di lavoro o per l’aggravamento delle infermità contratte per causa di lavoro, categoria nella quale egli rientrerebbe.

Tutto ciò va premesso in quanto la declaratoria della illegittimità sul silenzio serbato dalla amministrazione in ordine ad una istanza presentata da soggetti interessati, ancorchè estranei all’amministrazione, presuppone la facoltà del giudice di valutare la fondatezza della domanda, ai sensi dell’articolo 2, comma 8 della L. 7 agosto 1990, n. 241 dapprima modificato dall’articolo 2, comma 1, lett. b), e dall’articolo 21, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15 e, successivamente, sostituito dall’articolo 3, comma 6-bis, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 e da ultimo dall’ articolo 7, comma 1, lettera b), della legge 18 giugno 2009, n. 69.

A tal riguardo, pure se in base al principio tempus regit actum alla questione in esame va applicata la nuova versione dell’art. 2 della L. n. 241 del 1990, dal momento che il procedimento è stato instaurato con la diffida notificata dal ricorrente all’amministrazione in data 31 luglio 2009 e dunque nella piena vigenza della modifica della L. n. 241 del 1990, intervenuta da ultimo con la L. n. 69 del giugno 2009, tuttavia ciò non influisce sulla preliminare pronuncia sulla fondatezza della domanda da detta norma prevista, limitandosi la nuova modifica a spostare la previsione dal comma 5 al comma 8 dello stesso articolo 2 e legandola altresì al nuovo termine di conclusione del procedimento che è di trenta giorni anziché di novanta.

Sotto questo profilo il ricorso presentato dall’interessato è pure tempestivo, dal momento che pur essendosi l’interessato regolato su un termine di conclusione del procedimento di novanta giorni anziché di trenta, circostanza per la quale va peraltro riconosciuto l’errore scusabile, dal momento che L. n. 69 del 2009 di modifica dell’art. 2 era da poco entrata in vigore, il giudizio è stato instaurato entro un anno dalla scadenza dei termini previsti dal detto articolo 2, comma 2 della L. n. 241 del 1990.

3. Ciò premesso in ordine alle questioni preliminari, va ulteriormente rilevato che per costante giurisprudenza amministrativa la pronuncia sulla fondatezza della domanda non consente al giudice di sostituirsi all’amministrazione nell’apprezzamento o scelte discrezionali di sua competenza, (da Consiglio di Stato, sezione IV, 16 settembre 2008, n. 4362) dovendosi limitare piuttosto a verificare l’esistenza di un principio di fondatezza della pretesa del ricorrente, così da qualificare illegittimo il silenzio serbato dall’amministrazione sulla sua istanza.

Nel caso in esame tale principio di fondatezza sussiste.

Va, infatti, rilevato che l’amministrazione della giustizia ha già rigettato una prima istanza del ricorrente per essere assunto in qualità di orfano di caduto per causa di servizio, come desumibile dalla circostanza che il padre, sovrintendente capo di polizia penitenziaria era deceduto per l’aggravarsi di patologia già riconosciuta come dipendente da causa di servizio.

Ciò non toglie che in presenza della norma di cui all’art. 1, comma 2 della Legge 23 novembre 1998, n. 407 relative a provvidenze a favore dei superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e che consente alle amministrazioni l’assunzione diretta in servizio di detti superstiti, invocata dal ricorrente a proprio favore, ed in presenza, altresì, della norma che estende tali provvidenze anche agli orfani o al coniuge dei morti per fatto di lavoro, recata dalla citata disposizione della Legge Finanziaria per l’anno 2008, l’amministrazione avrebbe dovuto valutare se la posizione del ricorrente rientrava o poteva rientrare in tale ipotesi, avendo già escluso che egli potesse essere assunto in qualità di orfano di caduto per causa di servizio, pur avendone in un primo tempo avviatone il relativo procedimento, impregiudicato l’esito dell’apposito gravame sul provvedimento reiettivo.

Conforme in tal senso è la giurisprudenza che, a fronte del ricorso sul silenzio, richiede che l’Amministrazione si pronunci sull’istanza del ricorrente, in senso positivo o negativo (tra le tante: TAR Lazio, sezione I bis, 1° ottobre 2008, n. 8867 ed anche della stessa sezione 5 ottobre 2009, n. 9714).

4. Il ricorso va pertanto accolto nei limiti sopra precisati e per l’effetto va sancito l’obbligo del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria di pronunziarsi sull’istanza del ricorrente nel termine di trenta giorni. Nel caso di inadempimento sarà provveduto a richiesta della parte più diligente, ai sensi dell’art. 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205.

5. La novità delle questioni trattate induce la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Prima quater definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione e per l’effetto ordina al Ministero della Giustizia – Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria in persona del legale rappresentante p.t. di concludere il procedimento avviato dal ricorrente con l’istanza in epigrafe indicata entro il termine di trenta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.