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n. 2326_18 – Violazione Foglio di Via obbligatorio. Assoluzione perché il fatto non sussiste

TRIBUNALE DI SALERNO TERZA SEZIONE PENALE

SENTENZA CON MOTIVAZIONE CONTESTUALE

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Eva Sessa, G.O.T. alla pubblica udienza del 28 giugno 2018. con l’intervento del P.M. rappresentato dal dott. Silvana Russo V.P.O. con l’assistenza del cancelliere Emilia Tucci, ha pronunziato e pubblicato, la seguente

SENTENZA CONTESTUALE

nei confronti di:

OMISSIS, nato in OMISSIS asseritamente domiciliata in OMISSIS

Libera — assente

indagata per i seguenti fatti – reato:

a) p. e p. dagli artt. 81 cpv. c.p.; 76, comma 3, in rel. art. 2, del D. L.vo n.159/2011 perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, destinataria di Foglio di Via Obbligatorio per il comune di Agropoli (Sa), emesso dal Questore di Salerno in data 08.11.2011, notificato all’indagata sotto la stessa data, con divieto di fare ritorno nel Comune di Eboli per la durata di anni 1 (uno), senza la preventiva autorizzazione, contravveniva all’obbligo che le era stato imposto poiché veniva rinvenuta e controllata da Varie pattuglie di Carabinieri sulla S.P. 175/A litoranea, tratti compresi nel comune di Eboli, nelle seguenti date ed orari:

– alle ore 19.00 del 15.06.2012, alle ore 17.15 del 17.07.2012 e alle ore 17.05 del 21.07.2012, da pattuglie della Stazione Carabinieri di Borgo Carillia (Sa);

– alle ore 19.30 del 19.06.2012 ed alle ore 18.45 del 26.07.2012, da pattuglie della Stazione Carabinieri di Santa Cecilia (Sa);

Fatti accertati in agro di Eboli dal 15.06.2012 del 26.07.2012.

MOTIVAZIONE CONTESTUALE

In seguito a decreto di citazione a giudizio emesso dal P.M. in data 03.05.2013, OMISSIS, veniva tratta a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere del reato meglio descritto in rubrica.

Venivano acquisite con il consenso le attività investigative espletate e si rinviava per la discussione. All’udienza odierna, terminata l’istruttoria dibattimentale il Giudice dichiarava l’utilizzabilità degli atti, invitando quindi le parti a svolgere le rispettive conclusioni, così come riportate a verbale e da intendersi in questa sede integralmente riportate; all’esito della camera di consiglio, decideva come da dispositivo con motivazione contestuale.

Con riferimento al merito, innanzi tutto, si riportano brevemente le risultanze acquisite.

Il provvedimento in forza del quale è stata mossa l’accusa alla prevenuta quando è stato accertato che ella era nel territorio del Comune di Eboli nei giorni indicati in imputazione, è costituito dall’atto emesso il 08.11.2011 dal Questore di Salerno la cui articolazione motivazionale è, in sostanza, la seguente:

– Il personale dei Cc di Eboli aveva avanzato la proposta di irrogazione di foglio di via obbligatorio nei confronti della OMISSIS;

– Ella era stata controllata in Eboli Località Campolongo, da personale dei CC di Eboli zona ad alta densità di traffico e nota per i tragici incidenti stradali, molti dei quali mortali, e meta dei giovani, anche minorenni;

– Ella era stata notata mentre si proponeva agli automobilisti in abiti succinti e con atteggiamenti provocatori”: il ché determinava rallentamenti o frenate degli automobilisti e, quindi, pericolo per la circolazione stradale;

– La prevenuta non aveva fornito giustificazione della sua presenza in loco, dove non risultava avere un’attività lavorativa o altri interessi, tali da giustificarne la presenza;

– Con il suo comportamento, da reputarsi lesivo dell’integrità fisica e morale dei minorenni, nonché della sanità, sicurezza e tranquillità pubblica, la medesima aveva dato adito a fondati sospetti circa la sua appartenenza alla categoria di persone indicate dall’art. 1, punto 3, L. 1423/56, anche per il pericolo all’incolumità pubblica costituito dall’intralcio alla circolazione stradale;

– Sussistevano particolari esigenze di celerità del procedimento ex art. 7, comma 1, L. n.’241/90, al fine di tutelare in via immediata la collettività impedendo che la OMISSIS mettesse in pericolo la sicurezza e la tranquillità pubblica reiterando i suoi comportamenti.

Su questa base, il Questore di Salerno ha ordinato che la OMISSIS fosse munita di foglio di via obbligatorio per il Comune di Agropoli con divieto di fare ritorno nel Comune di Eboli per la durata di anni uno, senza la preventiva autorizzazione dell’Ufficio.

Si segnalano poi le risultanze delle relazioni acquisite dagli operanti.

Emerge che gli accertamenti eseguiti:

-il 15.06.12, il 17.07.12, il 21.07.12, il 19.6.12, il 26.7.12 veniva rinvenuta nuovamente dagli operanti dei Carabinieri in Eboli, all’esito di tali controlli, era risultata aver contravvenuto al foglio di via obbligatorio;

-ella, insieme, ad altre ragazze, era intenta a prostituirsi sulla strada provinciale esercitando il meretricio; la medesima era stata controllata spesso da lui ed era stata sorpresa più volte, insieme ad altre ragazze;

-l’identificazione della OMISSIS era avvenuta mediante l’esame dei suoi documenti, ed era già conosciuta dagli operanti per lo svolgimento dell’attività di prostituzione;

Circa il punto se egli avesse notizie certe di reati commessi dalla prevenuta prima di incorrere nel foglio di via obbligatorio, si deve dare atto che nulla emerge;

  • In effetti, si considera che l’attività di prostituzione sia l’unico fatto alla base dell’emanazione del provvedimento a cui la OMISSIS aveva poi contravvenuto.
  • La donna non risulta pregiudicata per altri reati; era stata solo denunciata per inosservanza al foglio di via obbligatorio.

Posto quanto precede, il giudicante — dando seguito ad altre decisioni assunte dal Tribunale di Salerno (cfr. in particolare le sentenze n. 408/12 del 6-12.03.2012 e n. 632/14 del 25-28.02.2014), di cui condivide il fondamento logico-giuridico — ritiene che non sia stata raggiunta la prova affidante della legittima emissione del provvedimento del Questore posto alla base del rilievo dell’infrazione suddescritto foglio di via obbligatorio emesso a carico dell’imputata il 08.11.2011.

L’approdo assolutorio deve indirizzarsi verso l’insussistenza del fatto sulla scorta delle notazioni che seguono.

Deve muoversi dalla constatazione che l’art. 2 L. n. 1423/56 stabilisce (con al precisazione che il D.Lgs. n. 159/11, all’art. 120, comma 1, lett. A, ne ha disposto l’abrogazione reiterando peraltro, al suo art 2, con effetto di continuità normativa, le medesime previsioni) che, qualora le persone indicate nell’art. 1 della stessa legge siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il Questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo, non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate.

La stessa disposizione prevede la sanzione alla contravvenzione costituita dall’inosservanza dell’ordine così impartito dal questore, ossia l’arresto da uno a sei mesi.

Circa poi la norma con la quale il suddetto precetto incriminatore istituisce la relatio, ossia l’art. 1 della predetta legge (sempre surrogato con i medesimi effetti dal D.Lgs. n. 159/11) indica quali categorie di persone possono essere destinatarie del provvedimento del Questore e del conseguente foglio di via obbligatorio:

  1. Coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;
  2. Coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;
  3. Coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di, fatto, che

sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Deve osservarsi che l’atto del Questore di cui all’art. 2 della legge citata, alla cui emanazione consegue il foglio di via obbligatorio, costituisce un provvedimento di natura amministrativa caratterizzato da un’ampia discrezionalità, di natura notevolmente restrittiva, a idoneo a produrre effetti giuridici immediati nella sfera giuridica del destinatario, per cui si è giustamente argomentato., che alla sua adozione è sempre necessario far precedere l’effettuazione di un’attenta indagine avente ad oggetto tutti gli elementi giustificativi dell’adozione dell’atto e configurabili come indefettibili presupposti della sua legittimità.

Si tiene per fermo che il giudice non può sostituirsi all’autorità amministrativa nella valutazione circa la pericolosità della persona destinataria del provvedimento in questione. Tuttavia, è 4e1 pari assodato che, in sede di analisi da svolgersi nel processo penale, il giudice può e deve valutare la legittimità dell’atto amministrativo, in quanto essa costituisce il presupposto necessario del giudizio inoltre alla commissione del reato oggetto della sua cognizione.

Pertanto, ove all’esito di tale valutazione il giudice concluda per l’illegittimità dell’atto stesso, egli deve disapplicarlo, con tutte le conseguenze per la verifica dell’integrazione della fattispecie delittuosa al suo esame.

Sull’argomento, la giurisprudenza della Suprema Corte ha puntualizzato che, in tema di contravvenzione al provvedimento del Questore previsto dall’art. 2 L. n. 1423/56, il giudice — mentre non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espressa dal Questore, in quanto in tal modo eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull’atto amministrativo —è invece ed esclusivamente abilitato a svolgere il sindacato di legittimità sul provvedimento consistente nella verifica della sua confirmità alle prescrizioni di legge e tra tali prescrizioni deve annoverarsi l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto.

Pertanto, laddove il provvedimento del Questore sia sufficientemente motivato, esso può essere disapplicato, ma soltanto se in punto di fatto si accerti che gli elementi addotti a sostegno della ritenuta pericolosità siano insussistenti (arg. ex Cass. 9.12.1999-19.01.2000. n.664, Cozzolino, in CED Cass. Rv. 215243, e Cass. 13.12.2007-7.01.2008, n.248, Luciani, in CED Cass. Rv. 238767).

E, quanto allo spettro che deve connotare l’indicata verifica, non è inutile ricordare come, secondo ‘l’interpretazione qui condivisa, la conformità a legge del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio debba essere accertata dal giudice penale alla luce dei parametri dell’incompetenza, della violazione di legge ed anche dell’eccesso di potere (v., in proposito, Cass. 18.06-10.07.2008, n. 28549, Girola, in CED Cass. Rv. 241084, anche per la specificazione che, per quanto riguarda particolarmente L’eccesso del potere, esso è suscettibile di cognizione da parte del giudice ordinario, non solo nella classifica configurazione dello sviamento di potere, ma anche nelle varie figure sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza amministrativa).

Applicando tali principi al caso concreto, deve constatarsi che il provvedimento del Questore, costituente l’atto presupposto della contravvenzione oggetto, del presente processo, si profila basato su dina motivazione nella sostanza apparente e comunque insufficiente circa l’accertamento e la verifica dell’addotta pericolosità dell’ imputata.

Inoltre — ed il punto rileva non poco — il provvedimento stesso privo di ogni reale motivazione giustificativa della qualificazione della OMISSIS come appartenente alla categoria delle persone elencate nell’art. 1, n. 3 L. n. 1423/56, categoria pure esplicitamente indicata come quella in cui è da inserire la destinataria nel sopra richiamato atto del 08.11.2011.

Obiettivamente, il richiamo all’integrità fisica e morale dei minorenni ed alla sanità, sicurezza e tranquillità pubblica, ivi inclusa la circolazione stradale, con riferimento all’operato della OMISSIS, siccome risulta avulso da ogni concreto riscontro di attività antigiuridica che potesse e possa essere ascritta direttamente alla medesima, al di là del generale riferimento dell’esercizio da parte della sua dell’attività di meretricio con stazionamento su una pubblica strada di Eboli, si profila slegato da un adeguato quadro di concreti agganci dimostrativi e del tutto insufficiente a sorreggere —sotto il profilo logico-giuridico — la collocazione della OMISSIS nella categoria indicata.

A fronte dell’inquadramento privilegiato del provvedimento in esame, così generale da proporli come generico rispetto alla situazione specifica afferente alla condotta valutata, si rivela allora significativo riflettere sul ragionamento svolto dal Giudice delle leggi quando (con la sentenza del 21,2.1969, n. 32) ha affrontato l’argomento e ha dichiarato non fondate alcune questioni di legittimi costituzionale degli artt. 1 e 2 L. n. 1423/56, in relazione agli artt. 3 e 13 Cost.

In effetti, secondo l’autorevole insegnamento impartito dalla Corte costituzionale, “la discrezionalità non implica arbitrio”, dal momento che “anche nell’esercizio del potere discrezionale l’autorità amministrativa non è libera nelle sue determinazioni”, siccome “essa deve aver sempre di mira il conseguimento dei fini ad essa assegnati, e non può discostarsene, e deve operare ponderando adeguatamente e imparzialmente i diversi interessi, pubblici e privati, implicati nella fattispecie”. Inoltre nel caso presente vi è qualche cosa di più, in quanto nel testo stesso dell’art. I impugnato, risulta chiaramente che anche il criterio è notevolmente limitato, dato che il potere si risolve nell’accertamento di una specifica maggiore pericolosità di persone, che già, in potenza, sono da considerare pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità”.

Pur riconosciuta la legittimità del provvedimento di identificazione concreta di coloro che vanno compresi nelle categorie di persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità, viene immediatamente specificato che l’elencazione è “tassativa, ma non anche vincolante, nel senso che il solo fatto di essere compresi in una di quelle categorie renda obbligatoria, nei confronti di tutti coloro che vi appartengono, l’adozione di misura di prevenzione”, nel senso che “l’appartenenza a quelle categorie è invero condizione necessaria, ma non sufficiente per la sottoposizione a misure di prevenzione: perché in concreto tali misure possano essere adottate, occorre, infatti, anche un particolare comportamento che dimostri come la pericolosità sia effettiva ed attuale e non meramente ‘potenziale’.

Ed è con riguardo all’accertamento ed alla verifica di questa specifica pericolosità che occorre dispiegare l’apprezzamento di merito, apprezzamento nella cui effettuazione, certo, si determina “sempre un certo margine affidato alla discrezionalità” senza che però si possa plausibilmente discorrere, in relazione alla natura funzionale dell’accertamento stesso, affidato al questore, della possibile violazione del principio di eguaglianza “tanto più che in ogni caso l’esercizio del potere discrezionale è soggetto al controllo del giudice, il quale sicuramente si estende all’irrazionalità, all’imparzialità, alla parità di trattamento”.

In successiva occasione il Giudice delle leggi ha ribadito che non è esatto sostenere che il Questore possa a suo arbitrio sottoporre le persone elencate nell’art. I L. n. 1423/56 a misure di prevenzione, in guisa da equiparare chi nessun reato ha commesso a chi invece ha rivelato la sua pericolosità mediante la perpetrazione di specifici sintomatici delitti, perché in realtà, per l’una e per l’altra categoria, ciò che conta è l’accertamento, caso per caso, di una concreta attuale e specifica pericolosità desunta da un particolare comportamento, per cui è proprio questo comportamento, e il giudizio che ne deriva, ad equiparare le due posizioni, sicché la discrezionalità dell’Autorità di pubblica sicurezza è vincolata dalla natura dell’accertamento ai tini che il provvedimento deve conseguire ed il residuo margine di discrezionalità resta pur sempre sottoposto al controllo del magistrato che — giudicando sull’inosservanza del provvedimento — ha il potere di valutarne la razionalità e l’imparzialità caso per caso (così Corte Cost. 12.11.1987, n. 384, la quale ha così dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. I e 2 della L. n. 1423/56, in riferimento agii artt. 3, 13 e 16 Cost.).

In tale quadro, il decidente non può esimersi dal rilevare che la mera indicazione della categoria di riferimento nel provvedimento del 08.11.2011, siccome omette di agganciarsi ad indici concreti idonei a radicare nel relativo ambito la condotta, finisce per concentrare la sua base giustificativa dell’addotta appartenenza dell’imputata all’indicata categoria di persone di cui all’art. 1, n.3, cit. nella segnalazione che ella veniva notata proporsi agli automobilisti in transito attraendo la loro .9.ttenzióne con atteggiamenti provocatori e indossando abiti succinti, comportamento che era valutato come pericoloso per la circolazione stradale, a ragione del fatto che gli automobilisti rallentavano im4rovvisarnente la loro marcia o si fermavano per entrare in contatto con lei e contrattare.

Impregiudicata ogni ulteriore valutazione circa il suo disvalore etico-sociale ed il suo tasso di riprorevolezza per altri rami dell’ordinamento, non può certamente dirsi che integri la commissione di alcun reato il mero fatto di esporsi proponendosi con atteggiamenti provocatori sulla pubblica via e/o indossare abiti succinti e/o provocare intralcio per la circolazione stradale con i predetti atteggiamenti (al riguardo non è irrilevante segnalare che, anche nell’interpretazione data del quadro normativo in esame dalla giurisprudenza amministrativa, Cons. Stato, Sez. III, 5.10.2011, n.5479, ha sottolineato che il giudizio che legittima l’ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio deve essere compiuto in relazione a modalità comportamentali attribuibili direttamente all’interessato dai quali si possa indurre un pericolo per l’integrità di minorenni o la pubblica moralità e sicurezza, non essendo invece sufficiente a tal fine il mero esercizio della prostituzione).

Questa condotta non può costituire ex se indice univocamente dimostrativo del fatto che la persona sia abitualmente dedita alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

E, quando al pericolo per la circolazione stradale, premesso che anche con riferimento ad esso la prevenuta non risulta essere stata autrice di specifici reati, è da considerare che, a ben ponderare l’efficienza causale dei comportamenti indotti dalla presenza di persone esercenti la prostituzione al margine delle strade, la determinazione del pericolo suddetto va ascritta primariamente alla negligenza dei conducenti dei veicoli che li induce a non rispettare i precetti basilari del codice della strada: situazione che, d’altro canto, le Autorità competenti hanno l’indubbio compito affrontare, ma adottando i corrispondenti piani di controllo delle eventuali violazioni del codice della strada e di altre prescrizioni amministrative previste dall’ordinamento.

Per altro verso, nemmeno sono stati addotti (e dimostrati) dati probatori specifici da cui possa dirsi emerso che la OMISSIS sia stata sorpresa, nel corso dei controllo suindicati, a commettere reati per le modalità stesse con cui offriva le proprie prestazioni sulla pubblica via, per il solo fatto di assumere, come sovente avviene in concreto, atteggiamenti adescatori, giacché — posta la non automaticità di tali atteggiamenti con la sfera dell’antigiuridicità penale — non consta che ella sia stata denunciata per avere integrato i reati di atti osceni o contrari alla pubblica decenza (come avrebbe potuto — in linea teorica — accadere ove fosse risultato praticato l’adescamento in forme aggressive e/o invasive dell’altrui sfera di sicurezza, ovvero esibizioni chiaramente oscene).

Non può essere sottaciuto, in particolare, che la categoria disegnata dall’art. 1, n. 3, cit. si connota per esigere che gli appartenenti al suo novero debbano ritenersi “sulla base di elementi di fatto” cediti — non a generici comportamenti eticamente riprovevoli, ma — “alla commissione di reati” tali da offendere o mettere in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Ebbene, sia gli operanti escussi, sia l’esame del certificato del casellario giudiziale della OMISSIS, non soltanto non forniscono dati che lascino propendere per l’inclinazione dell’imputata alla consumazione di reati aventi l’indole sopra lumeggiata, ma impongono anche il rilievo della completa carenza di dimostrazione della commissione da parte della prevenuta di qualsiasi reato.

Per altro verso, il richiamato provvedimento del Questore non somministra alcun ulteriore dato
specifico dal quale possa desumersi la dedizione della OMISSIS alla consumazione di qualsivoglia sorta di reati.

Residua soltanto — come può trarsi dalle affermazioni rese dagli inquirenti — il fatto che, nel periodo considerato dall’imputazione, la OMISSIS è stata scorta più di una volta mentre esercitata la prostituzione: fatto, però, non costituente reato nel nostro ordinamento.

Questa sola motivazione si appalesa ictu oculi priva del conforto di alcuna circostanza giustificatrice effettivamente individualizzante la posizione della prevenuta rispetto a quella di una qualsiasi persona dedita alla prostituzione e, dunque, va reputata senz’altro insufficiente a sorreggere la, invero, incisiva limita2ione della sfera di libertà di circolazione della destinataria comportata dal provvedimento, laddove il provvedimento del Questore — per soddisfare l’obbligo di motivazione — avrebbe dovuto esplicitare, come si è vista, gli elementi di fatto di tali da far ritenere la persona destinataria di esso appartenente alle categorie individuate dalla legge.

In buona sostanza, i meri sospetti — per di più privi di ogni concreto supporto fattuale — non possono essere posti a fondamento delta motivazione del provvedimento, né con riguardo all’appartenenza dell’imputata ad una delle categorie di persone di cui all’art. I cit., né con riferimento che sempre la Corte Costituzionale (fin dalla sentenza n. 2 del 1956) ha sempre evidenziato il netto rifiuto del sospetto come presupposto per l’applicazione di siffatti provvedimenti, i quali in tanto possono ritenersi legittimi in quanto si appalesino motivati da fatti specifici (cfr. Corte cost. 14.06.1956, n. 2, e Corte cost. 16.12.1980, n. 177, afferenti a declaratoria di parziale incostituzionalità, rispettivamente, dell’art. 157, primo, secondo e terzo comma, R.D. n.773/31, nella parte relativa al rimpatrio obbligatorio o per traduzione di persone sospette, e dello stesso art. 1, n. 3, L. n. 1423/56, nella parte in cui elenca tra i soggetti passibili delle misure di prevenzione previste dalla legge medesima coloro che, per le manifestazioni cui abbiano dato luogo, diano fondato motivo di ritenere che siano proclivi a delinquere).

Del pari, a completamento delle notazioni già svolte, deve evidenziarsi che la giurisprudenza ha dato continuità al principio secondo cui, in tema di legittimità dell’atto amministrativo e per espressa disposizione normativa, il provvedimento di rimpatrio emesso dal Questore deve essere motivato, fatto che comporta la conseguenza che esso deve fare riferimento agli elementi di fatto sui quali si basa il giudizio di appartenenza del prevenuto a una delle categorie indicate nell’art. I L. n. 1423/56, nonché deve indicare i motivi che inducono a ritenerlo socialmente pericoloso, non essendovi coincidenza tra l’appartenenza a una delle categorie di cui al citato art. I e la pericolosità sociale del soggetto, dovendosi tale elemento desumere da circostanze ulteriori, delle quali si deve dare atto nel provvedimento (v. Cass. 12.01-21.02.1996, n.121, Tortorella, in CED Cass. Rv. 203817, in fattispecie in cui si era avuta l’assoluzione dal reato di cui all’art. 2 L. n. 1423/56, motivata dal giudice di merito con !la ritenuta illegittimità, per eccesso di potere, del provvedimento del Questore, assoluzione confermata dal Supremo Collegio; cfr. ancora Cass. 9.10-7.11.2012, n. 43031, Picano, in CEI Cass. RV. 253615, la quale ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna del giudice di merito che aveva omesso di disapplicare il provvedimento del Questore emesso in subiecta materia e viziato da carenza di motivazione).

In definitiva, nel caso qui scrutinato, il chiaro difetto di motivazione del provvedimento del Questore emesso il 08.11.2011 in ordine all’appartenenza della destinataria alla categoria di persone di cui all’art. 1, n. 3, cit., coniugato con il difetto di motivazione in ordine alla pericolosità specifica dell’imputata, impone il rilievo conclusivo della sussistente illegittimità del provvedimento stesso.

La violazione dell’obbligo di rendere una motivazione sufficiente pare integrare, nel caso di specie, il vizio di violazione di legge. sebbene non manchino le interpretazioni che (inquadrata nel_ singolo caso la manchevolezza nell’articolazione di un’adeguata motivazione quale indice sintomatico dei difetto della valutazione delle circostanze di fatto o della ponderazione degli interessati coinvolti, o comunque un difetto della funzione rispetto al modello legale) propendono per il riscontro del vizio dell’eccesso di potere.

Resta comunque (nell’uno e nell’altro caso. in virtù dell’omologazione dei vizi ai presenti fini già condivisibilmente ritenuta dalla giurisprudenza dianzi citata) il dovere del giudice di addivenire alla sua disapplicazione (ex art. 5 L. N. 2248/1865, abolitiva del contenzioso amministrativo): ed, effettuando coerentemente la disapplicazione del provvedimento, deve prendersi atto del conseguente venir meno della contravvenzione contestata alla OMISSIS in quanto il reato presuppone la legittimità del provvedimento del Questore, legittimità che in questa sede non può annettersi all’atto del 08.11.2011.

P.Q.M.

Letto l’art. 530 c.p.p. assolve OMISSIS dal reato ascrittole in rubrica perché il fatto non sussiste.

Salerno, lì 28.06.2018

Il G.O.T

Dr.ssa Eva Sessa