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Esclusione concorso Carabinieri per tatuaggio

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13138 del 2015, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Carlo Parente Zamparelli, Stefano Monti, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Parente Zamparelli in Roma, via Emilia, 81;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

OMISSIS E OMISSIS non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento del 17.9.2015 di esclusione del ricorrente dal concorso selezione per l’arruolamento di 602 Carabinieri effettivi riservato ai VFP delle diverse FF.AA.

nonché, dell’art. 10 co. 7 del bando di concorso nella parte in cui prevede, quale causa di esclusione dal concorso, il tatuaggio;

con motivi aggiunti;

del decreto del 30.9.2015 di approvazione della graduatoria finale del concorso in parola

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 giugno 2017 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Il ricorrente, premesso di aver partecipato al concorso per l’arruolamento di 602 Carabinieri effettivi riservato ai VFP delle diverse FF.AA. indetto con indetto con D.I. pubblicato sulla G.U. n. 32/2015, impugna il giudizio di inidoneità fisica espresso in data 17.9.2015 dalla Commissione per gli accertamenti fisici – ed il conseguente provvedimento di esclusione del ricorrente dal concorso – per la presenza di un tatuaggio in regione cervicale posteriore, in parte interscapolare, di cm. 7 per 5 “visibile con l’uniforme”; impugna altresì, quale atto presupposto, ai sensi dell’art. 10, co. 7 del bando di concorso nella parte in cui prevede, quale causa di esclusione dal concorso, il tatuaggio; nonché la Direttiva sulla regolamentazione tatuaggi del personale dell’Esercito del 26.7.2012 nonché le note 11.5.2012 e 28.9.2012 sui criteri di valutazione dei tatuaggi nelle procedure selettive.

Il ricorso è affidato ai motivi riconducibili in sostanza alla illegittimità dell’art. 10 del bando di concorso per violazione della normativa in materia di requisiti per l’accesso ai concorsi militari (art. 640 COM, art. 582 DPR 90/2010 e Direttiva Tecnica approvata con DM 4.6.2014; violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del bando di concorso della Direttiva Tecnica approvata con DM 4.6.2014) eccesso di potere sotto molteplici profili, difetto di istruttoria; difetto di motivazione, illogicità e travisamento dei fatti; ingiustizia manifesta; contraddittorietà con i lusinghieri precedenti di servizio.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata eccependo, con memoria scritta, l’irricevibilità del ricorso e chiedendone comunque il rigetto in quanto infondato.

Con ordinanza collegiale n. 751/2016 sono stati disposti incombenti istruttori volti a verificare se il tatuaggio in contestazione fosse visibile indossando l’uniforme.

Con ordinanza n. 1330/2016 è stata accolta l’istanza di sospensiva ai fini dell’ammissione con riserva del ricorrente alle successive fasi concorsuali “viste le risultanze dell’incombente istruttorio da cui si evince che il tatuaggio in contestazione non supera il bordo della maglietta della taglia esatta del ricorrente”.

Con ordinanza collegiale n. 3150/2017 è stata ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti inseriti nella graduatoria in questione; incombenti regolarmente eseguiti mediante pubblicazione sul sito web del Ministero.

All’udienza pubblica odierna la causa è trattenuta in decisione.

Va in via preliminare disattesa l’eccezione di irricevibilità del ricorso in esame, in quanto il ricorrente non ha impugnato immediatamente le clausole escludenti del bando in contestazione in quanto era convinto di non rientrare nelle previsioni in questione stante la localizzazione del tatuaggio in questione, localizzato in zona interscapolare, sul terzo medio-inferiore della regione cervicale, proprio sul bordo del colletto della maglia, in posizione che pertanto veniva quasi totalmente coperta dalla stessa, sia con l’uniforme ginnica sia con la tenuta da mare/salvamento.

Tale circostanza è stata accertata in sede di verificazione: dalle risultanze si evince che appena una punta del tatuaggio in questione deborda dalla maglietta – di taglia appropriata – prevista per lo svolgimento delle attività sportive/salvamento; sicchè stante la quasi impercettibilità dell’immagine in questione si può dubitare della sua sussumibilità nell’ipotesi contemplata dall’art. 10 del bando di concorso quale causa di inidoneità fisica all’arruolamento nel posto messo a concorso.

L’operato dell’Amministrazione non risulta pertanto conforme ai principi sanciti dalla giurisprudenza in materia che ha chiarito che “le previsioni del bando circa la presenza di tatuaggi negli aspiranti devono essere declinate secondo criteri di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità, tenuto conto sia della collocazione del tatuaggio sia delle sue caratteristiche”, come ribadito, anche di recente dalla Sezione(vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. I bis n. 6616/2017). In tale prospettiva è stato chiarito che “La non immediata percepibilità visiva della presenza di un tatuaggio non consente quindi di ritenere che la sua presenza risulti in contrasto, per come sostenuto dalla difesa erariale, con il prototipo di figura istituzionale, il che rende irragionevole e sproporzionata – rispetto alle finalità presidiate dalla disciplina di riferimento – l’esclusione della ricorrente dal concorso” (TAR Lazio, sez. III bis n. 6860/2015).

Tale principio si attaglia perfettamente al caso in esame in cui il tatuaggio è collocato in posizione tale da essere o ricoperto dalla maglia di taglia giusta oppure spunta appena per un piccolo punto (peraltro ora reso ancora meno percettibile perchè rimosso con la tecnica laser) sicchè non appare poter integrare quelle caratteristiche previste dal bando come ostative in considerazione delle particolari funzioni svolte dal Carabiniere.

Proprio l’esigenza di una interpretazione “funzionale” delle previsioni del bando in contestazione comporta l’illegittimità di atti applicativi delle clausole escludenti fondati su “una lettura formale della norma senza tener conto dell’insegnamento giurisprudenziale sopra riportato” (sent. Cit.) procedendo ad una restrizione della platea dei concorrenti che non corrisponde ad un effettivo interesse pubblico, in violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità (nel caso in esame, la fuoriuscita di un minuscolo punto di colore proprio ai bordi della maglia che risulta appena percettibile, quasi si confonde con un piccolo neo).

Ne consegue che l’operato dell’Amministrazione risulta affetto dal vizio lamentato di difetto di istruttoria e di “falsa applicazione dell’art. 10 del bando di concorso” in quanto ha ravvisato nella modesta macchietta di colore in questione a causa di inidoneità prevista per l’adozione del provvedimento di esclusione dal concorso in parola, difettando l’apprezzamento delle caratteristiche, dell’effettiva consistenza e della esatta visibilità del tatuaggio in esame con una divisa di taglia appropriata.

Ciò è sufficiente ad accogliere il gravame, con assorbimento delle restanti censure, con conseguente annullamento, per l’effetto degli atti impugnati; fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Per completezza, va osservato che anche le restanti censure, comunque, risultano infondate alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale, sintetizzato, da ultimo, dall’ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. IV n. 1607/2016, ove si ribadisce che: a) il bando di concorso contiene una clausola direttamente preclusiva della partecipazione alla procedura selettiva in questione (inidoneità fisica per presenza di un tatuaggio), che in quanto tale avrebbe dovuto essere autonomamente impugnata (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 1 del 2003 e n. 9 del 2014; e sulla scia, sul tema specifico, sez. IV, 1° aprile 2016, n. 1300); b) i bandi di concorso possono prescrivere requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti in via generale dall’art. 635 del decreto legislativo n. 66 del 2010 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8362); c) a ciò non ostano gli artt. 640 e 641 del decreto legislativo ricordato e l’art. 580 del d.P.R. n. 90 del 2010, che riguardano soltanto le modalità di accertamento dell’idoneità psicofisica e attitudinale degli aspiranti all’arruolamento nelle forze armate e nulla hanno a che vedere con la possibilità che i bandi di concorso prevedano requisiti ulteriori; d) il tatuaggio sembra comunque senza difficoltà riconducibile a quelle alterazioni della cute che, secondo la normativa tecnica di settore, sono causa di inidoneità al servizio militare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 dicembre 2011, n. 6761; Id., 28 febbraio 2012, n. 1114).

Inoltre, per quanto riguarda la questione della rimovibilità del tatuaggio, va ribadito, anche in questa occasione che “è irrilevante la circostanza dell’astratta possibilità della rimovibilità del tatuaggio in quanto, com’è noto, i requisiti di partecipazione al concorso devono essere posseduti dal candidato al momento della scadenza della domanda di partecipazione ed il principio della par condicio osta alla possibilità che possano farsi valere requisiti maturati successivamente; principio che si impone alla procedura concorsuale come limite (anche temporale) agli accertamenti di idoneità dei candidati – tanto più che l’art. 19 della direttiva tecnica 5/12/2005 non considera la “cronicità” come presupposto per l’esclusione – sicchè l’unico momento rilevante per l’accertamento dell’idoneità dei candidati è quello in cui viene effettuata la visita ad opera della commissione per gli accertamenti psicofisici (vedi, tra tante, da ultimo TAR Lazio Sez. I bis, nn. N. 8809/2015; 7276/15, 2320/15)”.

Per le ragioni sopra esposta si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla, per quanto di ragione, gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.