Sentenza
sul ricorso n. 2142 del 2002, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giovanni Carlo Parente e Angelica Parente ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei difensori, situato in Roma, Via Emilia n. 81;
contro
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti di
– Agostini Germano, n.c.;
– Saiu Pasqualino;
per l’annullamento
previa sospensione
del decreto del Ministero della Giustizia del 24.12.01, notificato in pari data, con il quale è stata disposta l’esclusione di OMISSIS dall’assunzione dal Corpo di polizia penitenziaria, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
e sul ricorso n. 10412 del 2002, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giovanni Carlo Parente e Angelica Parente ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei difensori, situato in Roma, Via Emilia n. 81;
contro
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t.;
il Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t.;
rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello stato presso cui sono legalmente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
previa sospensione
del provvedimento adottato in data 29 luglio 2002 dal Vice Capo del dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, notificato in data 30 luglio 2002, con il quale “l’agente di Polizia Penitenziaria OMISSIS, nato in OMISSIS in OMISSIS, in esecuzione dell’ordinanza n. 2504/2002 emessa dal Consiglio di Stato in data 18 giugno 2002, è escluso dall’assunzione dal Corpo di polizia penitenziaria per non essersi utilmente collocato nella graduatoria prevista dall’articolo 2, co. 2, del D.I. del 12 novembre 1996, formata in attuazione del D.L. 479/96 convertito in legge 579/96, nei termini di cui al P.C.D. del 16 luglio 2001, richiamato nelle premesse”, nonché di ogni altro atto e provvedimento allo stesso consequenziale, presupposto e comunque connesso con riferimento al medesimo oggetto e, in particolare, dell’art. 2, comma 2, del Decreto Interministeriale del 12.11.1996, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 96 del 3.12.1996 (IV Serie Speciale), nella parte in cui stabilisce che: “La graduatoria, per quanto attiene agli ausiliari in congedo dell’Arma dei Carabinieri (….) ai fini delle assunzioni a norma dell’art. 1, commi 2 e 5, del decreto legge 13 settembre 1996, n. 479, sarà formata (…) tenendo conto dei titoli posseduti dai candidati, sulla base dei punteggi assegnati secondo i valori sotto indicati: (….) precedenti di servizio; 2 punti in più per non aver riportato alcuna sanzione disciplinare”;
Visti i ricorsi con la relativa documentazione;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti le memorie ed i documenti depositati dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Relatore alla pubblica udienza del 20 novembre 2007 il Primo Ref. Antonella MANGIA; uditi, altresì, i procuratori delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
Fatto
- Con il ricorso n. 2142 del 2002, notificato al Ministero della Giustizia in data 17 gennaio 2002 ed ai controinteressati Agostini Germano e Saiu Pasqualino in data 12 febbraio 2002 e depositato il successivo 23 febbraio 2002, il ricorrente contesta la legittimità del provvedimento in data 24 dicembre 2001, con il quale il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria lo ha escluso dall’assunzione dal Corpo di Polizia Penitenziaria “per non essersi utilmente collocato nella graduatoria prevista dall’art. 2, co. 2, del D.I. del 12 novembre 1996, formata in attuazione del D.L. 479/96 in quanto ha riportato sanzione disciplinare durante il servizio prestato in qualità di carabiniere ausiliario”, chiedendone l’annullamento.
In particolare, riferisce:
– di aver presentato domanda di assunzione nel Corpo di Polizia Penitenziaria in data 12.12.96, ai sensi del bando pubblicato nella G.U. del 2.4.96 ed in virtù del D.L. 13.9.96, n. 479, convertito nella L. n. 579/96, nonché del D.I. 12.11.96;
– che, essendogli stati riconosciuti, tra l’altro, due punti, per non aver riportato sanzioni disciplinari nel pregresso servizio presso l’Arma dei Carabinieri, in conformità alla dichiarazione sostitutiva di notorietà all’uopo prodotta, si collocava al 3.702 posto della graduatoria predisposta ai fini dell’assunzione;
– di essere stato, pertanto, convocato con nota in data 3 dicembre 2001 alla frequenza del corso di formazione, con riserva, tra l’altro, di accertare la veridicità delle dichiarazioni rese;
– che in data 24 dicembre 2001 riceveva la notifica del provvedimento in epigrafe, con il quale si decretata la sua esclusione dal Corpo di Polizia Penitenziaria “per non essersi utilmente collocato nella graduatoria…….. in quanto ha riportato sanzione disciplinare durante il servizio prestato in qualità di carabiniere ausiliario”, consistente in un rimprovero perché durante l’ammaina bandiera si muoveva dalla posizione di attenti, la quale produceva una rettifica del punteggio con riduzione di due punti.
Ritenendo tale provvedimento illegittimo, il ricorrente deduce i seguenti motivi di impugnativa:
1) Violazione e falsa applicazione del D.L. 13.9.96, n. 479, conv. nella L. 15.11.96, n. 579. Violazione e falsa applicazione del D.I. 12.11.96. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere per illogicità ed irrazionalità dell’azione amministrativa. Violazione dei principi generali in materia di assunzione all’impiego nella P.A.. Il quadro normativo di riferimento deve essere inteso nel senso della non inclusione tra le sanzioni disciplinari, rilevanti ai fini dell’esclusione del punteggio aggiuntivo, delle sanzioni cd. di corpo inflitte ai militari, che si correlano ad inadempienze di minimo rilievo e non sono idonee ad incidere negativamente sullo status giuridico del militare. Nel caso di specie, si tratta di un semplice rimprovero orale, peraltro avvenuto all’epoca in cui il medesimo era ancora allievo ausiliario e per un fatto di alcuna rilevanza nel senso sopra spiegato.
Con atto depositato in data 2 marzo 2002 si costituiva l’Amministrazione intimata, astenendosi nel prosieguo dal depositare memorie e/o documenti.
Alla Camera di Consiglio del 13 marzo 2002 il Tribunale accoglieva la domanda incidentale di sospensione con ordinanza n. 1548/2002.
Avverso tale ordinanza veniva proposto appello, accolto dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 2504/2002.
Proprio in ragione della sopravvenuta decisione del Consiglio di Stato, l’Amministrazione adottava in data 29 luglio 2002 un nuovo provvedimento di esclusione del ricorrente dall’assunzione del Corpo di Polizia Penitenziaria.
Avverso tale provvedimento nonché ogni altro atto consequenziale e presupposto e, in particolare, l’art. 2, comma 2, del D.I. del 12.11.96, nella parte in cui stabilisce “2 punti in più per non aver riportato alcuna sanzione disciplinare”, OMISSIS propone il ricorso n. 10412/2002, con il quale – dopo aver rappresentato di essere stato convocato, in esecuzione della citata ordinanza del TAR, al corso di formazione e che, superati utilmente gli esami di fine corso e prestato il giuramento di rito in data 13 luglio 2002, “a far data dal 20.7.2002 veniva assegnato a prestare regolare servizio quale Agente effettivo in ruolo presso la Casa Circondariale di Milano Bollate” – deduce i seguenti motivi di impugnativa:
Violazione di legge – Eccesso di potere per sviamento – Eccesso di potere per illogicità manifesta – Eccesso di potere per disparità di trattamento – Eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti- Eccesso di potere per difetto di motivazione. La previsione regolamentare di cui all’art. 2, co. 2, del D.I. 12 novembre 1996 non risponde ad alcun ragionevole criterio di buona amministrazione né di giustizia sostanziale, in quanto del tutto acritica. In ogni caso, l’Amministrazione ben avrebbe potuto adottare e valutare i su detti rilievi documentali al momento del provvedere o meno all’assunzione e non dopo che la posizione lavorativa del ricorrente si era ormai consolidata. Peraltro, non si tratta di vere e proprie sanzioni subite durante il servizio di Carabiniere ausiliario ma di meri rimproveri, di cui il ricorrente non aveva conoscenza alcuna, risalenti al periodo in cui quest’ultimo era solo “allievo” carabiniere. In buona sostanza, va eccepita l’inesistenza di sanzioni disciplinari, attesa, tra l’altro, la mancata instaurazione di un procedimento disciplinare e la mancata comunicazione del provvedimenti irrogativi, le quali hanno precluso la possibilità di richiedere – ai sensi dell’art. 75 del D.P.R. n. 545/86 – l’eliminazione dell’annotazione dalla documentazione personale. Vi è stata violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, con conseguente preclusione della possibilità di far valere le proprie ragioni in sedi diverse da quella giurisdizionale. Il provvedimento impugnato è intervenuto oltre i termini di legge ed ogni ragionevole limite di tempo, incidendo su posizioni soggettive ormai consolidate senza esternazione di un concreto e specifico interesse pubblico. E’ stato, altresì, adottato da un organo incompetente, in mancanza di un espresso atto di delega.
– a determinazione dirigenziale n. 30912 del 5.12.2003, con la quale il Comune di Roma – dopo aver constatato l’esecuzione di una “lottizzazione abusiva a scopo edificatorio di un terreno sito in VIA DOBBIACO, N. 344” – ha determinato nei confronti, tra gli altri, dei medesimi la “sospensione della lottizzazione” e l’immediata interruzione delle opere nonché ingiunto “il divieto di disporre dei suoli e delle opere”, prescrivendo l’acquisizione gratuita di diritto al patrimonio disponibile del Comune del terreno “trascorsi 90 gg. dalla notifica della presente Determinazione”.
Dopo aver evidenziato che la lottizzazione abusiva è stata riscontrata dall’Amministrazione sulla base dell’“installazione di recinzioni con pali in cemento e rete metallica” e di cancelli in ferro su alcune di queste recinzioni e di pozzi, della realizzazione di una strada interpoderale lunga mt. 180 circa e larga mt. 8 circa, del posizionamento di tombini in cemento per la raccolta e lo smaltimento della acque piovane, dell’installazione di un prefabbricato di mt. 60 su base di blocchetti di tufo sul “penultimo lotto a sx” e di un manufatto di mq. 40 circa con altezza variabile da mt. 1,70 a mt. 2 circa, tamponato su tre lati con ondulato metallico, adibito a ricovero cavalli in altro lato del lotto, dell’installazione di un prefabbricato di mq. 25 circa nel “primo lotto a dx rispetto all’entrata”, esternamente al quale risulta realizzata una tettoia di mq. 20 circa, dell’installazione di una baracca in lamiera di mq. 10 “nel 4 lotto a destra rispetto all’entrata”, nonché – in ultimo – del “frazionamento” e della “vendita o atti equivalenti del terreno in n. 9 lotti di grandezza variabile da Mq. 1500 circa a Mq. 3000 circa”, i ricorrenti rappresentano che:
– il terreno fu acquistato con atto notarile del 22 dicembre 1982 dalla Coop. agricola “Le Tre Querce”, dai medesimi costituita con atto notarile dell’11 novembre 1982 ma poi sciolta dall’Autorità Governativa con decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in data 12 gennaio 1989; – le recinzioni, connotate da carattere precario, sono state rese necessarie dall’esistenza di un percorso interpoderale, “prosecuzione di servitù di passaggio contrattualmente concordata con la società venditrice”, e, comunque, hanno formato oggetto di tempestiva domanda di condono sin dal 1986; – la situazione è rimasta immutata per oltre venti anni, eccezion fatta per due modesti fabbricati, realizzati ad iniziativa di singoli soci da circa quindici anni, destinati, comunque, a ricovero di attrezzi agricoli; – solo di recente, a causa dell’occupazione da parte di persone estranee alla Cooperativa di una porzione del fondo, sono stati realizzati ad insaputa dei soci nuove opere, prontamente segnalate alla Polizia Municipale.
Tutto ciò premesso, i ricorrenti deducono i seguenti motivi di impugnativa:
1) Violazione di legge: violazione degli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo; violazione del principio del componimento procedimentale degli interessi). Eccesso di potere per incompletezza/inadeguatezza e difetto di istruttoria.
2) Violazione di legge in riferimento all’art. 30 in relazione agli artt. 27 e/o 31 del D.P.R. n. 380/01. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento di fatto, carenza di motivazione ed ingiustizia manifesta. Il fondo è stato acquistato dalla società “Le Tre Querce”. In seguito all’intervenuta estinzione di quest’ultima non si è determinata una vicenda successoria a favore dei soci né sono intervenuti atti negoziali tra la società ed i soci. A ciò va aggiunto che le opere non potevano essere addebitate indistintamente alla responsabilità comune dei soci, mentre doveva esserne considerato il dato cronologico nonché l’attitudine delle stesse opere a conferire un diverso assetto ad una porzione del territorio comunale, creando una nuova maglia di tessuto urbano. Ne consegue che nel caso di specie non è riscontrabile una lottizzazione giuridica né una lottizzazione materiale.
3) Violazione degli artt. 38 e 44 L. n. 47/85, in relazione all’art. 32 del D.L. n. 269/03, convertito con la legge n. 326/03. Le recinzioni esistenti ed i pozzetti di smaltimento delle acque, come anche il preesistente passaggio interpoderale ed i due modesti accessori agricoli, risultano opere per le quali è ammissibile il condono, “per il quale, peraltro, pende istanza sin dal 1986”. Di tal che l’avvio e la definizione del procedimento sanzionatorio, nonostante la pendenza della procedura di sanatoria e dei termini di cui al d.l. n. 269/03, delineano le violazioni di legge oggetto della presente censura.
In ultimo i ricorrenti chiedono il risarcimento di tutti i danni patrimoniali consequenziali patiti e patendi per l’adozione e/o l’attuazione dei provvedimenti impugnati.
Con atto depositato in data 11 maggio 2004 si è costituita l’Amministrazione intimata.
Con ordinanza n. 1019-c del 16 luglio 2004, il Tribunale ha chiesto all’Amministrazione di fornire specifici elementi e chiarimenti atti a dare conto dell’ipotesi di lottizzazione abusiva contestata.
In data 6 settembre 2004 e in data 13 ottobre 2004 l’Amministrazione ha depositato documenti.
Dopo il rinvio disposto alla camera di consiglio del 25 ottobre 2004, nel corso della quale i ricorrenti hanno depositato il decreto di archiviazione del Tribunale di Roma per i reati di cui all’art. 20 della legge n. 47/85, alla camera di consiglio del 17 febbraio 2005 – durante la quale i ricorrenti hanno depositato una certificazione notarile dalla quale risulta che l’immobile è in piena proprietà della Società Coop. le Tre querce – è stata accolta la domanda incidentale di sospensione con ordinanza n. 865/2005.
In data 22 marzo 2007 i ricorrenti hanno depositato documenti, tra i quali è incluso il decreto del Ministro delle Attività Produttive con il quale è stato nominato il commissario liquidatore della società cooperativa “Tre Querce” .
In data 30 marzo 2007 i ricorrenti hanno prodotto una memoria difensiva, nella quale hanno ribadito che, anche sulla base dei riscontri forniti dall’Amministrazione all’ordinanza istruttoria, non è stata posta in essere alcuna trasformazione idonea a determinare una lottizzazione materiale o negoziale, finalizzata a scopi edificatori, nonché evidenziato la diretta incidenza del provvedimento impugnato sull’attività assegnata dal competente Ministero al Commissario liquidatore.
All’udienza pubblica del 12 aprile 2007, nel corso della quale è stato nuovamente depositato il decreto di nomina del Commissario liquidatore, su istanza del Comune di Roma è stato disposto rinvio all’udienza pubblica del 19 giugno 2007.
In data 8 giugno 2007 il Comune di Roma ha depositato una memoria nell’ambito della quale è sostenuto quanto segue: – nel caso di specie, non era affatto necessaria la previa comunicazione dell’avvio del procedimento, vista la natura di provvedimento cautelare e d’urgenza del provvedimento impugnato; – in ogni caso, l’atto impugnato ha evidente carattere di atto dovuto e, quindi, non annullabile per meri vizi formali ex art. 21 octies della legge n. 241/90; – al fine di ravvisare un’attività di lottizzazione abusiva sono sufficienti attività meramente materiali che denotino l’inizio di un procedimento di trasformazione urbanistica ed edilizia del terreno in contrasto con le norme vigenti. Tali attività materiali ben possono essere costituite da recinzioni o dalla realizzazione di una strada; – la normativa del condono, afferente la sospensione dei procedimenti sanzionatori edilizi, è inapplicabile in caso di lottizzazione abusiva.
All’udienza pubblica del 19 giugno 2007 OMISSIS, il quale figura tra i destinatari del provvedimento impugnato, ha depositato atto di intervento, non notificato alle parti, diretto ad insistere nella richiesta di annullamento del provvedimento impugnato.
Alla medesima udienza pubblica il ricorso è stato introitato per la decisione
Diritto
- In via preliminare, il Collegio rileva l’inammissibilità dell’atto di intervento di OMISSIS, qualificabile “ad adiuvandum” –per la seguente pluralità di motivi:
– non risulta notificato alle parti costituite, così come prescritto dall’art. 22, comma 2, della legge n. 1034/71;
– non rispetta il termine di venti giorni liberi o dieci giorni liberi prima dell’udienza di trattazione, fissati per il deposito rispettivamente di documenti e di memorie;
– OMISSIS è titolare di un interesse del tutto identico – e non meramente dipendente – rispetto a quello dei ricorrenti (OMISSIS cioè va propriamente qualificato un cointeressato in senso proprio in quanto destinatario – al pari dei ricorrenti – del provvedimento impugnato).
- Ciò premesso, il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto nei limiti che seguono.
2.1. Come esposto nella narrativa che precede, i ricorrenti lamentano l’illegittimità della determinazione dirigenziale con la quale il Comune di Roma – constatata l’esecuzione di una lottizzazione abusiva a scopo edificatorio – ha determinato la sospensione della lottizzazione e l’immediata interruzione delle opere nonché ingiunto il divieto di disporre dei suoli e delle opere (con rappresentazione dell’acquisizione gratuita di diritto al patrimonio disponibile comunale del terreno “trascorsi 90 gg. dalla notifica”), chiedendone l’annullamento.
A tal fine denunciano, tra l’altro, la violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90.
2.2. Tale censura è meritevole di condivisione.
In linea con quanto già osservato dal Consiglio di Stato con la decisione 29 gennaio 2004, n. 296, richiamante – a sua volta – la precedente decisione del 23 febbraio 2000, n. 948, il Collegio evidenzia, infatti, che, essendo molteplici gli elementi che caratterizzano la lottizzazione abusiva e dovendo essere gli stessi univoci e gravi, la loro verifica implica un accertamento complesso, al quale i soggetti interessati possono, con le loro osservazioni e deduzioni anche in punto di fatto, utilmente cooperare.
E questo vale, data la peculiarità del procedimento in questione (che una volta preso l’abbrivio risulta ben scandito nel suo dispiegarsi), fin dall’adozione del provvedimento di sospensione delle opere eventualmente in corso e di divieto di atti dispositivi.
In altri termini, anche rispetto a provvedimenti del genere di quello in esame non può affermarsi aprioristicamente che i privati interessati non sarebbero in grado di fornire un utile contributo e, quindi, deve essere riconosciuta l’operatività del disposto degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90.
2.3. In ragione degli esposti rilievi, quanto affermato dall’Amministrazione in ordine alla natura cautelare e d’urgenza del provvedimento impugnato è privo di pregio.
Appare, infatti, evidente che tale provvedimento è ben distinto dalla mera sospensione dei lavori, atteso il contenuto composito ed articolato dal quale è caratterizzato.
Ancorché sia innegabile la presenza di una componente di natura cautelare, non può certo essere trascurato che il provvedimento di cui trattasi statuisce anche in ordine ad aspetti ulteriori, idonei ad incidere sulla stessa proprietà sul terreno.
La componente cautelare è, pertanto, indiscutibilmente destinata a recedere e, in ogni caso, non vale ad esonerare dall’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento prescritto dall’art. 7 della legge n. 241/90.
2.4. Del pari, non trovano il consenso di questo Collegio le affermazioni dell’Amministrazione afferenti al carattere vincolato dell’impugnata determinazione dirigenziale e alla c.d. “prova di resistenza” (art. 21 octies n. 241/90).
Appare, infatti, difficilmente revocabile in dubbio – visto il quadro complessivo dei fatti e delle deduzioni – che il non aver posto i ricorrenti nella condizione di intervenire nel procedimento sanzionatorio fin dall’inizio ha illegittimamente privato l’istruttoria procedimentale di un apporto collaborativo che avrebbe potuto orientare in senso diverso le determinazioni dell’Amministrazione.
In definitiva, non è palese che il contenuto dispositivo del provvedimento impugnato “non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
In particolare, va ricordato che l’Amministrazione contesta l’esecuzione di una lottizzazione abusiva essenzialmente mediante l’installazione di recinzioni, la realizzazione di una strada interpoderale e di alcune costruzioni nonché il posizionamento di tombini per la raccolta e lo smaltimento di acque piovane. In ultimo, fa riferimento al “frazionamento” e alla “vendita o atti equivalenti del terreno in n. 9 lotti”, per poi affermarne l’irrilevanza nella memoria difensiva depositata in data 8 giugno 2007.
I ricorrenti hanno dimostrato che il terreno fu acquistato dalla società cooperativa Le Tre Querce e che “a seguito della intervenuta estinzione della Soc. Cooperativa ……. non si è determinata una vicenda successoria a favore dei soci”. A conferma dell’addotta titolarità del bene, i ricorrenti hanno anche prodotto una certificazione notarile nonché l’atto con il quale il Ministero delle Attività Produttive – a integrazione del decreto ministeriale 10.12.1988 di scioglimento della società – ha provveduto alla nomina di un commissario liquidatore “tenuto conto di quanto emerso dalla nota n. 906004 datata 03.01.05 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali…….. con la quale si prendeva atto che la società Cooperativa risultava ancora proprietario di un terreno”.
Dato conto dell’insussistenza di una lottizzazione “giuridica”, i ricorrenti hanno, poi, dimostrato che alcune delle opere contestate sono particolarmente risalenti nel tempo (rectius: le recinzioni, il percorso interpoderale – oggetto, tra l’altro, di servitù espressamente contemplata nell’atto di compravendita – ed i pozzetti), addotto elementi utili per la negazione di una responsabilità comune dei soci nella realizzazione dei fabbricati, nonché posto in risalto l’inidoneità oggettiva delle modificazioni riscontrate a configurare “una nuova maglia di tessuto urbano”.
Tutto ciò premesso, appare evidente che non emergono riferimenti certi ed univoci in ordine all’effettiva esecuzione della lottizzazione abusiva a scopo edificatorio (cfr., tra le altre, C.d.S., sent. n. 4465 del 5 agosto 2003; C.d.S., Sez. V, sent. n. 3973 del 3 luglio 2003; Cass. Civile, Sez. II, sent. n. 3004 del 17 febbraio 2004; TAR Lazio, Latina, sent. n. 513 del 23 giugno 1989) e, dunque, non ricorrono le condizioni per poter affermare che l’Amministrazione non avrebbe potuto assumere altra iniziativa che quella di determinare la sospensione della lottizzazione e l’immediata interruzione delle opere nonché di ingiungere il divieto di disposizione dei suoli e delle opere e l’acquisizione – trascorsi 90 gg. dalla notifica – gratuita di diritto al patrimonio disponibile del Comune del terreno, in modo da rendere superflua la partecipazione degli interessati al procedimento.
A ulteriore supporto, può essere, altresì, ricordato che il Tribunale di Roma, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, ha disposto l’archiviazione del procedimento “per i reati di cui agli artt. 20 L. 47/85”, così come risulta dal decreto in data 17 ottobre 2003, depositato alla camera di consiglio del 25 ottobre 2004.
Alla luce delle esposte considerazioni, è dunque da escludere – con riferimento al provvedimento impugnato – la sussistenza della condizione prevista dall’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/90 ed il vizio denunciato della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento non diviene, pertanto, irrilevante bensì mantiene il proprio carattere invalidante.
- Tanto rileva ai fini dell’accoglimento dell’azione di annullamento, sicché le altre censure sollevate sono assorbite.
- I ricorrenti avanzano, altresì, domanda risarcitoria per “tutti i danni patrimoniali consequenziali patiti e patendi”.
Soprassedendo sull’orientamento assunto dalla giurisprudenza in relazione ai casi in cui l’annullamento del provvedimento sia disposto per vizi formali (cfr., tra le altre, TAR Sicilia Catania, Sez. I, sent. n. 931 del 5 giugno 2007), rileva il Collegio che tale domanda deve essere dichiarata inammissibile perché generica.
Premesso che il risarcimento del danno non costituisce una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale del provvedimento, è, infatti, pacifica l’operatività del principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., dalla quale consegue che l’interessato non può limitarsi a formulare la domanda di risarcimento del danno ma deve anche indicare la sostanza del pregiudizio subito nonché gli ulteriori requisiti previsti dalla legge.
Atteso che, nel caso di specie, i ricorrenti si sono del tutto astenuti dal fornire una – pur parziale – prova della sussistenza dei presupposti della domanda e, in particolare, dell’esistenza di un danno giuridicamente rilevante, la domanda risarcitoria dai medesima formulata non può che essere dichiarata inammissibile.
- Per i motivi illustrati, l’azione di annullamento è fondata; l’azione risarcitoria è inammissibile.
In ragione della complessità della questione e, in particolare, delle vicende susseguitesi nel tempo in relazione alla società cooperativa”Le Tre Querce”, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I quater, accoglie il ricorso n. 4653/2004 nei termini e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla la determinazione dirigenziale n. 3091, prot. n. 93693, adottata dal Comune di Roma in data 5 dicembre 2003.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.