SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 15523 del 2016, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Carlo Parente Zamparelli e Stefano Monti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Angela Russo, Francesca Giunti, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– del decreto n. 706 del 25 ottobre 2016 di esclusione dall’arruolamento in qualità di vigile del fuoco in servizio permanente;
– del verbale n. 20 del 7 ottobre 2016, contenente il giudizio di inidoneità;
– degli atti presupposti e conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2017 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Col presente gravame, la ricorrente, vigile del fuoco discontinuo dal 2003, impugna l’esclusione dal concorso per la stabilizzazione dei vigili del fuoco volontari – indetto con decreto Capo Dipartimento VVFF n. 3747 del 27 agosto 2007 – per il quale la stessa si era originariamente collocata nella graduatoria degli idonei non vincitori, approvata in data 28 aprile 2008.
A seguito dello scorrimento di detta graduatoria, autorizzato con legge n. 160/2016, la ricorrente era sottoposta agli accertamenti psico-fisici, all’esito dei quali veniva emesso il giudizio di non idoneità per “deficit di statura (cm 161,5) DM 11/03/2008, n. 78 art. 1, comma 1, DPCM 22/07/1987 n. 411, art. 3, c. 2”, cui seguiva il provvedimento di esclusione, oggetto di gravame.
Avverso gli atti impugnati, la parte ha dedotto il vizio di eccesso di potere sotto più profili, lamentando in sostanza l’illegittima applicazione, nella specie, dei requisiti previsti dal DM n. 78/2008, e non già delle disposizioni di cui al DPR n. 207/2015 che ha, invece, soppresso il requisito dell’altezza minima, sostituendolo con parametri diversi.
Per resistere al gravame, si è costituita in giudizio l’Amministrazione, che ha insistito per l’infondatezza dello stesso.
Con ordinanza collegiale n. 4636/2017, la Sezione, sulla scorta di analoghi precedenti per i quali è stata riconosciuta l’applicabilità della normativa del 2015, ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i possibili e non precisati controinteressati, mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito web dell’Amministrazione.
Alla camera di consiglio del 12 luglio 2017, avvertite le parti della possibile definizione del giudizio in forma semplificata e ravvisata l’integrità del contraddittorio a seguito della prova dell’avvenuta notifica per pubblici proclami, la causa è passata in decisione.
Il ricorso è fondato alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale cui la Sezione ha da tempo aderito.
A riguardo, infatti, non solo è stato ritenuto illegittimo il limite di altezza fissato nel citato D.P.C.M. n. 411 del 1987 poi richiamato nel DM 2008 e nel bando, stante la medesimezza delle funzioni svolte dal personale volontario rispetto a quello effettivo, con la conseguente illegittimità degli atti applicativi della relativa previsione (cfr., Cons. Stato Sez. III, n. 768/2014 e recentemente, TAR Lazio, Sez. I bis, n. 5083/2017), ma ha, altresì, affermato, alla luce della pronuncia del Consiglio di Stato (Sezione IV, sent. n. 855/2016), l’applicabilità nella specie della nuova normativa, “in quanto il concorso in questione, bandito nel 2008, si è chiuso con l’approvazione della graduatoria nel 2010, e l’accertamento sanitario in capo al ricorrente, finalizzato all’arruolamento in virtù della legge n. 160/2016, è successivo all’entrata in vigore della nuova disciplina” (ex multis, ord. n. 1652/2017; sent. nn. 4103/2017, 8384/2017, 8467/2017 e giur. ivi richiamata).
Applicando detto orientamento anche al caso in esame, non può che dichiararsi, allora, l’illegittimità dell’esclusione della ricorrente disposta in ragione del riscontrato deficit staturale.
Il ricorso, conclusivamente, va accolto.
Le spese di lite seguono la soccombenza, da liquidarsi in dispositivo sulla base dei parametri di cui al DM n. 55/2014, tenuto conto della serialità del contenzioso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione alla refusione delle spese di lite in favore della ricorrente che liquida in euro 1000,00 (mille/00), oltre accessori per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.