SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 902 del 2021, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Monti e Giovanni Carlo Parente Zamparelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Carlo Parente Zamparelli in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
del decreto di decadenza dall’immissione nel ruolo dei volontari in ferma permanente nell’E.I. e l’esclusione dalla graduatoria di merito; del provvedimento di scioglimento della riserva, con collocamento in congedo illimitato; del provvedimento di esclusione dall’aliquota di avanzamento; della circ. M_DGMILREG20180027927 del 12.1.18 e del decreto del Ministero Difesa del 23.4.2015;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2021 il dott. Claudio Vallorani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorso promosso dal militare in epigrafe (Primo Caporal Maggiore dell’Esercito) ha ad oggetto il decreto del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, M_DGMILREG20200401498, datato 21/10/2020, che aveva determinato la sua decadenza dall’immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito Italiano, oltre gli atti presupposti e conseguenti, previa, qualora occorresse, declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 635 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, per contrasto con gli artt. 1, 3, 4, 27, 35 e 97 della Costituzione.
Il ricorrente aveva partecipato con successo alla procedura di selezione per l’accesso nel ruolo dei volontari in servizio permanente effettivo (s.p.e.), che si era conclusa con il decreto dirigenziale n. M_D GMIL REG2019 0030688 dell’11 gennaio 2019, con il quale veniva approvata la graduatoria di merito nella quale l’interessato, utilmente collocato al 13esimo posto, veniva dichiarato vincitore.
Con successivo decreto dirigenziale n. M_D GMIL REG2019 0288106 del 19 aprile 2019, il medesimo veniva immesso nel ruolo dei VSP (Volontari in Servizio Permanente) dell’Esercito, con decorrenza giuridica 30 luglio 2017 e amministrativa 11 gennaio 2019.
Tuttavia, nonostante gli accertamenti presso il Casellario giudiziale e il Comando di appartenenza avessero dato esito negativo, le ulteriori verifiche effettuate dall’Amministrazione presso la Legione Carabinieri Campania facevano emergere che il ricorrente era imputato in un procedimento penale per delitti non colposi pendente dinnanzi al Giudice di Pace di -OMISSIS- (minaccia e ingiuria).
Di conseguenza, la competente Direzione Generale del Ministero effettuava un ulteriore controllo presso la Procura della Repubblica di -OMISSIS-, la quale comunicava che il citato militare aveva assunto la qualità di imputato a decorrere dal 20 febbraio 2015 (e che l’udienza si sarebbe tenuta il 18 febbraio 2020 presso il Giudice di pace di Sant’Anastasia).
Avviato dal Ministero il procedimento per la declaratoria di decadenza del ricorrente dall’immissione nei ruolo dei militari in s.p.e., in data 20 febbraio 2020, l’interessato presentava all’Amministrazione memorie difensive nelle quali, tra l’altro, informava che all’udienza del 18 febbraio 2020 egli era stato assolto dal reato ingiuria di cui all’articolo 594 c.p. perché il fatto non era più previsto dalla legge come reato, mentre il medesimo Giudice penale aveva dichiarato non doversi procedere per estinzione del reato, in ragione della intervenuta remissione di querela, per il delitto di minaccia, di cui all’articolo 612 c.p..
Assunto il parere negativo dell’Avvocatura dello Stato in ordine alla prospettata possibilità di “superare” la decadenza, in ragione dell’intervenuta sentenza favorevole al militare, l’Amministrazione ha quindi adottato il provvedimento espulsivo sopra menzionato, oggetto di impugnazione da parte del ricorrente per i seguenti motivi:
1) Nullità della notifica della citazione diretta a giudizio. Violazione dell’art. 146 c.p.c. Violazione degli artt. 60; 178; 179; 185 e 453 del codice di procedura penale. La nullità della citazione a giudizio travolge l’imputazione, rendendola nulla. Il ricorrente non doveva ritenersi imputato al momento della presentazione della domanda concorsuale. Ad ogni modo, deve considerarsi la sua buona fede. Violazione del diritto di difesa, che trova consacrazione nell’art. 24 della costituzione. Eccesso di potere. difetto istruttorio e di motivazione;
2) Violazione per erronea applicazione dell’art. 635, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 66/2010;
3) Illegittimità derivata del provvedimento di decadenza dalla rafferma e di quello di esclusione dalla aliquota di avanzamento;
4) Illegittimità costituzionale dell’art. 635 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, per contrasto con gli artt. 1, 3, 4, 27, 35 e 97 della Costituzione. Violazione dei principi già enunciati con la sentenza della Corte Costituzionale n. 408, del 23.11.1993, nonché con le sentenze n. 97/1988 e n. 197/1993.
2. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa che, nella propria relazione, difende la legittimità dell’impugnato provvedimento, in quanto adottato sulla base dell’accertamento dei requisiti indicati dalla circolare 18 gennaio 2018 che disciplina l’immissione, nei ruoli dei VSP, dei VFP4 reclutati ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 226, avendo operato nell’esercizio di un’attività a carattere vincolato che l’avrebbe privata di qualsiasi margine di discrezionalità.
Sostiene, infatti, il Ministero della Difesa che il paragrafo 3, sottoparagrafo a., settimo alinea della Circolare menzionata stabilisce che possono partecipare all’immissione in questione i VFP4 privi di condanne “per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”.
Il successivo sottoparagrafo b., inoltre, statuisce che “i predetti requisiti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione […] e mantenuti fino alla data di approvazione delle graduatorie di merito”.
3. Il Collegio ha accolto la domanda cautelare del ricorrente con ordinanza n. 890/2021, la cui motivazione di seguito si trascrive: “Ritenuto che, alla luce dei più recenti orientamenti emergenti nella giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione, “[…] Dal punto di vista sostanziale, con la sentenza di assoluzione cade ogni interesse all’esclusione del candidato, ed emerge al contrario quello dell’odierno istante alla partecipazione a concorsi pubblici. In tal senso vi è stato in materia anche il richiamo (Cons. Stato Sez. IV, 26.2.2015, n. 965) all’attuazione, da parte della pubblica amministrazione, dei principi di ragionevolezza e proporzionalità…[…] la sentenza di assoluzione sopravvenuta comporta il venir meno del difetto del requisito previsto per la partecipazione al concorso, qualora intervenga prima della conclusione della procedura concorsuale e, comunque, sino all’approvazione della graduatoria o, comunque, prima dell’adozione del provvedimento di esclusione dal concorso e/o di decadenza dalla graduatoria concorsuale e/o di decadenza dalla ferma, “atteso che appare irragionevole impedire ad un soggetto non più imputato al momento della definizione della procedura concorsuale l’immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito una volta superata positivamente la procedura selettiva propedeutica all’immissione in ruolo (T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 7/7/2017, n. 8065; TAR Lazio, sez. I bis, n. 11864 del 26/11/2014 e n. 7760 del 21/07/2014; 770/2013; 4497/2011)” (TAR Lazio I-bis 19/02/2020 n. 2210)”.
L’ordinanza non è stata appellata ed il ricorrente è stato riammesso in servizio dall’Amministrazione Militare.
4. In vista dell’udienza di merito il ricorrente ha prodotto memoria.
Quindi, all’udienza del 24 novembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. Ritiene la Sezione che il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
La Sezione ritiene decisive, nel senso dell’accoglimento del gravame, le seguenti considerazioni.
a) La ragione del provvedimento decadenziale è consistita nell’essere stato l’interessato “imputato in un procedimento penale per delitto non colposo”, al tempo della presentazione della domanda per la partecipazione alla procedura per l’immissione nel ruolo del servizio permanente.
b) Tale evenienza è stata ritenuta, da parte dell’Amministrazione di appartenenza, significativa del mancato possesso del requisito previsto dalla Circolare 18.1.2018 che prevede tale causa di esclusione al paragrafo 3, sottoparagrafo a., settimo alinea, a sua volta applicativo del disposto di cui all’art. 635, comma 1, lettera g) del Codice dell’ordinamento militare.
c) Come si è sopra esposto, prima ancora della notificazione del provvedimento dichiarativo della decadenza del ricorrente dal servizio permanente effettivo, veniva documentata dal medesimo l’intervenuta sentenza del Giudice di Pace penale di S. Anastasia n. 8/C del 18.2.2020 (doc. 17 ric.) che lo assolveva da reato di ingiuria ex art. 594 cod. pen., mentre dichiarava l’altro reato a lui ascritto (minaccia ex art. 612 cod. pen.) non più perseguibile per intervenuta remissione di querela.
d) La Sezione richiama, anche ai sensi degli artt. 74, comma 1, e 88, comma 2, lett. d), del cod. proc. amm., il consolidato indirizzo ermeneutico seguito dalla giurisprudenza amministrativa in materia di applicazione del citato art. 635 c.o.m. (v. la recente sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, 7 aprile 2021, n. 2818; id. n. 652 del 2019, che a sua volta richiama le sentenze n. 5012 del 2018; n. 2284 del 2018; n. 2753 del 2016; n. 4495 del 2014).
e) In considerazione dei menzionati precedenti, va condivisa l’impostazione esegetica in base alla quale:
– l’art. 635, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 66 del 2010, nella parte in cui prevede il requisito il requisito generale del “non essere stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionatamente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”, ha un ambito oggettivo di applicazione ben delimitato, e cioè il “reclutamento nelle Forze armate”;
– l’immissione nel ruolo del servizio permanente è disciplinata, viceversa, dall’art. 704 del medesimo Codice, che dispone che “al termine della ferma prefissata quadriennale ovvero di ciascun anno delle rafferme biennali, i volontari giudicati idonei e utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente con le modalità stabilite con decreto del Ministero della difesa”;
– l’ammissione alla ferma prefissata quadriennale ovvero alla rafferma biennale rientra nel concetto di “reclutamento”, con la conseguente applicazione degli automatismi espulsivi previsti dall’art. 635 cit., mentre il passaggio al “servizio permanente” appartiene all’omogeneo, ma diverso, concetto di “immissione nel ruolo”, con la conseguente non automatica applicazione delle cause di esclusione previste dall’art. 635, comma 1, lett. g), del Codice dell’ordinamento militare;
– la ratio iuris della distinzione, dalla quale dipende il diverso regime giuridico dell’operare delle cause di esclusione (vincolato ed ope legis per l’ammissione del volontario alla ferma o alla rafferma; discrezionale e rimesso alla valutazione dell’Amministrazione di appartenenza per il volontario che aspira al passaggio nel servizio permanente), riposa sulla sostanziale irragionevolezza della equiparazione tra situazioni giuridiche diverse, meritevoli di un trattamento giuridico diverso. Sarebbe in altri termini irragionevole, per i militari che, come l’odierno ricorrente, aspirano al passaggio in ruolo, precludere definitivamente la prosecuzione del rapporto di servizio e lavorativo già avviato, per la semplice pendenza di un procedimento penale, senza esaminare in concreto le situazioni relative alla gravità dei fatti e alla definitività dell’accertamento penale.
A quest’ultimo riguardo non può che assumere rilevo decisivo l’esito (pienamente favorevole al ricorrente) del giudizio penale relativo ai fatti imputati al ricorrente, che avevano determinato l’adozione delle determinazioni amministrative qui impugnate, senza che possa condurre a diversa soluzione la circostanza che, per una delle due imputazioni (quella ex art. 612 c.p.), non si sia trattato di assoluzione di merito ma di declaratoria di improcedibilità per intervenuta remissione di querela (infatti, in analoga fattispecie esaminata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4595 del 2020 è stata positivamente valutata, a favore del ricorrente, la sentenza penale ricognitiva della sopravvenuta mancanza della condizione di procedibilità e dichiarativa dell’estinzione del reato).
Sarebbe d’altronde irragionevole, per i militari che “aspirano al passaggio in ruolo, precludere definitivamente la prosecuzione del rapporto di servizio e lavorativo già avviato, per la semplice pendenza di un procedimento penale, senza esaminare in concreto le situazioni relative alla gravità dei fatti e alla definitività dell’accertamento penale” (Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 2020, n. 4595).
6. Ad ulteriore supporto della conclusione sopra argomentata, peraltro, milita anche la novella legislativa del 2017, che ha aggiunto il comma 1 bis all’art. 704 del Codice dell’Ordinamento Militare, il quale prevede ora la possibilità di domandare la riammissione per i “volontari in ferma prefissata quadriennale ovvero in rafferma biennale esclusi dalle procedure di immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente in quanto sottoposti a procedimento penale, nei casi in cui successivamente sia stata disposta l’archiviazione o il procedimento penale si sia concluso con sentenza irrevocabile che dichiari che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato”.
Come rilevato in precedenza da questa Sezione, nella esclusione di un soggetto da un concorso per VFP4 (anche in quel caso per pendenza di una imputazione penale in capo al candidato), “…i diversi interessi, anche di natura costituzionale, coinvolti nella vicenda amministrativa impongono, adeguati adattamenti ermeneutici funzionali alla ratio della stessa.
Ratio che in questo caso, anche con riferimento all’articolo 2, comma 1, lettera f) del relativo bando VFP4 2012, corrisponde al tentativo di impedire l’ingresso nella compagine militare di aspiranti i cui precedenti comportamenti sono connotati da sicuro disvalore sociale (condanna penale), ovvero da una valenza penalistica altamente probabile (imputati). Dal punto di vista sostanziale, con la sentenza di assoluzione cade ogni interesse all’esclusione del candidato, ed emerge al contrario quello dell’odierno istante alla partecipazione a concorsi pubblici.
In tal senso vi è stato in materia anche il richiamo (Cons. Stato Sez. IV, 26.2.2015, n. 965) all’“attuazione, da parte della pubblica amministrazione, dei principi di ragionevolezza e proporzionalità: giova pertanto specificarne la portata e l’applicazione al caso di specie….” (TAR Lazio, I-bis, 19 febbraio 2020, n. 2210, che a sua volta cita, della stessa Sezione, la sentenza 27/11/2018, n. 11486).
Secondo l’indirizzo della Sezione, la sentenza di assoluzione sopravvenuta comporta il venir meno del difetto del requisito previsto per la partecipazione al concorso, qualora intervenga prima della conclusione della procedura concorsuale e, comunque, sino all’approvazione della graduatoria o, comunque, prima dell’adozione del provvedimento di esclusione dal concorso e/o di decadenza dalla graduatoria concorsuale e/o di decadenza dalla ferma, “atteso che appare irragionevole impedire ad un soggetto non più imputato al momento della definizione della procedura concorsuale l’immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito una volta superata positivamente la procedura selettiva propedeutica all’immissione in ruolo” (T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 7/7/2017, n. 8065; TAR Lazio, sez. I bis, n. 11864 del 26/11/2014 e n. 7760 del 21/07/2014; 770/2013; 4497/2011).
7. In definitiva, per le considerazioni che precedono, il ricorso va accolto e, di conseguenza, vanno annullati gli atti impugnati, con consolidamento della immissione del ricorrente nei ruoli dei volontari in servizio permanente, già disposta in via provvisoria dall’Amministrazione Militare.
8. Le spese del giudizio possono essere equitativamente compensate in considerazione della delicatezza delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la persona del ricorrente.