SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8690 del 2011, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Monti, Giovanni Carlo Parente Zamparelli, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Carlo Parente Zamparelli in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
Per l’annullamento
dell’atto di inquadramento nei ruoli degli agenti in servizio permanente della Guardia di Finanza nella parte in cui non si riconosce al ricorrente l’anzianità assoluta e la decorrenza degli assegni pari a quella dei finanzieri regolarmente ammessi all’avviamento quali vincitori della selezione, riservata ai vfb 147 aa.ff. del contingente ordinario della Guardia di Finanza, di cui alla Gazzetta Ufficiale 4° serie speciale n. 48, del 26 giugno 2009;
nonché per l’accertamento
-del diritto del ricorrente ad una piena restitutio in integrum ai fini giuridici ed economici alla data della illegittima esclusione dalla suddetta graduatoria o altra ritenuta idonea;
-del diritto del ricorrente al risarcimento del danno patrimoniale per il danno da ritardato arruolamento;
in ogni caso, del diritto del ricorrente al risarcimento del danno non patrimoniale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 30 ottobre 2020 la dott.ssa Rita Luce e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente partecipava al concorso, per titoli ed esami, indetto con determinazione n. 203883 del 17.06.2009, per il reclutamento di 147 allievi finanzieri del contingente ordinario della Guardia di Finanza, riservato ai volontari delle forze armate che hanno completato senza demerito la ferma triennale e si collocava alla posizione n. 219 della relativa graduatoria con il punteggio di 23,33.
Il ricorrente impugnava la suddetta graduatoria innanzi a questo Tribunale lamentando l’erroneità del punteggio attribuitogli; rilevava, quindi, che, del tutto illegittimamente, gli era stato sottratto un punto per la sanzione di corpo inflittagli durante un corso di formazione laddove l’Amministrazione avrebbe dovuto tenere conto dei soli provvedimenti disciplinari inflitti durante il servizio effettivamente prestato. Era, infatti, accaduto che la documentazione relativa allo stato matricolare del ricorrente non era pervenuta entro il giorno di chiusura dei lavori relativi a tale fase concorsuale cosicchè l’Amministrazione aveva proceduto al calcolo dei punteggi relativi ai titoli tenendo conto unicamente di quanto riportato nell’estratto della documentazione di servizio redatto come da fac-simile in allegato 4 al bando di concorso o comunque con documentazione equipollente.
Orbene, l’estratto della documentazione di servizio del ricorrente riportava, nel comparto “situazione disciplinare”, un giorno di consegna, ma non specificava in quale circostanza lo stesso fosse stato comminato.
Il ricorso veniva dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse atteso che l’Amministrazione resistente, riconoscendo l’errore commesso, aveva proceduto in autotutela alla rideterminazione del punteggio in maniera satisfattiva per il ricorrente: lo stesso, infatti, veniva convocato per il giorno 14 settembre 2010 per il corso di formazione presso la scuola Alpina della G.d.F. di Predazzo.
Lamentando, tuttavia, che, a causa dell’errore commesso dall’Amministrazione, si era visto costretto a perdere circa 8 mesi di anzianità giuridica ed economica, unitamente ai relativi emolumenti, in considerazione del fatto che il corso di formazione aveva avuto inizio nel mese di febbraio 2010, il ricorrente ha nuovamente adito questo Tribunale per sentir annullare l’atto di inquadramento nei ruoli degli agenti in servizio permanente della Guardia di Finanza nella parte in cui non gli si riconosceva la stessa anzianità e la medesima decorrenza degli assegni di quella dei finanzieri regolarmente ammessi all’avviamento quali vincitori della selezione. Il ricorrente ha, altresì, chiesto l’accertamento del suo diritto alla restitutio in integrum ai fini giuridici ed economici alla data della illegittima esclusione dalla graduatoria e la condanna dell’Amministrazione intimata al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dal ritardato arruolamento, quantificando tale danno nell’ammontare delle retribuzioni perse, comprensivo delle quote di trattamento di fine rapporto a carico dell’Amministrazione, delle contribuzioni previdenziali, oltre che degli interessi nella misura legale e rivalutazione monetaria.
Si è costituito in resistenza il Ministero dell’Economia e Finanze.
Nelle more del giudizio, l’Amministrazione, con determina n. 4068/12, del 5.01.12, del Comandante Generale della Guardia di Finanza, procedeva alla retrodatazione dell’immissione in ruolo del ricorrente, ai fini giuridici, alla data del 1.02.2010, in cui era stati incorporati i candidati utilmente collocati nella graduatoria di merito del concorso. Alla udienza pubblica straordinaria del 30 ottobre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è parzialmente fondato nei termini che seguono.
Il ricorrente, premettendo di essere stato convocato per il corso di formazione presso la Scuola Alpina di Pedrazzo soltanto in data 14.09.2010 e di aver perso, quindi, circa 8 mesi di anzianità giuridica ed economica rispetto ai suoi colleghi che avevano iniziato il suddetto corso già dal mese di febbraio 2010, ha chiesto accertarsi la responsabilità dell’Amministrazione intimata per i danni, patrimoniali e non patrimoniali, ingiustamente causatigli dal ritardato arruolamento. Ed invero, l’Amministrazione, in un primo momento, aveva addebitato al ricorrente una sanzione disciplinare che lo stesso istante aveva riportato durante un corso di formazione, così collocandolo in graduatoria in posizione non utile per il superamento del concorso. Successivamente, l’Amministrazione aveva rideterminato il punteggio in maniera corretta così consentendo al ricorrente di venire inserito nel novero dei vincitori ed immesso nei ruoli della Guardia di Finanza. Il ricorrente ha chiesto, quindi, riconoscergli l’anzianità giuridica ed economica dalla data di inizio del suddetto corso essendo risultato anch’egli vincitore del concorso per l’arruolamento di allievi finanziari del 26 giugno 2009.
Ciò premesso, occorre, in primo luogo, prendere atto di quanto dedotto dall’Amministrazione resistente con memoria del 6.10.2020 e cioè che, con determina n. 4068/12, del 5.01.12, il Comandante Generale della Guardia di Finanza procedeva alla retrodatazione dell’immissione in ruolo del ricorrente, ai fini giuridici, alla data del 1.02.2010 e cioè alla medesima data in cui venivano incorporati i candidati utilmente collocati nella graduatoria di merito del concorso in esame.
Tale circostanza determina la parziale cessazione della materia del contendere atteso che la pretesa del ricorrente, volta alla retrodatazione della sua anzianità giuridica alla data del 1.02.2010, risulta interamente soddisfatta per effetto del summenzionato provvedimento.
Resta, quindi, da esaminare l’ulteriore domanda volta alla restitutio in integrum anche ai fini economici che il ricorrente ha proposto per vedersi integralmente reintegrato nella stessa posizione economica che avrebbe avuto se fosse stato tempestivamente assunto.
Orbene, tale domanda non può trovare accoglimento poiché, come evidenziato dalla costante giurisprudenza, da un lato, per la natura sinallagmatica degli effetti economici rispetto alla prestazione del servizio, “non può riconoscersi il diritto alla corresponsione delle retribuzioni relative al periodo di ritardo nell’assunzione, atteso che tale diritto … presuppone necessariamente l’avvenuto svolgimento dell’attività di servizio” (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I ter 5.03.2012 n. 2173) e, dall’altro lato, “l’integrale costituzione agli effetti giuridici ed economici della posizione di impiego del pubblico dipendente opera nei soli casi in cui il provvedimento dichiarato illegittimo… ha interrotto un rapporto già costituito e in atto e non anche nel caso di illegittimo diniego di chiamata ed immissione in ruolo” (Cons. St. A.P. 12.12.1991 n. 10).
È noto, infatti, che, nel caso di ritardata costituzione di un rapporto di impiego conseguente all’illegittima esclusione dalla procedura di assunzione, non può riconoscersi all’interessato il diritto alla corresponsione delle retribuzioni relative al periodo di ritardo nell’assunzione. Ciò in quanto detto diritto, in ragione della sua natura sinallagmatica, presuppone necessariamente l’avvenuto svolgimento dell’attività di servizio, con l’effetto che non sono dovute le spettanze economiche facendo leva sul necessario parallelismo fra la decorrenza ai fini giuridici dell’assunzione e la decorrenza ai fini economici. In materia di impiego pubblico, infatti, in caso di tardiva assunzione con retrodatazione giuridica dovuta a provvedimento illegittimo della P.A., come nel caso di specie, non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni relative al periodo di mancato impiego atteso che tale voce presuppone “l’avvenuto perfezionamento del rapporto di lavoro e la relativa azione ha natura contrattuale; il lavoratore può, invece, agire o a titolo di responsabilità extracontrattuale, allegando quale danno ingiusto tutti i pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali conseguenti alla violazione del diritto all’assunzione tempestiva” (Cass. civ., Sez. Lav., n. 13940/2017).
L’interessato può chiedere, invece, in presenza dei presupposti di legge di cui all’art. 2043 c.c., il risarcimento del danno ingiusto patito in conseguenza delle illegittimità risalenti agli atti o ai comportamenti dell’amministrazione (T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 5.03.2020, n. 2966).
Deve, pertanto, essere esaminata proprio la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali che in tal senso il ricorrente ha proposto innanzi a questo Tribunale come conseguenza derivante dalla illegittima ritardata assunzione nei ruoli della Guardia di Finanza e come effetto, quindi, di un comportamento illecito dell’Amministrazione ai sensi del citato art. 2043 c.c.
Sul punto, il Collegio è dell’avviso che la domanda sia fondata in quanto il ritardo che ha impedito al ricorrente di frequentare insieme agli altri vincitori il corso di formazione, risulta, in verità, inescusabile per l’Amministrazione, tenuto conto di tutte le circostanze evidenziate in sede di gravame e della mancata rappresentazione, da parte della Difesa erariale, di particolari ed eccezionali difficoltà o di fattori imprevedibili che avrebbero potuto giustificare l’errore commesso.
Del resto, è la stessa Amministrazione ad aver riconosciuto che il ricorrente doveva essere da subito inserito nel novero dei vincitori del concorso e ad aver provveduto, in autotutela, alla correzione della graduatoria con la convocazione del ricorrente al corso di formazione per la data del 14 settembre 2010.
È anche vero che, con successiva determina n. 4068/12, del 5.01.12, del Comandante Generale della Guardia di Finanza, si procedeva alla retrodatazione dell’immissione in ruolo del ricorrente, ai fini giuridici, alla data del 1.02.2010, data in cui venivano incorporati i candidati utilmente collocati nella graduatoria di merito del concorso.
Quanto agli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana dell’Amministrazione per danno da ritardo nella assunzione, quindi, ne ricorrono tutti i presupposti atteso che gli elementi allegati dalla parte resistente- e cioè il ritardo con cui la documentazione matricolare del ricorrente, pure tempestivamente richiesta, veniva consegnata alla sottocommissione di concorso-non paiono decisivi ad escludere la colpa dell’Ufficio; non si è cioè dimostrato che si è trattato di un errore scusabile o di fatti particolarmente complessi, ovvero di circostanze eccezionali o ancora addebitabili al comportamento delle parti del procedimento, che abbiano potuto giustificare l’errore commesso ed escludere un giudizio di colpa dell’Amministrazione (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. IV, n. 5762/2018).
Deve essere riconosciuto, quindi, in capo al ricorrente un danno patrimoniale costituito dall’impossibilità di vedersi riconosciuti gli effetti economici di una tempestiva assunzione alle dipendenze della Guardia di Finanza.
Passando, ora, alla quantificazione del danno così indicato, è noto che il danno patrimoniale subito dal pubblico dipendente a seguito della ritardata assunzione non può identificarsi direttamente nella mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione al dipendente, perché queste comunque presuppongono, sinallagmaticamente, l’avvenuto espletamento della prestazione lavorativa (Cons. Stato Sez. IV, 12/09/2018, n. 5350; Cons. Stato, sez. V, 30 gennaio 2017, n. 370; sez. III, 28 dicembre 2016, n. 5514).
Il danno maturato in fattispecie di ritardata costituzione del rapporto di impiego va, piuttosto, liquidato in via equitativa e tenendo, altresì, conto del fatto che l’interessato, nel periodo in questione, non ha comunque svolto attività lavorativa in favore dell’amministrazione che avrebbe dovuto assumerlo (Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5350; sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 730; sez. V, 27 marzo 2013, n. 1773; sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8020; sez. III, 4 giugno 2013, n. 3049 ); ai fini della quantificazione del danno suddetto, l’entità della retribuzione non percepita costituirà solo uno, per quanto il principale, dei criteri di determinazione a cui si aggiungeranno parametri aggiuntivi di natura equitativa, che la giurisprudenza ha indicato al fine di aggiustare la cifra di importi capaci di cogliere la gravità della condotta della P.A. o le modalità con cui il richiedente ha speso il proprio tempo nel periodo in cui non ha prestato servizio.
La base di calcolo di detta quantificazione, quindi, è rappresentata dall’ammontare del trattamento economico netto non goduto (ossia con esclusione di ogni voce retributiva diversa e ulteriore allo stipendio tabellare, in quanto tali voci sono comunque correlate, direttamente o almeno indirettamente, allo svolgimento di quell’attività lavorativa che in effetti non c’è stata), e tale importo deve essere sottoposto ad una percentuale di abbattimento, la quale non può che essere quantificata equitativamente ai sensi dell’art. 1226, cod. civ. (Cons. Stato Sez. III, 22/02/2019, n. 1230).
A parere del Collegio, dunque, il danno patrimoniale subito dal ricorrente va stimato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., e può essere quantificato nel 60% della retribuzione (al netto di oneri fiscali e previdenziali) che la parte avrebbe potuto percepire ove fosse stata tempestivamente assunta ed immessa in servizio per un periodo temporale che va dalla data in cui il ricorrente avrebbe dovuto prendere servizio a quella di effettiva presa di servizio del 14.9.2010
Alla somma così determinata dovranno essere aggiunti gli interessi, da calcolarsi sulla somma via via rivalutata.
Non può entrare a comporre il risarcimento monetario, invece, la contribuzione previdenziale relativa al periodo in questione; infatti, come è noto, i contributi previdenziali non si sostanziano in somme corrisposte al dipendente; né il ricorrente risulta aver chiesto col ricorso la (diversa voce della) ricostruzione del periodo di lavoro per fini previdenziali (ossia, il versamento dei contributi, per quel periodo, da parte del datore di lavoro) (T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, 21-10-2019, n. 2462).
All’importo risarcitorio va comunque sottratto l’eventuale aliunde perceptum derivante da altra attività lavorativa svolta dal ricorrente nel periodo in esame.
Tale somma dovrà essere corrisposta dal Ministero della Economia e Finanza, a titolo di risarcimento del danno ed entro 45 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, secondo i criteri sopra indicati.
Nulla può essere riconosciuto, invece, con riferimento al danno non patrimoniale pure invocato col presente ricorso cosicchè la relativa domanda va respinta: ciò in quanto la domanda è stata proposta in maniera del tutto generica e senza alcun supporto di ordine probatorio.
In conclusione, per quanto sin qui rilevato, va dichiarata la parziale cessazione della materia del contendere e la parziale fondatezza del ricorso che va, nei termini suddetti, accolto.
Le spese di giudizio vengono in parte compensate ed in parte poste a carico della parte soccombente nella misura liquidata come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
-dichiara in parte la cessata materia del contendere ed in parte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione;
– per l’effetto, ordina al Ministero della Economia e Finanze di pagare al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno ed entro 45 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, una somma quantificata secondo i criteri indicati in sentenza.
Compensa per metà le spese di lite e pone l’altra metà a carico del Ministero della Economia e Finanze nella somma di euro 1.000,00 (mille), oltre accessori se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità del ricorrente.