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Silenzio-rifiuto accesso atti procedimento di rimozione

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8942 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Monti, Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso Giovanni Carlo Parente in Roma, via Emilia, 81;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di accesso presentata dal ricorrente

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2013 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Il ricorso è fondato.

La richiesta di accesso agli atti del procedimento di rimozione adottato nei confronti del ricorrente era stata espressamente motivata con riferimento all’esigenza di acquisire la predetta documentazione in vista di un’eventuale impugnazione in sede giurisdizionale di detto provvedimento.

Non si comprende la ragione per cui la PA non abbia riscontrato l’istanza in esame, essendo del tutto evidente l’esistenza, in capo al richiedente, di un interesse giuridico attuale, concreto e correlato a conseguire i documenti richiesti, necessari al fine della tutela giurisdizionale della propria posizione. Si tratta, infatti, dell’ipotesi espressamente contemplata dall’art. 24 co. 7 della legge n. 241/90, che sancisce espressamente che “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Né l’omessa ostensione della documentazione in parola può ritenersi giustificata alla luce del secondo periodo della predetta disposizione – che prevede che “nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale” – trattandosi di limitazione applicabile solo nel caso in cui tali dati riguardino soggetti terzi e non lo stesso richiedente.

Ne consegue che il ricorso deve essere accolto – e conseguentemente deve essere ordinata alla PA resistente l’esibizione della documentazione richiesta nell’istanza indicata in epigrafe – con condanna dell’Amministrazione soccombente alle spese di giudizio, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto ordina all’intimata Amministrazione di consentire l’accesso agli atti in motivazione, entro e non oltre trenta giorni dalla comunicazione ovvero, se precedente, dalla notifica della presente sentenza.

Condanna l’Amministrazione a rifondere al ricorrente le spese di giudizio, liquidate nella misura complessiva di Euro 1.500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.