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Ottemperanza sentenza annullamento esclusione arruolamento Polizia Penitenziaria e conseguenti mancati benefici; restitutio in integrum

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6144 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Carlo Parente, presso lo studio del quale elettivamente domicilia in Roma, via Emilia, n.81;

contro

Ministero della giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

per l’ottemperanza

alla sentenza n. 9064 del 2011 di questo Tribunale.

 

Visto il ricorso;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimata amministrazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio dell’8 maggio 2013 il cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

Con una serie di gravami interposti innanzi a questo Tribunale il ricorrente contestava la legittimità della sua esclusione dall’arruolamento del Corpo di Polizia Penitenziaria, del successivo atto di inquadramento, in parte qua, dell’ancora successiva esclusione dal Corpo, e domandava altresì la condanna dell’Amministrazione della giustizia al risarcimento dei danni per l’effetto subiti e alla restitutio in integrum sia ai fini economici che giuridici.

Con sentenza 21 novembre 2011, n. 9064, passata in giudicato, la Sezione, delibando sui predetti ricorsi, riuniti:

I) dichiarava improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso avverso l’esclusione dall’arruolamento, atteso che l’amministrazione penitenziaria, con determinazione autonoma, ne aveva disposto l’annullamento d’ufficio;

II) accertava la spettanza in capo all’interessato, per ritardata costituzione di un rapporto di impiego conseguente all’illegittima esclusione dalla procedura di assunzione, della medesima decorrenza giuridica attribuita a quanti siano stati nella medesima procedura nominati tempestivamente, nonché dell’attribuzione di ogni beneficio legato a detta decorrenza, derivante da automatismi di carriera;

III) accertava la spettanza all’interessato del risarcimento del danno relativo al periodo di ritardo nell’assunzione, determinando il quantum del risarcimento in misura pari: a) alle retribuzioni perse, ivi comprese le quote di trattamento di fine rapporto a carico dell’amministrazione, con detrazione in via equitativa di una percentuale pari al 50 per cento; b) al valore delle corrispondenti contribuzioni previdenziali che in relazione agli importi sub a) l’amministrazione sarebbe stata tenuta a versare all’Ente di previdenza obbligatoria; c) alla rivalutazione monetaria sulla base degli indici ISTAT ed agli interessi nella misura legale dalle singole scadenze e fino al soddisfo;

IV) annullava l’atto con il quale l’amministrazione aveva successivamente interrotto o risolto il rapporto di impiego, accertando il conseguente diritto dell’interessato all’integrale restitutio in integrum, ai fini sia giuridici che economici, ivi compreso il diritto alla corresponsione delle competenze retributive relative ai periodi di illegittima interruzione del rapporto, oltre interessi e rivalutazione (detratti gli eventuali proventi di attività lavorative dal dipendente svolte nel periodo di sospensione);

V) condannava l’amministrazione resistente alle spese di lite, liquidate complessivamente nell’importo di € 2.500,00, oltre accessori di legge.

Con l’odierno ricorso lamenta il ricorrente che l’amministrazione, cui la sentenza di cui sopra è stata notificata, nonostante la diffida inoltrata dall’interessato, è rimasta silente in relazione a ogni capo della predetta statuizione.

Ha chiesto, pertanto, il ricorrente che, in accoglimento del presente mezzo di tutela, proposto ai sensi dell’art. 112 e ss. c.p.a., l’adito giudice amministrativo disponga le misure adeguate all’ottemperanza alla sentenza di cui trattasi, ivi compresa la nomina di un commissario ad acta.

Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione della giustizia senza formulare specifiche difese.

Con ordinanza 22 novembre 2012, n. 9680 la Sezione ha ordinato alla resistente amministrazione incombenti istruttori.

Gli esiti dell’incombente – e segnatamente la documentazione versata in atti in data 18 dicembre 2012 e 16 gennaio 2013 –hanno fatto emergere che la sentenza in parola è stata eseguita esclusivamente in punto di retrodatazione dell’inquadramento ai soli fini giuridici.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla camera di consiglio dell’8 maggio 2013.

DIRITTO

1. Constatata la ritualità del gravame e la fondatezza della pretesa con esso fatta valere in giudizio dalla parte ricorrente – atteso che, sulla base delle depositate evidenze documentali, e in ragione del comportamento processuale serbato dalla resistente Amministrazione della giustizia, la sentenza indicata in epigrafe non risulta, allo stato, aver ricevuto compiuta esecuzione – non può esimersi l’adito giudice amministrativo dal disporre l’accoglimento del mezzo di tutela all’esame nei sensi di cui appresso.

La Sezione ordina, pertanto, che il Ministero della giustizia, nella persona del Ministro p.t., provveda a dare piena ed integrale esecuzione alla sentenza di cui in epigrafe, attribuendo all’interessato le utilità discendenti dalla statuizione non ancora riconosciutegli.

2. Ove l’Amministrazione non ottemperi a quanto sopra indicato entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, la Sezione dispone che a tanto provveda, nello stesso termine, un commissario ad acta.

Il predetto organo commissariale viene nominato nella persona del Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia.

Tenuto conto del fatto che le funzioni di commissario ad acta sono assegnate a un dipendente pubblico della resistente amministrazione, l’onere per le prestazioni svolte rimane interamente a carico della medesima.

Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste a carico della resistente amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto:

– ordina al Ministero della giustizia, nella persona del Ministro p.t., di dare piena e integrale esecuzione alla sentenza di cui in epigrafe, provvedendo all’attribuzione all’interessato delle utilità discendenti dalla statuizione non ancora riconosciutegli;

– dispone che, ove l’Amministrazione non ottemperi a quanto sopra indicato entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, a tanto provveda, nella qualità di Commissario ad acta, il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, al quale è demandato il compimento degli adempimenti di cui sopra nell’ulteriore termine di giorni 30 (trenta);

– condanna il Ministero della giustizia, in persona del Ministro p.t., al pagamento delle spese della presente procedura, per complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.