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Inammissibilità ricorso gerarchico contro provvedimento di collocamento in aspettativa senza assegni

Sentenza

sul ricorso n. 11811 del 2005 proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Erennio Parente e Giovanni Carlo Parente ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei difensori, situato in Roma, via Emilia n. 81;

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t.;

il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, in persona del Capo del Dipartimento p.t.;

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è legalmente domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’esecuzione

della sentenza T.A.R. Lazio, Sez. I, n. 5794/2005, notificata il 21 settembre 2005 ed ora in giudicato, emessa sul ricorso R.G. n. 4308/2003;

Visto il ricorso con la relativa documentazione;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla camera di consiglio del 2 marzo 2006 il Primo Ref. Antonella MANGIA; uditi, altresì, i procuratori delle parti, come da verbale;

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

  1. Con sentenza n. 5794/2005 questo Tribunale – in accoglimento del ricorso n. 4308/2003 e dei motivi aggiunti in seguito proposti– ha annullato il provvedimento del 19.3.2003 con il quale il Ministero della Giustizia aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso gerarchico proposto dal ricorrente avverso il provvedimento di collocamento in aspettativa senza assegni adottato dal Provveditorato Regionale della Liguria in data 23.12.2002, il provvedimento da ultimo richiamato nonché il provvedimento del 23 agosto 2003 con il quale, a seguito di riesame della questione, il Vice Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria aveva confermato il collocamento dell’interessato in aspettativa senza assegni ed intimato la restituzione delle somme già corrisposte in eccedenza.
  2. Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente domanda l’esecuzione di detta sentenza n. 5794/2005, denunciando che l’Amministrazione – ancorché destinataria di rituale diffida ad adempiere, notificata in data 6-12 ottobre 2005 – non ha assunto alcuna iniziativa al fine di conformarsi alla decisione richiamata, passata nel frattempo in giudicato.

Con atto depositato in data 4 gennaio 2006, si è costituito il Ministero della Giustizia, astenendosi dal produrre memorie e/o documenti.

  1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

3.1. Nel caso di specie si tratta non di una sentenza autoapplicatica, il cui effetto demolitorio è immediatamente satisfattivo degli interessi del ricorrente, bensì di una pronuncia che determina la necessità di un nuovo intervento dell’Amministrazione, diretto a mutuare la realtà giuridica e materiale alla stregua di quanto deciso.

Ciò premesso, va, pertanto, riscontrato un obbligo di agire a carico dell’Amministrazione, definibile – in base ai contenuti della sentenza di annullamento invocata – in termini di obbligo di ripresa dell’attività osservando le regole di diritto fissate dal giudice e ponendo in essere i necessari atti di natura attuativa, al quale non risulta che l’Amministrazione stessa abbia ottemperato, nonostante il decorso del termine di trenta giorni previsto dall’art. 90, comma 2, del R.D. 17 agosto 1907, n. 642.

3.2. In verità, l’atto di diffida risulta notificato all’Amministrazione prima del passaggio in giudicato della decisione da eseguire, la quale – alla data, appunto, del 6-12 ottobre 2005 – non era stata appellata ma era, ancora, appellabile.

Attese le innovazioni introdotte con la legge n. 205/2000 – la quale ha esteso, all’art. 10, l’esercizio dei poteri inerenti al giudizio di ottemperanza anche “per l’esecuzione delle sentenze di primo grado non sospese dal Consiglio di Stato” – appare, comunque, fondato ritenere che tale circostanza abbia perso la valenza ostativa all’ammissibilità del ricorso in passato riconosciutale (cfr, tra le altre, C.d.S., Sez. IV, sent. n. 1299 del 6 ottobre 1999).

3.3. In definitiva, sussiste inadempimento e, dunque, si impone l’obbligo per il Ministero della Giustizia di conformarsi agli effetti della sentenza n. 5794/05, ormai divenuti incontrovertibili in virtù del passaggio in giudicato nel frattempo intervenuto.

  1. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso merita accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del ricorrente in Euro 500,00, oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I quater accoglie il ricorso n. 11811/2005 e, per l’effetto, ordina al Ministero della Giustizia di eseguire la sentenza n. 5794/2005 entro il termine di 40 (quaranta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, trascorsi inutilmente i quali si provvederà, su apposita istanza del ricorrente, alla nomina di un commissario ad acta.

Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese di giudizio, liquidate a favore del ricorrente in Euro 500,00, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.