S E N T E N Z A
Sul ricorso N. 460/1999 R.G. proposto dal -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avv. Erennio Parente e dall’Avv. Giovanni Carlo Parente ed elettivamente domiciliato presso il loro Studio Legale sito in Roma, Via degli Scipioni n. 52;
CONTRO
– il MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA (ora Ministero della Giustizia), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è, ope legis, domiciliato;
PER L’ANNULLAMENTO
– previa sospensiva, del provvedimento datato 13 ottobre 1998 del Ministero di Grazia e Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – avente ad oggetto la comunicazione del mancato inserimento del ricorrente nella graduatoria per l’assunzione nel Corpo di Polizia Penitenziaria, di cui al decreto legge 13 settembre 1996 n. 479, per superamento dei previsti limiti di età;
– di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente, ivi compreso il decreto Interministeriale del 12 novembre 1996 recante modalità per l’accertamento dei requisiti per l’assunzione;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito, alla pubblica udienza del 23 ottobre 2002, l’Avv. Angelica Parente in dichiarata delega dell’Avv. Erennio Parente e dell’Avv. Giovanni Carlo Parente per la parte ricorrente, nessuno comparso per l’Amministrazione resistente – Giudice relatore il I Referendario Elena Stanizzi;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Espone in fatto l’odierno ricorrente che con decreto legge 5 luglio 1995 n. 269, reiterato con successivi decreti legge tra cui, da ultimo, il decreto legge 13 settembre 1996 n. 479, convertito in legge con legge 15 novembre 1996 n. 579, è stato aumentato l’organico del Corpo della Polizia Penitenziaria stabilendosi di procedere alla copertura del 50% dei posti portati in aumento nella dotazione organica mediante assunzione degli ausiliari in congedo dell’Arma dei Carabinieri, delle Forze Armate e delle altre Forze di Polizia, congedati senza demerito ed in possesso dei requisiti previsti, tra cui un’età non superiore a 28 anni.
Il ricorrente, in qualità di sergente in congedo dopo aver prestato servizio senza demerito per tre anni come volontario nell’Esercito dal 28 aprile 1988 al 27 aprile 1991, ha presentato la relativa domanda di assunzione ma, come comunicato con il gravato provvedimento, non è stato incluso nella graduatoria degli idonei per aver superato il prescritto limite di età, in applicazione dell’art. 1, comma 2, lettera c), del Decreto Interministeriale 12 novembre 1996.
Al fine di ottenere l’annullamento di tale esclusione il ricorrente ha adito questo Tribunale, affidando le ragioni dell’azione impugnatoria proposta ai seguenti motivi di censura:
– violazione della legge 27 gennaio 1989, n. 25;
– violazione dell’art. 2, comma 1, n. 2, lett. d) del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487;
– violazione degli artt. 3, 51, comma 1, e 97 della Costituzione;
– violazione ed errata applicazione dell’art. 3, comma 6, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
Invoca, innanzitutto parte ricorrente, a sostegno della domanda, il disposto di cui all’art. 2, comma 1, n. 2, lett. d) del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, ai sensi del quale – analogamente a quanto previsto dall’art. 22 della legge n. 958 del 1986 ivi richiamata – il limite massimo di età richiesto per la partecipazione ai pubblici concorsi è elevato, per i cittadini che hanno svolto servizio militare volontario di leva o di leva prolungata, per un periodo pari all’effettivo servizio prestato, comunque non superiore a tre anni, assumendo pertanto l’errata applicazione – ad opera del Decreto Interministeriale del 12 novembre 1996 – della normativa generale, di cui parte ricorrente assume la prevalenza sulla normativa di settore dettata dal D. Lgs. 30 ottobre 1992 n. 443, che fissa, all’art. 5, il limite di età di 28 anni per l’arruolamento nel Corpo della Polizia Penitenziaria.
Richiama il ricorrente, a sostegno dell’assunto, la modifica normativa introdotta dalla legge 27 gennaio 1989 n. 25 con cui si è spostato il limite massimo di età per la partecipazione ai concorsi pubblici da 32 anni (come previsto dall’art. 2, comma 1, del T.U. n. 3 del 1957) a 40 anni, normativa che si porrebbe quindi in netto contrasto sia con la previsione di cui all’art. 5 del D. Lgs. n. 443 del 1992, sia con il Decreto Interministeriale su cui poggia la gravata esclusione.
Con riguardo a tale ultima normativa, il ricorrente – pur contestando che alla stessa possa riconoscersi prevalente efficacia in virtù della peculiarità del settore di riferimento, e ciò nella considerazione dell’intervenuta smilitarizzazione del Corpo della Polizia Penitenziaria – sostiene che pur volendo mantenere fermo il limite massimo di età ivi previsto, tale limite deve comunque essere innalzato, in applicazione del D.P.R. n. 693 del 1996, con riferimento alla categoria dei destinatari della procedura di assunzione di cui alla legge n. 579 del 1996, riservata al personale volontario delle Forze Armate e di Polizia congedati senza demerito alla scadenza del vincolo di ferma volontaria.
A diversamente ritenere, secondo tesi ricorsuale, la norma di cui all’art. 5 del D. Lgs. n. 443 del 1992 sarebbe affetta da profili di illegittimità costituzionale in relazione agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, con conseguente necessità di rimessione della questione alla Corte Costituzionale.
Nel richiamare, inoltre, parte ricorrente, la normativa di cui alla legge 15 maggio 1997 n. 127 – ai sensi della quale la partecipazione ai pubblici concorsi non è soggetta a limiti di età salvo deroghe dettate dalle singole Amministrazioni connesse alla natura ed alle necessità del servizio – afferma l’intervenuta abrogazione delle precedenti discipline legislative speciali, potendo introdursi limiti di età solo con lo strumento regolamentare e solo successivamente all’entrata in vigore della predetta legge n. 127, come peraltro confermato nella circolare n. 9 del 1998 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Funzione Pubblica.
Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione senza peraltro svolgere difese.
Con ordinanza n. 383 del 1999 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia del gravato provvedimento, disponendo l’ammissione con riserva del ricorrente al prosieguo della procedura di assunzione.
Con memorie successivamente depositate parte ricorrente ha insistito nelle proprie deduzioni, ulteriormente argomentando.
Alla pubblica udienza del 23 ottobre 2002, la causa è stata chiamata e, sentito il difensore di parte ricorrente, trattenuta per la decisione, come da verbale.
D I R I T T O
Con il ricorso in esame l’odierno ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento – meglio descritto in epigrafe – con cui gli è stata comunicata la sua esclusione dalla graduatoria per l’assunzione nel Corpo della Polizia Penitenziaria, nonché il Decreto Interministeriale del 12 novembre 1996, regolante le modalità di accertamento del possesso dei requisiti per l’assunzione nel predetto Corpo.
Ai fini della migliore comprensione dei termini della vicenda sottoposta all’esame di questo Collegio, giova precisare che con decreto legge 5 luglio 1995 n. 269, reiterato da successivi decreti legge tra cui, da ultimo, il decreto legge 13 settembre 1996 n. 479, convertito in legge con legge 15 novembre 1996 n. 579 – recante, tra gli altri, provvedimenti urgenti per il personale dell’Amministrazione penitenziaria e per il servizio di traduzione dei detenuti – si è proceduto all’aumento dell’organico del Corpo della Polizia Penitenziaria, stabilendosi che ai fini della copertura del 50% dei posti portati in aumento nella dotazione organica si sarebbe provveduto mediante assunzione su domanda degli ausiliari in congedo dell’Arma dei Carabinieri, delle Forze Armate e delle altre Forze di Polizia, congedati senza demerito ed in possesso dei requisiti richiesti per l’assunzione nel Corpo della Polizia Penitenziaria.
Secondo quanto disposto dalla predetta normativa, con apposito decreto interministeriale si sarebbe provveduto a stabilire le modalità ed i termini per la presentazione delle domande di assunzione.
Tale decreto è stato adottato in data 12 novembre 1996, e forma anch’esso oggetto di impugnativa nella parte in cui fissa il limite massimo di età in 28 anni.
Il ricorrente, in possesso del requisito di età, ha presentato domanda di assunzione in qualità di sergente congedatosi dopo aver prestato servizio senza demerito come volontario nell’Esercito dal 28 aprile 1988 al 27 aprile 1991.
In applicazione dell’art. 1, comma 2, lettera c), del Decreto Interministeriale 12 novembre 1996, il ricorrente, come comunicato con il gravato provvedimento, è stato escluso dalla graduatoria degli idonei in quanto il medesimo, alla data di scadenza del termine utile per la presentazione delle domande (2 gennaio 1997) non era in possesso dei requisiti prescritti per aver superato il previsto limite di età fissato in 28 anni.
Avverso la disposta esclusione parte ricorrente da un lato, invoca il proprio diritto all’innalzamento del previsto limite di età per un periodo di tempo pari al servizio militare prestato come volontario, fondando la propria pretesa sul disposto di cui all’art. 2, comma 1, punto 2, lett. d) del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, dall’altro, contesta la legittimità della previsione del limite massimo di età, fissato in 28 anni sia dal gravato Decreto Interministeriale del 12 novembre 1996 sia dall’art. 5 del D. Lgs. n. 443 del 1992, sostenendone il contrasto con il quadro normativo generale nella parte in cui stabilisce i limiti di età per la partecipazione ai pubblici concorsi.
Sotto tale ultimo profilo, richiama parte ricorrente l’art. 2 della legge 27 gennaio 1989 n. 25 – recante norme sui limiti di età per la partecipazione ai pubblici concorsi. – che ha sostituito l’art. 2 del T.U. sul pubblico impiego del 1957, innalzando il limite massimo di età a 40 anni ed eliminando la prevista possibilità per gli ordinamenti delle singole Amministrazioni dello Stato di prevedere la riduzione di tale limite massimo.
La tesi ricorsuale sottesa all’affermata illegittimità della prevista fissazione del limite massimo di età in 28 anni, si completa con il richiamo all’art. 3, comma 6, della legge 15 maggio 1997, n. 127 – recante misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo – ai sensi del quale la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell’amministrazione.
Per effetto delle sopra richiamate normative, secondo parte ricorrente, deriverebbe l’illegittimità dell’art. 5 del D. Lgs. n. 443 del 1992 e del Decreto Interministeriale del 12 novembre 1996 (limitatamente alla fissazione del limite di età) per contrasto con la normativa di cui alla legge n. 25 del 1989 – di cui assume la portata generale – e per intervenuta abrogazione da parte della legge n. 127 del 1997.
La riportata prospettazione di parte ricorrente non appare condivisibile.
Basti osservare, in proposito, che il D. Lgs. 30 ottobre 1992, n. 443 – concernente l’ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395 (recante norme sull’ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria) – contiene un’espressa deroga alla previsione di cui all’art. 2 della legge n. 25 del 1989, stabilendo, all’art. 5, il limite massimo di età di 28 anni per gli agenti di custodia.
Né, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, può riconoscersi alla citata legge n. 25 del 1989 portata tale da escludere, per le singole Amministrazioni, la possibilità di introdurre deroghe al previsto limite massimo di età in relazione alle peculiarità dei relativi ordinamenti, così riportando la questione dei rapporti tra diverse ed equiordinate normative nell’ambito delle ordinarie regole di prevalenza secondo i criteri cronologico e di specialità.
Deve inoltre rilevarsi che, a mente dell’art. 1, comma 4, della legge 15 dicembre 1990, n. 395, l’applicabilità delle norme relative agli impiegati civili dello Stato è subordinata alla condizione che non vi sia un’espressa disciplina nella stessa legge e nei limiti in cui ne risulti la compatibilità.
In relazione a tale aspetto, il D. Lgs. n. 443 del 1992, in ottemperanza ai criteri indicati nella legge n. 395 del 1990, ha dettato una nuova e diversa disciplina per gli appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria, tenendo conto delle caratteristiche di tale ordinamento che, pur essendo stato smilitarizzato, fa pur sempre parte delle Forze di Polizia, e ciò conformemente alla predetta regola secondo cui le norme relative agli impiegati civili dello Stato sono suscettive di applicazione nella misura in cui risultino compatibili e per gli aspetti non espressamente disciplinati.
Inoltre, non può ritenersi intervenuta l’abrogazione della citata norma di cui all’art. 5 del D. Lgs. n. 443 per effetto dell’art. 2 del D.P.R. n. 487 del 9 maggio 1994 – recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e sulle modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi – nella parte in cui dispone che per l’accesso agli impieghi civili delle Pubbliche Amministrazioni è necessario il possesso di un’età non inferiore a 18 e non superiore a 40 anni.
In disparte la ricordata applicabilità della normativa statale nell’ambito settoriale del Corpo della Polizia Penitenziaria nei limiti della prevista clausola di compatibilità, trattasi, difatti, di disposizione di natura regolamentare che non può quindi prevalere su di una norma legislativa.
Deve, inoltre, affermarsi l’inconferenza del richiamo di parte ricorrente all’art. 3, comma 6, della legge 15 maggio 1997, n. 127, invocato ai fini dell’affermata abrogazione, ad opera dello stesso, dell’art. 5 del D. Lgs. n. 443 del 1992; ciò in quanto trattasi di normativa sopravvenuta che non può quindi spiegare alcun effetto in relazione alla fattispecie in esame, i cui presupposti sono venuti in essere in epoca antecedente a quella di entrata in vigore di tale legge.
Se nelle considerazioni sin qui esposte risiedono le ragioni dell’infondatezza delle censure ricorsuali sin qui esaminate, va invece dichiarata la fondatezza del profilo di doglianza inerente la mancata applicazione al ricorrente della disposizione di cui all’art. 22 della legge 24 dicembre 1986, n. 958, con conseguente riconoscimento, a favore dello stesso, dell’elevazione del previsto limite di età per un periodo corrispondente a quello dell’effettivo servizio prestato come militare di leva volontario nell’Esercito.
La citata norma della legge n. 958 – recante norme sul servizio militare di leva e sulla ferma di leva prolungata – sostituendo la disposizione di cui al comma 6, dell’art. 77, della legge 14 febbraio 1964, concernente la leva ed il reclutamento obbligatorio nelle Forze Armate, stabilisce che ‘per la partecipazione ai pubblici concorsi il limite massimo di età richiesto è elevato di un periodo pari all’effettivo servizio prestato, comunque non superiore a tre anni, per i cittadini che hanno prestato servizio militare volontario, di leva e di leva prolungata’.
Tale disposizione è stata sostanzialmente riprodotta dall’art. 2, comma 1, punto 2, lett. d) del più volte citato D.P.R. n. 487 del 1994 come modificato dall’art. 2 del D.P.R. 30 ottobre 1996 n. 693, il quale fa espresso richiamo alla predetta legge n. 958 del 1986.
La normativa sopra richiamata va coniugata con la considerazione che la procedura di assunzione su cui si innesta la controversia in esame, come correttamente rilevato dalla difesa di parte ricorrente, non è indirizzata alla generalità dei cittadini, ma è riservata a particolari soggetti che hanno prestato servizio come volontari delle Forze armate, congedati senza demerito ed in possesso dei requisiti per l’assunzione nel Corpo, nonché agli ausiliari in congedo dell’Arma dei Carabinieri e delle altre Forze di Polizia, che non siano cessati dal servizio per motivi disciplinari o per infermità.
Ne discende che, in relazione alle peculiarità di tale concorso e nella considerazione della piena compatibilità della richiamata disciplina con la natura del concorso stesso, avrebbe dovuto prevedersi l’applicabilità del beneficio di cui all’art. 77 della legge n. 237 del 1964 (e reintrodotto in via generale dall’art. 2, lett. d), del D.P.R. n. 693 del 30 ottobre 1996) consistente nell’elevazione del limite di età previsto per un periodo pari all’effettivo servizio prestato, comunque non superiore a tre anni, a favore dei cittadini cha hanno prestato servizio militare di leva e di leva prolungata (in senso conforme, da ultimo: Cons. Stato – parere 15 marzo 1999, n. 433).
Pertanto, il gravato Decreto Interministeriale del 12 novembre 1996 risulta illegittimo in parte qua, come già rilevato da questo Tribunale con sentenza n. 2977 del 2000, la quale ha conseguentemente proceduto al suo annullamento parziale.
Inoltre, essendo pacifico, in punto di fatto, che il ricorrente rientra tra i destinatari del decreto legge sopra citato, per avere lo stesso prestato servizio come volontario nell’Esercito dal 28 aprile 1988 al 27 aprile 1991 e per essere stato congedato senza demerito, deve riconoscersi allo stesso il beneficio dell’elevazione del limite di età fissato in 28 anni per un periodo corrispondente a quello del servizio prestato, con conseguente illegittimità della disposta esclusione di cui al gravato provvedimento, che va pertanto annullato in accoglimento del profilo di censura da ultimo esaminato.
In ordine alle spese di giudizio, in relazione alla natura della controversia, si ravvisano giusti motivi per disporne l’integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
– Roma -Sezione Prima-
Definitivamente pronunciando sul ricorso n. 460/1999 R.G., come in epigrafe proposto da -OMISSIS-, lo accoglie nel senso e con le statuizioni di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il gravato provvedimento di cui alla nota del 13 ottobre 1998.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.