SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4199 del 2002, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Erennio Parente e Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in persona del titolare pro-tempore;
Sul ricorso numero di registro generale 4197 del 2002, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Erennio Parente e Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in persona del titolare pro-tempore;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
quanto al ricorso n. 4199 del 2002:
risarcimento danni per ingiusta esclusione dall’assunzione nel corpo di polizia penitenziaria.
quanto al ricorso n. 4197 del 2002:
retrodatazione dell’immissione nei ruoli dell’organico del corpo di polizia penitenziria – ricostruzione della carriera.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2010 il dott. Giorgio Giovannini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso r.g. 4197/2002 l’istante espone che con decreto interministeriale 12 novembre 1996 è stata disposta l’assunzione di 1.400 unità da inserire nel Corpo della polizia penitenziaria, ruolo agenti ed assistenti, riservata agli ex volontari delle Forze armate e delle Forze di polizia, purché regolarmente congedati alla fine del periodo di ferma volontaria e purché in possesso dei requisiti psico-fisici richiesti.
Il ricorrente, in qualità di ex-appartenente all’Arma dei CC., congedato senza demerito, presentava quindi domanda di partecipazione al concorso, ma veniva giudicato non idoneo in sede di visita medica.
Avverso tale provvedimento l’interessato si gravava dinanzi a questo Tribunale amministrativo regionale, che, prima, accoglieva l’istanza cautelare e poi, con sentenza n. 8145 del 2000, accoglieva parimenti il ricorso.
L’Amministrazione procedeva quindi al suo inquadramento nel ruolo, fissandone la decorrenza giuridica a far data dal 20 ottobre 1999.
Avverso tale determinazione di decorrenza l’istante ha proposto il menzionato ricorso r.g. 4197/2002, deducendo i seguenti motivi di gravame:
– Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alle norme sul procedimento amministrativo di cui alla l. n. 241/1990, nonché agli artt. 1175, 1375 e 1218 cod. civ., anche con riferimento agli artt. 2, 3, 4, 36, 97 cost.
Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare per illogicità, contraddittorietà, sviamento, difetto ed insufficienza di istruttoria, ingiustizia manifesta.
Violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento; eccesso di potere per disparità di trattamento.
A seguito dell’illegittimo comportamento dell’Amministrazione che gli ha erroneamente riferito una patologia invalidante, il ricorrente è stato assunto in ruolo con circa due anni di ritardo. Ciò ha comportato un danno consistente nella perdita del diritto al trattamento economico per il corrispondente periodo di ritardo, compreso tra il 1998 ed il 2001, nonché nella perdita di chances di avanzamento nel ruolo. Gli spetta, pertanto, il ripristino ex tunc della posizione giuridica, tenuto anche conto che, ai fini dell’assunzione, l’Amministrazione non era chiamata ad esercitare poteri di tipo discrezionale, ma era del tutto vincolata ad assumere i candidati in possesso dei requisiti prescritti, che risultassero fisicamente idonei.
Egli ha quindi concluso per l’accoglimento del ricorso e conseguentemente, accertata la condotta illegittima dell’Amministrazione, per il riconoscimento: 1) del diritto alla ricostruzione della carriera ed, in particolare, del diritto ad ottenere la retrodatazione dell’immissione nei ruoli dell’organico del Corpo di polizia penitenziaria dal giorno dell’avvenuta esclusione (da far coincidere con il provvedimento di esclusione per inidoneità psico-attitudinale in data 27 novembre 1998), ovvero dalla diversa data ritenuta da questo Tribunale regionale rispondente a criteri di giustizia ed opportunità; 2) del diritto al conseguimento e riconoscimento dell’anzianità di qualifica e di servizio maturate dal ricorrente dal 1998, con tutti i conseguenti benefici economici stipendiali, assistenziali e previdenziali, così come previsti ex lege e nella misura da determinarsi in corso di causa, mediante ricorso a consulenza tecnica d’ufficio. Con vittoria di spese, diritti ed onorari del giudizio.
Con il ricorso r.g. 4199/2002, in relazione alla medesima vicenda, l’istante ha chiesto il risarcimento dei danni subiti a causa dell’illegittimo comportamento dell’Amministrazione, deducendo i seguenti motivi di gravame:
– Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alle norme sul procedimento amministrativo di cui alla l. n. 241/1990 nonché agli artt. 1175, 1375, 1218 cod. civ., anche con riferimento agli artt. 2, 3, 4, 36, 97 cost.. Illogicità, contraddittorietà, sviamento, difetto ed insufficienza di istruttoria, ingiustizia manifesta.
Violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento. Violazione del principio della dovuta retribuzione. Eccesso di potere per disparità di trattamento.
Il ricorrente assume il suo diritto al risarcimento dei danni conseguenti alla ritardata assunzione in servizio, per retribuzioni non percepite, lucro cessante e mancata regolarizzazione della posizione assicurativa e previdenziale. L’errore diagnostico occorso in sede di visita medica ha, infatti, illegittimamente precluso il suo vero e proprio diritto all’assunzione, che nel superamento di quella visita trovava il suo esclusivo presupposto. Ciò ha comportato anche un danno di carattere non patrimoniale sub specie di danno morale, che va ristorato pur in assenza di particolari allegazioni sul piano probatorio. L’istante deduce, ancora, l’estremo della colpa dell’Amministrazione, considerate le chiare risultanze dell’esame clinico a suo tempo disposto da questo Tribunale regionale, che ha escluso la presenza del quadro morboso erroneamente diagnosticato in sede amministrativa.
Egli ha quindi concluso a che questo Tribunale regionale accolga il ricorso e, per l’effetto, accertata e riconosciuta la responsabilità dell’Amministrazione resistente, la condanni a corrispondere in favore dell’istante, a titolo di risarcimento, una somma di danaro – da determinarsi in corso di causa ovvero con valutazione equitativa – per tutti i danni morali e non patrimoniali da lui subiti e subendi a causa della ingiusta esclusione, ivi compresa la perdita di chances; il danno riflesso sulla sua persona; il pregiudizio al valore della dignità umana e/o sociale propria del lavoratore; la lesione alla capacità competitiva all’interno della stessa Amministrazione e nel mercato del lavoro; il riflesso negativo nella vita extra-lavorativa (danno biologico). Oltre agli interessi come per legge e rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizi.
In entrambi i giudizi per il Ministero intimato si è costituita l’Avvocatura Generale dello Stato, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi, senza controdedurre nel merito.
Alla udienza del 12 maggio 2010 le cause sono state ritenute in decisione
DIRITTO
Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi i quali, promanando da un medesimo istante ed attenendo alla identica vicenda, si palesano manifestamente connessi.
Essi sono entrambi da accogliere nei limiti di seguito indicati.
Come rilevato nella pregressa esposizione in fatto, nel caso di specie il ricorrente, già appartenente all’Arma dei C.C., partecipò alla selezione indetta con d.i. 12 novembre 1996 per l’assunzione di 1.400 unità da inserire nel Corpo della Polizia penitenziaria.
A tal fine il d.i. riservava l’assunzione agli ex volontari delle Forze armate e delle Forze di polizia, purché regolarmente congedati alla fine del periodo di ferma volontaria; prevedeva poi, quale ulteriore presupposto per l’assunzione, il possesso dei requisiti psico-fisici richiesti, da accertarsi mediante visita medica.
Senonché la visita cui l’interessato venne sottoposto ebbe esito negativo, essendogli stata riscontrata l’infermità “strapiombo destro del rachide dorsale”, comportante l’inidoneità all’assunzione ai sensi dell’art. 123, lett. l), del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443.
Avverso il conseguente provvedimento 12 ottobre 1998 di esclusione dalla procedura egli propose allora ricorso dinanzi a questo Tribunale amministrativo regionale, il quale, preso atto della esistenza di certificazioni mediche rese da strutture pubbliche e da consulente tecnico di parte che negavano l’esistenza dell’infermità, dispose in via istruttoria la sua sottoposizione a verificazione da parte della Clinica ortopedica e traumatologica della Facoltà di Medicina e di Chirurgia dell’Università degli Studi di Roma.
Ad esito dei riscontri effettuati, la visita così concluse: “il soggetto esaminato non presenta alcun strapiombo del tronco, né scoliosi, né ipercifosi, né alcuna altra anomalia o malattia rachidea. La lieve rotazione delle apofisi spinose delle vertebre L2 e L3 non è da considerare una malattia, ma solo una variazione della normale anatomia, che non ostacola in alcun modo lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa o ricreativa”.
Con sentenza n. 8145 del 2000 il ricorso è stato quindi accolto ed annullato il provvedimento recante la dichiarazione di inidoneità all’assunzione.
Per l’effetto l’interessato è stato quindi immesso in servizio con decorrenza giuridica dal 20 ottobre 1999.
Ciò stante, in relazione alla esposta vicenda si rende anzitutto applicabile l’orientamento giurisprudenziale, al quale il collegio ritiene di aderire, secondo cui in caso di ritardata costituzione di un rapporto di impiego, conseguente all’illegittima esclusione dalla procedura di assunzione, spetta all’interessato il riconoscimento della medesima decorrenza giuridica attribuita a quanti siano stati nella medesima procedura nominati tempestivamente (Cons. di Stato, sez. IV, 3 ottobre 2005, n. 5261; sez. VI, 4 aprile 2005, n. 1477; sez. VI, 5 agosto 2004, n. 5467; sez. VI, 14 novembre 2003, n. 7292). Spetta, inoltre, l’attribuzione di ogni beneficio legato a detta decorrenza, derivante da meri automatismi di carriera.
Secondo la stessa giurisprudenza non può viceversa riconoscersi il diritto alla corresponsione delle retribuzioni relative al periodo di ritardo nell’assunzione, atteso che tale diritto, in ragione della sua natura sinallagmatica, presuppone necessariamente l’avvenuto svolgimento dell’attività di servizio.
Relativamente a detto periodo va invece liquidato il risarcimento del danno.
Al riguardo è anzitutto da osservare non essere dubbio che la situazione pregiudizievole lamentata dal ricorrente sia conseguita alla riconosciuta illegittimità del provvedimento di esclusione dalla procedura di assunzione e che, pertanto, la sua cognizione rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7, comma terzo, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dall’art. 7, comma 4, della legge 21 luglio 2000, n. 205.
Non è, d’altra parte, neppure dubbio che nella fattispecie l’operato dell’Amministrazione sia, oltre che legato da sicuro nesso di causalità con il pregiudizio sofferto dal ricorrente, anche connotato dall’elemento della colpa. In particolare, l’assoluta nettezza del riportato giudizio medico legale, espresso con le garanzie proprie delle funzioni strumentali all’attività giurisdizionale, non può che far ritenere gravemente carente l’opposta valutazione formulata in sede amministrativa, che aveva non soltanto rilevato la presenza dell’infermità, ma l’aveva addirittura qualificata tanto grave da comportare l’esclusione del ricorrente dalla procedura.
Circa il quantum del risarcimento, esso va determinato in misura pari: a) alle retribuzioni perse, ivi comprese le quote di trattamento di fine rapporto a carico dell’amministrazione, con detrazione in via equitativa di una percentuale pari al 50 per cento, tenuto conto che in concreto l’interessato nel periodo considerato, privo degli impegni derivanti dal lavoro de quo, ha fruito della possibilità di un positivo diverso utilizzo delle proprie energie per la cura di interessi personali e familiari (in questo senso Cons. di Stato, sez. V, 25 luglio 2006, n. 4639; sez. V, 2 ottobre 2002, n. 5174); b) al valore delle corrispondenti contribuzioni previdenziali che in relazione agli importi sub a) l’amministrazione sarebbe stata tenuta a versare all’Ente di previdenza obbligatoria; c) alla rivalutazione monetaria sulla base degli indici ISTAT ed agli interessi nella misura legale dalle singole scadenze e fino al soddisfo. In ordine a quest’ultima voce va rimarcato come ad essa non sia applicabile il divieto di cumulo degli interessi legali e della rivalutazione sancito dall’art. 22, comma 36, della l. 23 dicembre 1994, n. 724 e dall’art. 16, comma 6, della l. 30 dicembre 1991, n. 412, atteso che la somma capitale spettante ha natura non retributiva né previdenziale ma risarcitoria.
Non possono viceversa liquidarsi gli ulteriori danni prospettati dal ricorrente, stante la mancanza di alcuna prova circa la loro effettiva sussistenza (sul punto v. Cons. di Stato, sez. V, 28 maggio 2010, n. 3397).
La parziale reciproca soccombenza tra le parti giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. I, dispone la riunione dei ricorsi.
Accoglie i ricorsi come sopra riuniti nei limiti indicati in motivazione.
Dispone l’integrale compensazione fra le parti delle spese dei giudizi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.