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Esclusione concorso Guardia di Finanza per deficit statura

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12242 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Carlo Parente e Stefano Monti, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Via Emilia, 81;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

– Tutti i soggetti intimati attraverso la notificazione per pubblici proclami, come da documentazione in atti;

 

sul ricorso numero di registro generale 754 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Carlo Parente e Stefano Monti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Via Emilia, 81;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

– Gianvito Probo, Nunzia Medici, nonché tutti i soggetti intimati mediante notificazione per pubblici proclami, come da documentazione in atti;

per l’annullamento

quanto al ricorso n. 12242 del 2014:

– del provvedimento in data 11.07.2014, notificato in pari data, di esclusione in sede di visita medica dal concorso per l’ammissione di 237 allievi marescialli nel Corpo della Guardia di Finanza;

– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;.

quanto al ricorso n. 754 del 2015:

– della graduatoria finale, conosciuta a seguito dell’avviso di convocazione dei vincitori, pubblicata on – line in data 17.11.2014, non acquisita in copia, relativa al concorso per l’ammissione di 237 allievi marescialli all’86° corso presso la Scuola Ispettori e Sovrintendenti nel Corpo della Guardia di Finanza (A.A. 2014/2015), nella parte in cui non comprende il nominativo della ricorrente tra quelli degli idonei vincitori (o, quantomeno, in posizione che le consenta di giovarsi di un eventuale scorrimento).

 

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 7 ottobre 2015 il Cons. Silvia Martino;

Uditi gli avv.ti di cui al verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

1. La ricorrente ha partecipato al concorso per l’ammissione di 237 allievi marescialli alla Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza (A.A. 2014/2015).

Dopo avere superato la prova preliminare e la prova scritta, è stata sottoposta agli accertamenti sanitari di cui all’art. 15 del bando di concorso.

Riferisce che, nel corso della misurazione dell’altezza, si è avveduta di una, a suo dire, indebita pressione esercitata sul capo.

In data 11.7.2014, ha quindi appreso di essere stata giudicata non idonea, con la generica motivazione “non raggiunge la statura minima prevista dal bando”.

Con il presente ricorso, deduce:

1) ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI, INGIUSTIZIA MANIFESTA, TRAVISAMENTO DEI FATTI SOTTO L’ASPETTO DELLA INSUSSISTENZA DEI MOTIVI OSTATIVI ALL’ASSUNZIONE; DIFETTO DI ISTRUTTORIA E CARENZA DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 15, PUNTO 2, LETT. A) DEL BANDO DI CONCORSO; VIOLAZIONE DELL’ART. 2 DEL D.M. N. 155 DEL 17 MAGGIO 2000. VIOLAZIONE DELL’ALLEGATO 2, PUNTO 1 (MORFOLOGIA GENERALE), COMMA 1, ALLE DIRETTIVE TECNICHE ADOTTATE DAL COMANDANTE GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, IN ESECUZIONE DEL DECRETO MINISTERIALE 17 MAGGIO 2000, N. 155.

In conformità all’art. 2 del d.m. n. 155 del 17 maggio 2000, il bando di concorso ha richiesto, per le donne, una statura non inferiore a m. 1,61.

Le modalità di misurazione della statura sono stabilite dall’art. 2, punto 1, comma 1, delle direttive tecniche adottate dal Comandante Generale della Guardia di Finanza, in esecuzione del suddetto d.m..

La giovane -OMISSIS- ritiene che la misurazione dell’altezza sia avvenuta, nel caso in esame, con superficialità e approssimazione.

Nel provvedimento di esclusione, non si precisa nemmeno quale sia stata l’altezza rilevata, inferiore al minimo stabilito dal bando.

Ella ritiene di essere in possesso di tutte le caratteristiche previste dalla legge per il posto cui aspira, non essendo affetta da alcuna imperfezione e/o deficit che ne pregiudichi la richiesta idoneità.

Con ricorso iscritto al n. 754/2015, ha quindi impugnato la graduatoria finale del concorso di cui trattasi, per profili di illegittimità derivata.

Si è costituita, per resistere, l’amministrazione intimata.

Con memoria in data 31.10.2014, prodotta nel ricorso n. 2242/2014, il MEF ha documentato che la competente Sottocommissione, come risulta dal verbale di visita medica, ha riscontrato un’altezza pari a mt. 1,58 e ½, di ben 2,5 cm al di sotto del limite minimo previsto dal bando.

La sottocommissione si è, comunque, attenuta alle direttive tecniche vigenti in materia ed ha utilizzato uno statimetro regolarmente tarato. Inoltre, così come prescritto dal bando nei casi in esame, non ha proceduto ad effettuare la visita medica di revisione.

La difesa erariale ha quindi richiamato la giurisprudenza secondo cui alcun rilievo possono assumere gli accertamenti effettuati dall’interessato presso altri presidi sanitari, anche pubblici, in quanto la valutazione effettuata dall’amministrazione in ordine all’idoneità fisica di un candidato, non è suscettibile di essere contraddetta da certificazioni di parte, essendo le commissione mediche gli unici organi abilitati a compiere gli accertamenti selettivi in questione (così, ad esempio, Cons. St., sentenza n. 1491/2012).

In sostanza, gli accertamenti in questione sono irripetibili, come, nel caso di specie, chiarito anche dal bando, secondo cui “l’accertamento dell’idoneità psico – fisica è effettuato […] in ragione delle condizioni del soggetto al momento della visita” (art. 15, comma 1).

Tale clausola concorsuale garantisce l’osservanza del principio di imparzialità dell’azione amministrativa.

La ricorrente, dal canto suo, ha prodotto due certificati medici, rilasciati, rispettivamente, dalla ASL Napoli 3 Sud e dalla ASL Benevento 1, dai quali risultano, rispettivamente, una statura di 1,61 e di 1,62.

La Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 333 del 12.1.2015, ha disposto una verificazione, onerando il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Roma di effettuare una nuova misurazione della statura della ricorrente.

Il Collegio Medico ha relazionato quanto segue.

“L’acquisizione del parametro della statura è stata effettuata secondo le indicazioni della Direttiva Tecnica del 5.12.2005, della Direzione Generale della Sanità Militare, attualmente applicata per l’accertamento delle imperfezioni e delle infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare.

La misurazione è stata effettuata con “statimetro per misura per leva militare”.

Tale strumento è composto da una pedana rigida, sulla quale prende posizione il candidato, e da un’asta graduata ad intervalli di 0,5 cm. lungo la quale scorre una barra metallica che posizionata sul capo del soggetto da misurare indica la statura corrispondente.

La candidata come prescritto dalla direttiva tecnica citata, è stata posta in posizione non rigida di attenti, a capo eretto, con piano orbito – auricolare orizzontale con l’occipite, il segmento dorsale ed i talloni a contatto con il montante dell’antropometro”.

La Commissione ha riferito che tutte le descritte operazioni sono state effettuata in presenza del Cap. me. Fabio Castrica, della Guardia di Finanza.

E’ stata riscontrata un’altezza di cm.161,00, compatibile con le norme prescritte per l’ammissione all’86° Corso per allievi marescialli della Guardia di Finanza.

L’amministrazione, con memoria depositata in data 14.3.2015, ha ribadito le proprie argomentazioni.

Con particolare riguardo agli esiti della verificazione, ha richiamato le considerazioni di ordine tecnico espresse dal Cap. me. Castrica, intervenuto alla verificazione, il quale ha evidenziato che la misurazione dell’altezza è stata effettuata con uno statimetro telescopico meccanico, strumento che non può fornire il grado di precisione richiesto e che può essere assicurato solo da uno statimetro elettronico digitale, omologato e conforme alle direttive CEE, con possibilità di stampa delle singole misurazioni.

La difesa erariale ha pertanto prospettato al Collegio la possibilità di valutare la possibilità di sottoporre la ricorrente ad ulteriore verificazione istruttoria, da svolgersi ad opera di diverso organo tecnico.

Con ordinanza n. 1487 del 2.4.2015, la Sezione – previa riunione dei ricorsi in epigrafe – ha accolto l’istanza cautelare, e, per l’effetto, ha ammesso con riserva la ricorrente alle ulteriori fasi del procedimento di concorso.

Nel contempo, ai fini delle trattazione del merito, ha disposto l’integrazione del contraddittorio, per pubblici proclami, nei confronti di tutti i soggetti utilmente collocati nella graduatoria impugnata.

Gli incombenti sono stati successivamente eseguiti.

Il ricorso, infine, è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 7 ottobre 2015.

DIRITTO

1. La verificazione disposta dal Collegio ha evidenziato che la giovane ricorrente raggiunge la statura di cm. 161 ed è quindi idonea al servizio quale allievo maresciallo della Guardia di Finanza.

Al riguardo, appare opportuno svolgere alcune precisazioni, atteso che il Consiglio di Stato, su una fattispecie analoga a quella in esame, ha ribadito che:

“a) i requisiti psico-fisici richiesti dai bandi devono essere posseduti unicamente al momento in cui i candidati vengono sottoposti a visita medica in sede di prove concorsuali, giacché la legittimità dei provvedimenti amministrativi deve essere apprezzata avuto riguardo allo stato di fatto e di diritto presente al momento dell’adozione dei provvedimenti stessi (Cons. Stato Sez. IV 22 dicembre 2007 n.6603);

b) le dichiarazioni contenute nei verbali relative alle operazioni delle commissioni di concorso inerenti la valutazione delle prove hanno un indubbio valore probatorio in ordine sia alle modalità di svolgimento delle prove, che degli esiti delle stesse, fino a querela di falso (Cons. Stato Sez. IV 3 febbraio 2006 n.485);

c) gli accertamenti svolti costituiscono prove non ripetibili, non essendo possibile procedere al di fuori della sede di concorso ad una nuova rivalutazione dei risultati emersi (Cons. Stato Sez. IV 26 marzo 2012 n.1767)” (Cons. St., sez. IV^, sentenza n. 4813/2013).

Tale sentenza si inserisce nel solco di quell’orientamento, (cfr. in particolare, la decisione della sez. IV, 21.2.2012, n. 1767), secondo cui “il verbale della commissione medica ospedaliera fa piena prova, sempre fatta salva la possibilità di querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, mentre non fa fede anche delle valutazioni compiute dal pubblico ufficiale sulla documentazione esaminata e, quindi, non esclude la possibilità di errori commessi in tale valutazione. Ciò implica che la sempre possibile contestazione della legittimità del giudizio formulato dalla commissione non può essere di per sé estesa agli accadimenti rappresentati nel verbale, che sono invece garantiti da una forma particolare di risalto probatorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8070)”.

Pertanto, secondo il Consiglio di Stato, se il procedimento non viene censurato “dal punto di vista dello svolgimento delle operazioni, come documentate dagli atti dell’amministrazione”, non vi sono “margini per disporre una nuova acquisizione fattuale”.

Nella fattispecie esaminata, il Consiglio ha anche evidenziato che tale acquisizione (la quale aveva consentito al ricorrente di porre rimedio alla sua patologia) “viene a porsi in contrasto non solo con le previsioni esplicite di bando, che disponeva che l’accertamento dei requisiti dovesse aver luogo “in ragione delle condizioni del soggetto al momento della visita”, ma anche con il più generale principio di parità tra i concorrenti. E, infatti, i requisiti psico fisici richiesti dai bandi devono essere posseduti dai candidati unicamente al momento in cui vengono sottoposti a visita medica, giacché la legittimità dei provvedimenti amministrativi deve essere apprezzata avuto riguardo allo stato di fatto e di diritto presente al momento dell’adozione del provvedimento stesso (in termini, Consiglio di Stato, sez. IV, 22 dicembre 2007, n. 6603 e la giurisprudenza ivi citata).

In questo senso, una nuova acquisizione di fatti (in questo caso, un nuovo prelievo ematico) si sarebbe potuto giustificare solo sulla base di una contestazione vittoriosa con riguardo alle modalità di accertamento e non certo attaccando unicamente gli esiti del giudizio. In questo ultimo caso, si poteva al massimo procedere ad una nuova rivalutazione dei risultati emersi, secondo un meccanismo consolidato in relazione ad altri tipi di prove d’esame non ripetibili (si pensi ad esempio alla ricorrezione degli elaborati scritti nelle prove di esame), ossia dando vita unicamente ad un ulteriore giudizio, fatti salvi i dati già appartenenti al procedimento”.

1.1. Ciò posto, il Collegio non può fare a meno di rilevare che, nella sentenza da ultimo citata proprio con riferimento alla misurazione dei dati antropometrici, si ammette essere estremamente arduo “stabilire se debba prevalere il momento dichiarativo, favorevole alla parte pubblica ed assistito dalla tutela della fidefacienza, o quello valutativo, sottoposto alle regole della discrezionalità tecnica, e quindi di più agevole contestazione per la parte privata”.

Per quanto a conoscenza del Collegio esiste poi un solo precedente (la cit. sentenza n. 4813/2013), in cui il Consiglio di Stato abbia chiaramente affermato che il requisito dell’altezza non possa formare oggetto di verificazione, almeno in assenza di una impugnativa per querela di falso del verbale redatto dalla Commissione e, comunque, di una specifica contestazione in ordine allo svolgimento delle operazioni.

Occorre quindi dare conto anche dei pronunciamenti, in senso contrario, secondo cui, pur ribadendosi “il rigoroso orientamento giurisprudenziale alla stregua del quale l’unico momento utile per l’accertamento della idoneità dei candidati è quello della visita effettuata dalla competente Commissione per gli accertamenti psicofisici e che di regola le valutazioni compiute non sono sindacabili in quanto tali, se non per macroscopici vizi attinenti alla logica e alla razionalità delle determinazioni assunte, ovvero agli eventuali errori materiali commessi”, tuttavia, “il giudice amministrativo, per verificare se esistano errori materiali o altri profili di eccesso di potere, può tenere conto, in una valutazione necessariamente unitaria, di ogni elemento che induca a ritenere inattendibili i già effettuati accertamenti tecnici (cfr. Cons. St., 30 giugno 2004, n. 4811) e, in alcune ipotesi particolari, come nel caso della misurazione della statura in cui l’accertamento si basa su dati oggettivi e non opinabili, può disporre anche nuovi accertamenti” (Cons.St, sez. III, sentenza n. 1869 del 28 marzo 2012; cfr. anche sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 892; id., IV, 19.11.2012, n. 5821; da ultimo, sez. III, 7 gennaio 2013, n. 16 e ordinanza n. 2065/2015).

2. Ciò premesso, nel caso di specie, la ricorrente ha formulato due gruppi di censure.

Da un lato, ha, sia pure non perspicuamente, criticato le metodologia seguita dall’amministrazione, in quanto non sarebbe stata pienamente aderente alle direttive tecniche allegate alla D.D. 15.12.2003, secondo cui la statura “deve essere espressa in metri; si misura mediante antropometro; l’esaminando è in posizione non rigida di attenti, a capo eretto, con piano orbito auricolare orizzontale e con l’occipite, il segmento dorsale della colonna vertebrale e i talloni a contatto con il montante dell’antropometro”.

Dall’altro, ha contestato le risultanze degli accertamenti condotti, in quanto contraddittorie con quelle certificate da altre strutture pubbliche, che hanno provveduto, poco dopo i fatti per cui è causa, a misurarne la statura.

Orbene, quanto al primo rilievo, osserva il Collegio che non è possibile raggiungere certezza alcuna circa il fatto che, come dalla ricorrente allegato, durante le operazioni di misurazione sarebbe stata esercitata una “indebita” pressione sul capo, in contrasto con le citate Direttive tecniche.

Nel verbale dell’11 luglio 2014, si dà atto soltanto, nella parte relativa all’esame obiettivo generale, di una statura pari a cm. 1,58 e ½.

Ciononostante, al fine di confutare gli accertamenti condotti dalla Commissione, il Collegio ritiene che non fosse necessario proporre querela di falso (cosi come sembra, invece, richiedere la difesa erariale, sulla scorta della richiamata giurisprudenza del Consiglio di Stato).

Anche a non voler dubitare, infatti, che la Commissione medica si sia esattamente attenuta alle Direttive tecniche richiamate dal Bando di concorso, tale circostanza, di per sé, non consente di escludere che un errore di misurazione possa essersi effettivamente verificato, in ragione dei più diversi e, allo stato, imponderabili fattori, legati alle circostanze di tempo e di luogo in cui l’esame è stato condotto.

Di tale eventualità la ricorrente ha offerto un compiuto principio di prova, attraverso la produzione di plurime certificazioni provenienti da due differenti strutture pubbliche.

Ed è soltanto per sciogliere tale dubbio che il Collegio ha affidato l’effettuazione di una verificazione al Dipartimento Militare di Medicina Legale di Roma.

La verificazione è un istituto proprio del processo amministrativo, che si differenzia dalla consulenza tecnica d’ufficio per essere rivolta ad un mero accertamento tecnico di natura non valutativa, e non all’acquisizione di un giudizio tecnico.

Secondo il Consiglio di Stato, si tratta di un mezzo istruttorio funzionale al c.d. “sindacato debole” del giudice amministrativo, che risponde all’esigenza di conoscere, in sede di giurisdizione di legittimità “soltanto se è effettivamente tale, nella sua consistenza, il presupposto accertato dall’amministrazione, dal quale derivino effetti prefissati” (Cons. St., sez. IV, 20 settembre 2012, n. 5039).

Peraltro, è sempre il Consiglio di Stato, ad avere evidenziato quantomeno a far data dai principi elaborati dalla sentenza della IV^ Sezione, n. 601 del 9 aprile 1999 che “un criterio tecnico inadeguato o il giudizio fondato su operazioni non corrette o insufficienti, comportano un vizio di legittimità dell’atto amministrativo”, ulteriormente soggiungendo che “anche materie o discipline connotate da un forte tecnicismo settoriale sono rette da regole che, per quanto elastiche o opinabili, sono pur sempre improntate ad un’intrinseca logicità e ad un’intima coerenza, alla quale anche la pubblica amministrazione, al pari, e, anzi, più di ogni altro soggetto dell’ordinamento in ragione dell’interesse pubblico affidato alla sua cura, non può sottrarsi senza sconfinare nell’errore, e, per il vizio che ne consegue, nell’eccesso di potere, con conseguente sindacato del giudice amministrativo, che deve poter sempre verificare, anche mediante l’ausilio della c.t.u., se l’amministrazione ha fatto buon governo delle regole tecniche e dei procedimenti applicativi che essa ha deciso, nell’ambito della propria discrezionalità, di adottare per l’accertamento o la disciplina di fatti complessi e se la concreta applicazione di quelle regole a quei fatti, una volta che esse siano prescelte dalla p.a., avvenga iuxta propria principia” (Cons. St., sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645).

Nel caso di specie, le doglianze sollevate dalla giovane -OMISSIS-, riguardano, peraltro, non già una diagnosi medica, e quindi un giudizio tecnico – discrezionale (che presenta, in quanto tale, un certo margine di opinabilità), bensì l’accertamento obiettivo di una caratteristica fisica non suscettibile di significativi, reali margini di modificazione se non entro un lungo arco temporale (si pensi, ad esempio, alla diminuzione della statura che si verifica nella terza età).

Per altro verso, è ormai dato acquisito nella scienza medica che anche nell’arco della stessa giornata possono verificarsi minime, fisiologiche oscillazioni della statura, da porsi in correlazione con lo stress subito dalla colonna vertebrale.

Pertanto, nella fattispecie, è solo nell’ottica di valutare l’affidabilità dell’unica misurazione svolta dalla Commissione di concorso che il Collegio ha reputato necessaria l’effettuazione di una verificazione, a cura di un Organo di indubbia competenza, inserito anch’esso nella gerarchia militare.

L’Organo verificatore ha effettuato la misurazione a distanza di pochi mesi da quella qui in contestazione e con metodologia analoga (Direttiva tecnica del 5.12.2005 della Direzione Generale della Sanità Militare).

Al riguardo, corre l’obbligo di precisare che i rilievi svolti dal Cap. Castrica, intervenuto alla verificazione per conto del Centro di Reclutamento della Guardia di Finanza, contribuiscono a corrobare e non già a confutare le conclusioni raggiunte dal Collegio.

Come riportato dalla difesa erariale, egli ha infatti affermato che solo l’utilizzo di un antropometro digitale può fornire il grado di precisione richiesto, al punto da spingere la stessa Avvocatura dello Stato a chiedere una ulteriore verificazione.

Orbene, dalla documentazione versata in atti dall’amministrazione, non risulta che la misurazione che ha determinato l’esclusione dal concorso sia avvenuta attraverso uno statimetro digitale.

Per quanto è possibile evincere dalla documentazione in atti, e dalle direttive tecniche, anche in sede concorsuale, è stato utilizzato un antropometro meccanico.

In sostanza, la verificazione effettuata dal Collegio medico militale incaricato della verificazione, è avvenuta utilizzando gli stessi strumenti prescritti per la Guardia di Finanza, e con le stesse modalità, vale a dire “mediante antropometro con esaminando in posizione di attenti, a capo eretto, con piano orbito-auricolare orizzontale, con l’occipite, il segmento dorsale della colonna vertebrale ed i talloni a contatto con il montante dell’antropometro” (così il decreto del 5.12.2005, recante la “Direttiva tecnica riguardante l’accertamento delle imperfezioni e delle infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare”).

Nelle ipotesi in cui la verificazione abbia esito positivo, il Consiglio di Stato ha concluso che l’accoglimento della domanda attorea viene determinato non già da una sorta di “rinnovazione” in sede giudiziale dell’accertamento tecnico circa la sussistenza del requisito richiesto dal bando concorsuale, bensì dall’apprezzamento di plurimi elementi indiziari ritenuti idonei a disvelare l’inattendibilità del giudizio su cui si fondava il censurato giudizio di inidoneità.

La contraddittorietà degli esisti di plurime misurazioni “operando sinergicamente con gli esiti della verificazione giudiziale, e tenuto conto della fisiologica sussistenza di un margine di variabilità della statura in relazione ai diversi orari della giornata e delle diverse attività in cui un soggetto può essere stato impegnato”, è idonea cioè ad inficiare l’affidabilità della misurazione e il conseguente giudizio di inidoneità (sentenza n. 5821/2012, cit.).

Nel caso di specie:

– il verbale dell’accertamento compiuto in sede concorsuale non esplicita se la misurazione sia avvenuta secondo le direttive tecniche richiamate dal bando di concorso, e si limita a riportare il dato rilevato, in ordine alla statura;

– pur dovendosi logicamente presumere che la Commissione abbia applicato siffatte direttive, non è in assoluto possibile escludere che si sia verificato un errore in fase esecutiva, in quanto:

– due certificazioni effettuate da organi pubblici attestano un’altezza variabile da cm. 161 a cm 162;

– l’Organo verificatore ha rilevato nella giovane -OMISSIS- un’altezza pari a cm. 161.

Va ancora ribadito, circa l’attendibilità di tale verificazione, che alcun rilievo può assumere la circostanza che non sia stato utilizzato uno strumento digitale, poiché nemmeno la direttiva tecnica vigente per la Guardia di Finanza prescrive l’utilizzo di siffatto accorgimento.

Pertanto, i rilievi del verificatore evidenziano che il protocollo seguito nella misurazione della statura, non è pienamente affidabile e non conduce a risultati incontrovertibili.

A ciò si aggiunga che tale protocollo non tiene conto delle più note acquisizioni scientifiche, secondo cui occorre procedere attraverso plurime misurazioni della statura nella stessa giornata, o, comunque, attraverso l’applicazione di idonei parametri di correzione da rapportarsi alle fisiologiche oscillazioni che possono verificarsi in tale arco temporale.

3. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso n. 12242/2014, merita accoglimento, con il conseguente annullamento del provvedimento di esclusione e degli atti presupposti.

Tale annullamento, peraltro, invalida, in via conseguenziale, anche la graduatoria impugnata con il ricorso n. 754/2015.

La peculiarità della vicenda, con particolare riguardo ad un orientamento giurisprudenziale ancora in piena evoluzione, induce però a compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio e gli onorari di difesa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, di cui in premessa, li accoglie e, per l’effetto, annulla, nei sensi di cui in motivazione, i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Dispone che sia apposta, a cura della Segreteria, sull’originale della presente sentenza, un’annotazione volta a precludere l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi in caso di riproduzione della decisione in qualsiasi forma per finalità di informazione giuridica.22