menu

Annullamento licenziamento ritorsivo, pagamento indennità e reintegrazione

Tribunale Ordinario di Benevento Settore Lavoro

in composizione monocratica, nella persona del magistrato ordinario Dott.ssa Marina Campidoglio, in funzione di Giudice del Lavoro, ha emesso la seguente

O R D I N A N Z A

EX ART. 1, COMMA 47 E SS., L. 28 GIUGNO 2012 N. 92

nella causa iscritta al n. R.G.L. n. 485 .2022 PROMOSSA DA

OMISSIS , con l’Avv. PARENTE GIOVANNI CARLO , giusta

procura in atti;

RICORRENTE

CONTRO

OMISSIS con l’Avv. DIODATI PAOLO , giusta procura in atti;

RESISTENTE

Il Giudice,

visti gli atti di causa e i relativi allegati;

viste le disposizioni di cui all’art. 1, commi 47 e ss., l. 28 giugno 2012, n. 92; applicato il relativo rito;

sciolta la riserva assunta all’udienza del 15.9.22 all’esito del termine per note fino al 10.10.22

OSSERVA

Con ricorso depositato davanti al Giudice del lavoro di Benevento ai sensi della l.92/2012 la parte ricorrente, ha esposto:

  • Di essere stato assunto dalla predetta Società in data 25.3.2002 ed inquadrato al 4° livello del contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi (all.to 6), con la qualifica di operaio specializzato fino al 12.21 data in cui veniva licenziato;
  • Che il licenziamento era illegittimo sotto diversi

Ha concluso chiedendo “accertata e/o dichiarata la natura ritorsiva del licenziamento irrogato al ricorrente, riconoscergli la tutela di cui all’art. 18, comma 1, della L. n. 300/1970, prevedente la reintegrazione nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno a mezzo di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, in misura non inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto e, comunque, nella misura massima, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali o, in subordine, quelle ulteriori tutele previste dalla legge e/o ritenute di Giustizia; Il tutto oltre rivalutazione monetaria ed interessi come per legge”.

Si è costituita in giudizio la parte resistente contestando integralmente le pretese avanzate dal ricorrente e chiedendo il rigetto della domanda.

Ciò posto, il ricorrente sostiene l’illegittimità del recesso perchè ritorsivo e discriminatorio e comunque illegittimo, sotto diversi profili anche procedurali.

Oggetto della presente controversia è il licenziamento senza preavviso intimato al ricorrente in data 16.11.21 per le seguenti motivazioni: “venerdì 5 novembre 2021 prima delle ore 12 con la squadra, di cui era responsabile, ha finito il lavoro presso l’azienda OMISSIS di Borgo Cervaro. Alle ore 12:00 circa OMISSIS ha incontrato OMISSIS presso un altro sito ubicato nella zona industriale dell’incoronata e quest’ultimo riferiva la circostanza che prima delle ore 12:00 l’intera squadra da lei diretta aveva lasciato l’azienda di Borgo Cervaro avendo terminato il lavoro. Inoltre, nello stesso incontro, OMISSIS riferiva a OMISSIS di averle consegnato personalmente dei melograni destinati allo stesso OMISSIS. Alle ore 13:00 circa OMISSIS passando per l’incoronata ha notato, fermo nel piazzale antistante al Santuario, il mezzo assegnatole e l’intera squadra. Tale circostanza ha fatto ipotizzare che eravate già in pausa pranzo e che, pertanto, il rientro in azienda sarebbe stato di molto anticipato rispetto all’orario previsto di arrivo in azienda, ossia le ore 14:30. Precisiamo al riguardo, invece, che l’orario effettivo di rientro in azienda è stato alle ore 16:50. Tale comportamento è altamente scorretto ed offensivo verso OMISSIS e nei confronti di OMISSIS che, peraltro, le aveva chiesto di rientrare il prima possibile in azienda in quanto l’automezzo assegnatole presentava alcune problematiche meccaniche, per le quali era stato anche fissato apposito appuntamento in officina per la risoluzione. Quanto evidenziato è ancor più grave in quanto commesso da un capo squadra, della sua esperienza, che non rispettando appieno le mansioni affidate risulta essere anche di cattivo esempio per i colleghi di lavoro più giovani e meno esperti. Per quanto innanzi, essendo venuto a mancare il rapporto fiduciario, risulta per noi impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro”.

Alla luce del motivo di recesso il licenziamento de quo va qualificato disciplinare. L’identificazione della fattispecie licenziamento disciplinare è frutto dell’elaborazione della giurisprudenza che dopo un lungo dibattito è giunta, con la pronuncia a sezioni unite (Cass. n.4823 del 18.06.1987), ad accogliere la tesi cd ontologica, (rifiutando quella cd formalistica che ravvisava la natura disciplinare dell’atto di recesso solo in presenza di un’espressa previsione della contrattazione collettiva), secondo la quale il licenziamento ha natura disciplinare ogni qualvolta sia motivato da un comportamento imputabile a titolo di colpa al lavoratore, anche in assenza di un’espressa qualificazione in tale senso da parte della contrattazione collettiva.

Il licenziamento disciplinare, così definito, copre l’area del recesso per giustificato motivo soggettivo e quella del recesso per giusta causa- ovvero il licenziamento fondato su un grave inadempimento o su un comportamento colpevole del lavoratore restando escluse solo le ipotesi in cui la giusta causa si concreta in fatti non attinenti alla condotta del lavoratore. Da ciò consegue che l’ambito di applicazione dell’art. 7 St. Lav. deve essere circoscritto alle ipotesi in cui sussistano sia la violazione di un obbligo contrattuale – condotta inadempiente – sia l’imputabilità della stessa a volontà o a colpa. Pertanto, ritiene questo giudice che al licenziamento intimato al ricorrente vada riconosciuta la natura di licenziamento

Dall’affermata natura disciplinare segue l’applicazione delle garanzie procedimentali di cui ai commi 2 e 5 dell’art. 7 Legge n.300/1970 (nella specie delle garanzie della previa contestazione dell’addebito e del diritto di difesa).

Nel caso di specie, l’osservanza di tali disposizioni non risulta essere stata garantita alla parte ricorrente dal momento che lo stesso non è stato preceduto da alcuna contestazione disciplinare.

Nel merito parte ricorrente sostiene in primis la natura ritorsiva del secondo licenziamento, intimato immediatamente senza contestazione disciplinare e senza un reale motivo.

Preliminarmente e tenuto conto delle argomentazioni spese da parte ricorrente nel ricorso introduttivo, occorre chiarire la natura del licenziamento cd. “ritorsivo”.

E’ noto che licenziamento discriminatorio, sancito dall’art. 4 l. n. 604 del 1966, dall’art. 15 l. 300 del 1970 e dall’art. 3 l. n. 108 del 1990, è suscettibile di interpretazione estensiva: l’area dei singoli motivi vietati comprende anche il licenziamento per ritorsione o rappresaglia, che costituisce l’ingiusta ed arbitraria reazione a comportamenti sgraditi all’imprenditore, quando quest’ultima rappresenti l’unica ragione del provvedimento espulsivo (così Cassazione civile sez. lav., 03 agosto 2011, n. 16925). Il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta che questa sia, è un licenziamento nullo, quando il motivo ritorsivo, come tale illecito, sia stato l’unico determinante dello stesso, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1418 c.c., comma 2, art. 1345 e 1324 c.c. Esso costituisce ingiusta ed arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito (diretto) o di altra persona ad esso legata e pertanto accomunata nella reazione (indiretto), che attribuisce al licenziamento il connotato della ingiustificata vendetta con conseguente nullità del licenziamento, quando il motivo ritorsivo sia stato l’unico determinante e sempre che il lavoratore ne abbia fornito prova, anche con presunzioni (Cassazione civile sez. lav., 08 agosto 2011, n. 17087).

La Suprema Corte con sentenza n. 2958 del 27 febbraio 2012, ha statuito che “nella prova per presunzioni, ai sensi degli articoli 2727 e 2729 cod. civ. non occorre che fra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità; infatti, è sufficiente che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza; a tale riguardo, l’apprezzamento del giudice di merito circa l’esistenza degli elementi assunti a fonte della presunzione e circa la rispondenza di questi ai requisiti di idoneità, gravità e concordanza richiesti dalla legge, non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti da illogicità o da errori nei criteri giuridici”-

In particolare, di recente la Cassazione con la sentenza del 27/01/2022, n.2414 ha chiarito che “in ipotesi di allegazione da parte del lavoratore del carattere ritorsivo del licenziamento e quindi di una domanda di accertamento della nullità del provvedimento datoriale per motivo illecito ai sensi dell’articolo 1345 c.c., occorre che l’intento ritorsivo del datore di lavoro, la cui prova è a carico del lavoratore (cfr. tra le più recenti, Cass. n. 26035/2018, Cass. n. 20742/2018), sia determinante, cioè tale costituire l’unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale; ne consegue che la verifica dei fatti allegati dal lavoratore, ai fini all’applicazione della tutela prevista dallo st. lav. novellato, articolo 18, comma 1, richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento (v. in particolare Cass. n. 9468 del 2019); la prova della unicità e determinatezza del motivo non rileva, invece, nel caso di licenziamento discriminatorio, che ben può accompagnarsi ad altro motivo legittimo ed essere comunque nullo comportando il carattere discriminatorio del licenziamento una diversa indagine oggettiva, che prescinde dalla valutazione dell’esistenza ostativa e tranciante di un concomitante motivo legittimo di giustificazione datoriale (Cass. n. 28453 del 2018, Cass. n. 6575 del 2016) …”.

Per la Suprema Corte, invero, l’esistenza di un motivo legittimo alla base del recesso datoriale non esclude la nullità del provvedimento ove venga accertata la finalità discriminatoria dello stesso e, pertanto, in ipotesi di allegazione da parte del lavoratore del carattere ritorsivo del licenziamento e quindi di una domanda di accertamento della nullità del provvedimento datoriale per motivo illecito ai sensi dell’articolo 1345 c.c., occorre che l’intento ritorsivo del datore di lavoro, la cui prova è a carico del lavoratore, sia determinante, cioè tale da costituire l’unica effettiva ragione di recesso ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale.

Ne consegue, che la verifica dei fatti allegati dal lavoratore, ai fini dell’applicazione della tutela prevista dallo statuto dei lavoratori novellato, articolo 18, comma 1, richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento, mentre la prova della unicità   e   determinatezza   del   motivo   non   rileva,   invece,   nel   caso di licenziamento discriminatorio, che ben può accompagnarsi ad altro motivo legittimo ed essere comunque nullo.

Venendo al caso di specie, le ragioni di parte ricorrente illustrate in ricorso sono volte a dimostrare la sussistenza di un motivo ritorsivo posto a fondamento del recesso, motivo da ravvisarsi nei difficili rapporti personali con il datore di lavoro.

In particolare, parte ricorrente sostiene che in più occasioni il datore ha minacciato di licenziarlo per presunte offese o mancanze di rispetto nei suoi confronti.

Onde verificare la natura ritorsiva del recesso datoriale occorre valutare la prova per testi.

Il teste OMISSIS ha riferito: “ADR: Ho lavorato con lui da OMISSIS dal 2018 al 2021, io sono stagionale e lavoro nei mesi estivi (4 o sei mesi). ADR: Il ricorrente non era stagionale. ADR: Io mi occupo di pulizia dei capannoni. ADR: Non so che contratto di lavoro avesse il ricorrente so che era fisso. ADR: Mi sembra di aver lavorato a novembre 2021. ADR: Quando non lavoro per OMISSIS, io sono disoccupato. ADR. Non ricordo il giorno preciso ma ricordo che siamo stati fermi al Santuario dell’Incoronata per andare a mangiare, un’oretta, e poi il capo è passato e ha visto che eravamo fermi là. ADR: OMISSIS è passato alle 12.50 dove noi ci fermiamo a mangiare e senza fermaci ci ha visti. ADR: Dopo pranzo siamo passati a prendere delle buste lasciate da un cliente cooperativa OMISSIS, poi siamo tornati al deposito erano le 15 precise. ADR: Il resistente è arrivato e ha parlato con il ricorrente. Voleva sapere quanto tempo eravamo stati fermi poi io e l’altro ragazzo presente OMISSIS siamo andati via. ADR: Per ritornare dal cliente abbiamo impiegato circa un quarto d’ora venti minuti. ADR: L’azienda quando siamo riandati era chiusa e abbiamo dovuto aspettare che riaprisse. ADR: La ditta OMISSIS ci aveva donato una cassetta di melograni a testa che era per noi. ADR: Non so nulla sulla vicenda dei melograni tra il ricorrente e OMISSIS. ADR: Anche in passato eravamo stati presso l’azienda OMISSIS, a me era per la prima volta che mi regalava una cassetta di melograni. ADR: Non so chi fosse la persona che ci ha dato la cassetta dei melograni, non lo conosco, preciso che le cassette sono state date al capo squadra e poi il ricorrente ci ha detto che una cassetta a testa era per noi. ADR: Per il ritardo di quel giorno io e OMISSIS non siamo stati oggetto di procedimento disciplinare, né siamo stati rimproverati. ADR: Il ricorrente ha messo le cassette sul camion. ADR: Non so il peso della cassetta era quella nera piccola, era una cassettina. ADR: Quel giorno ricordo che lungo il percorso c’era una frana e c’è ancora. ADR: Qualche giorno prima OMISSIS aveva detto che il furgone aveva una perdita di olio e bisognava andare dal meccanico. ADR: LA mattina dell’accaduto non ho sentito però che bisognava andare dal meccanico. ADR: In caso di problemi con il furgone il capo squadra OMISSIS lo diceva al capo e il capo decideva e diceva a OMISSIS di provvedere. ADR: Non avevamo orari rigidi, finito il lavoro ci ritiravamo. Finivamo alle 17/18. ADR: Se capitava un lavoro specifico ad esempio a Torre Annunziata facevamo più tardi. ADR: Quel giorno siamo stati più di un’ora a mangiare, circa un’ora e mezza. Di solito la pausa pranzo era di un’ora ma poiché dovevamo andare a riprendere delle buste alla cooperativa OMISSIS ci siamo trattenuti più tempo. ADR: Le buste da riprendere contenevano prodotti che usiamo per la disinfestazione dei siti. ADR: Dal sito ricorso quel giorno tirammo con un filo (essendo le buste tossiche) tre buste e due rimasero dentro al sito. ADR: Tali buste erano state poste da un altro caposquadra, non dal ricorrente che non sapeva quante ce ne fossero, qualche giorno prima e c’ero anche io con l’altro capo squadra OMISSIS; con il ricorrente invece siamo andate a toglierle. ADR: Le buste si lasciano coperta con la plastica sul sito da disinfestare e dopo 4/5 giorni si vanno a riprendere. ADR: A noi ci chiamò OMISSIS , un ragazzo che lavora per la cooperativa dicendoci che erano rimaste delle buste , due, rimaste sul sito. ADR: Domenico telefonò a OMISSIS verso le 11.30 /12 noi stavamo da OMISSIS a togliere della plastica su un cumulo di grano. ADR: non ricordo perché non siamo tornati subito a riprendere le buste forse perché poi la cooperativa chiudeva. ADR: LA cooperativa OMISSIS da dove stavamo era sulla strada di ritorno. ADR: In qualche momento di rabbia OMISSIS ha detto che avrebbe chiuso l’attività, ma non ci ha mai intimato alcunchè. ADR: Nelle cinque stagioni in cui sono stato io tra le parti c’erano stati dei battibecchi più volte”. OMISSIS ha dichiarato: “ADR: lavoro per parte resistente dal 2005 e tutt’ora e sono operaio disinfestatore. ADR: Conosco OMISSIS. ADR: Non ero presente il giorno in cui è accaduto l’episodio oggetto di causa. ADR: IO non sono fisso in squadra capitava di andare con il ricorrente oppure con un altro. ADR: L’orario di lavoro è dalle 7 alle 17, con un’ora di pausa pranzo. ADR: A me è capitato di andare a mangiare al Santuario dell’Incoronata perchè c’era il fresco, trattenendoci un’oretta. ADR: Il rientro era quando finivamo intorno alle 17. ADR: Dai colleghi so che il furgone guidato da OMISSIS aveva problemi di olio, i furgoni sono una decina e non sono tutti uguali. ADR: Il capo squadra riferisce a OMISSIS di un problema e lui ci dice di andare dal meccanico. ADR: Non so se per quel giorno era stato fissato un appuntamento dal meccanico. ADR: La parte resistente si avvale di un meccanico OMISSIS, ma per i mezzi IVECO si avvale di un’officina IVECO. ADR: Io non ho mai portato il furgone IVECO da OMISSIS ma sempre all’officina IVECO. ADR: I rapporti tra le parti son ostati spesso accesi. ADR: I due discutevano per varie ragioni anche perché il ricorrente forse in buona fede consumava più prodotto del dovuto. ADR: Io dopo il 5 novembre non ho più avuto contatti con OMISSIS. ADR: Non sono a conoscenza del fatto che OMISSIS aveva avvertito qualcuno che il furgone aveva una perdita di olio. ADR: Non ero presente il giorno della lite che ha portato al licenziamento”.

OMISSIS ha dichiarato: “ADR: Mio padre e OMISSIS erano cugini. ADR: Io lavoro per la resistente da 20 anni e tutt’ora, come magazziniere. ADR: Conosco il ricorrente e lavorava come disinfestatore. ADR: So che è stato licenziato, non conosco la motivazione precisa. ADR: Abbiamo lavorato insieme negli anni passati. ADR: Io ero al deposito il giorno 5 novembre quanto il ricorrente è rientrato con il furgone insieme a OMISSIS e OMISSIS alle ore 16 circa. ADR: OMISSIS mi disse che il furgone non andava bene e per controllo lo portai in officina e prima di controllarlo lo abbiamo scaricato (io , OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS). ADR: Ho perso venti minuti e alle 16.25 ho chiamato il figlio del titolare per chiedergli se venivano a prenderci in officina perché il furgone doveva rimanere lì. Venne OMISSIS. ADR: Arrivati al deposito ohi visto che si era aperto un battibecco tra OMISSIS e OMISSIS ma non so il perché. ADR: non ricordo le parole precise, ricordo che OMISSIS si era arrabbiato con OMISSIS maggiormente perché era il capo squadra . ADR: Quando sono andato in officina non c’era OMISSIS. ADR: OMISSIS alle 16 di quel giorno non era in ditta. ADR: Mi occupo io di portare i camion a controllare in officina. ADR: Due giorni prima era già stato portato in officina il camion in questione e la sera prima era stato riconsegnato dall’officina. ADR: Era stato in officina perché il camion aveva problemi al motore, rumore sul lato guida. ADR: Dopo la riparazione del 5 novembre ritirai io il furgone ma poiché aveva problemi lo riportai in officina. ADR: L’ho portato in officina con il rumore e quando ho ripreso il camion faceva ancora rumore. ADR: La mattina del 5 novembre con OMISSIS quando prese il furgone ci siamo accorti che aveva una perdita di olio e OMISSIS mi disse che quando rientrava OMISSIS dovevo portarlo in officina. ADR: OMISSIS non mi diede un orario per portare il mezzo in officina. ADR: Non so se OMISSIS disse a OMISSIS se doveva portare il furgone ad una certa ora per farlo controllare in officina. ADR: Tutti cercavamo di finire di lavorare in tempo ma non c’era un orario preciso. ADR: L’orario di ingresso è alle sette ma per il tipo di attività gli orari non sono stabili. ADR: Non c’è un registro di uscita per segnare gli orari. ADR: I rapporti tra le parti sembravano normali, ma capitata che si appiccicavano cioè capitava qualche rimprovero”.

OMISSIS ha dichiarato: “ADR: Conosco il ricorrente abbiamo lavorato insieme. Attualmente lavoro ancora per la resistente. ADR: Sono addetto alla disinfestazione. ADR: Non ricordo il giorno preciso, ma ricordo che facemmo delle varie tappe la mattina, poi siamo andati a pranzare all’Incoronata e dopo due ore siamo rientrati. ADR: Dopo pranzo siamo ritornati da OMISSIS per prendere delle buste che avevamo dimenticato. ADR: Quando siamo rientrati abbiamo scaricato il furgone, poi è arrivato il capo il quale ci ha chiesto che avevamo fatto e perché eravamo arrivati a quell’ora. ADR: DI solito rientriamo alle 17 ma dipende dai lavori che abbiamo. Quel giorno siamo rientrati alle 16. ADR: Il capo so che aveva detto al ricorrente, quella mattina, che doveva rientrare prima ma non so il motivo. ADR: Io non so cosa sia successo con riferimento alla consegna dei melograni da parte dell’azienda OMISSIS perchè ero intento a togliere il telo dal grano, ma quando ho finito il ricorrente mi ha dato una cassa di melograni dicendomi che dovevamo fare una cassa ciascuno se ben ricordo. ADR: Ho visto che anche l’altro collega aveva una cassa di melograni. ADR: Sul furgone c’erano tre casse di melograni: una per me, una per il ricorrente e un’altra per OMISSIS, l’altro collega che era con noi. ADR: Non ho avuto alcuna sanzione . ADR: Non ricordo se quel giorno la strada statale era interessata da frane. ADR: Il signor OMISSIS ci diceva che più importante finire i lavori rispetto all’orario nel senso che se occorreva un quarto d’ora per finire dovevamo finire ADR: Non c’era un sistema di registrazione delle entrate e delle uscite ma firmavamo solo la presenza. ADR: Quel giorno finimmo di mattina verso le 11.50 per poi andare a pranzo. ADR: Il proprietario dell’azienda ci chiamò per andare a prendere le buste che avevamo dimenticato. ADR: Siamo riandati a prendere le buste verso le 15.30 circa, le buste erano fuori”.

OMISSIS ha riferito: “ADR: Conosco il ricorrente per rapporti lavorativi. ADR: Non so perché è stato licenziato. ADR: E’ venuto da me circa un anno e mezzo fa per fare la disinfestazione o togliere teli , noi abbiamo un deposito di grano. ADR: In tale circostanza, ricordo di aver lasciato ordine a un mio collaboratore, OMISSIS, di regalare dei melograni agli operai. Ricordo di avergli fatto preparare 3 casse di melograni perché tre erano gli operai , tra cui c’era il ricorrente. ADR: Quel giorno prima di pranzo verso le 12 , ho incontrato anche OMISSIS fuori dalla mia azienda per un sopralluogo presso un’altra azienda mia familiare per dei trattamenti. ADR: Dissi a OMISSIS dei melograni e chiamai il mio collaboratore per fare aggiungere un’altra cassa di melograni per darla a OMISSIS. ADR: Il mio collaboratore mi disse che non era riuscito a dare un’altra cassa perché gli operai non c’erano , non li ha trovati”.

Dalla espletata istruttoria emerge chiaramente che alcun comportamento illegittimo tra quelli descritti nella lettera di licenziamento possa addebitarsi al ricorrente.

Risulta infatti che, contrariamente a quanto sostenuto dal datore, il ricorrente non abbia sottratto alcuna cassetta di melograni indirizzata al datore. E’ emerso invece che il titolare della ditta OMISSIS ha regalato in data 5 novembre 2021 agli operai che si erano recati in azienda da lui una cassetta di melograni ciascuno. Né risulta il mancato rispetto degli orari di lavoro, essendo emerso dall’istruttoria che non vi fossero orari rigidi di lavoro (era importante terminare il lavoro di bonifica programmato) e che in quella occasione tutto il gruppo era dovuto tornare indietro per riprendere dei sacchi lasciati sul luogo bonificato. In ogni caso non si comprende il motivo per cui solo il ricorrente sia stato licenziato.

I testi escussi, colleghi di lavoro del ricorrente, hanno confermato che in quella occasione sono rientrati in azienda verso le ore 16 poiché, avendo dimenticato di prendere delle buste presso la ditti OMISSIS dove avevano lavorato di mattina, sono dovuti ritornare indietro dopo pranzo. Né, infine, risulta provato che OMISSIS abbia violato uno specifico ordine di servizio con riferimento al camion da portare in officina.

Infine, dall’istruttoria orale è emerso che tra il ricorrente ed il titolare della società OMISSIS i rapporti non fossero idilliaci e che spesso vi erano contrasti (v. deposizione del figlio del resistente).

Dal tenore della missiva di licenziamento, dalla genericità delle contestazioni, dalla inesistente (in fatto) ragione giustificativa invocata dal datore e dalla sua pretestuosità, oltre che dal comportamento di quest’ultimo, che senza nemmeno procedere ad una contestazione disciplinare, con un mero e infondato pretesto (sottrazione di una cassetta di melograni e un ritardo nei rientrare con il camion) ha intimato il licenziamento solo al ricorrente e non anche agli altri lavoratori che erano insieme a lui, discende la natura ritorsiva dello stesso.

Il licenziamento ritorsivo assume alla luce dei soprarichiamati principi giurisprudenziali una fisionomia definita, sicché può definirsi   che il licenziamento sia nullo ex art.   1345, c.c., quando il lavoratore riesca a dimostrare attraverso presunzioni che la finalità ritorsiva abbia costituito   il   motivo   esclusivo   e   determinante   dell’atto   espulsivo.   (v.   Cass. 17 ottobre 2018, n. 26035; Cass. 3 dicembre 2015, n. 24648; Cass. 8 agosto 2011, n.17087).

Tale prova è senz’altro può agevole per il lavoratore qualora, come nel caso in questione, la motivazione formalmente addotta a sostegno del licenziamento sia del tutto insussistente così da disvelare compiutamente l’intento ritorsivo solo dalla mera considerazione della contiguità temporale del comportamento legittimo del lavoratore ingiustamente punito dal datore.

Pertanto, appare debitamente confortato probatoriamente l’assunto di parte ricorrente sulla natura ritorsiva del licenziamento intimato dalla società resistente, alla luce delle risultanze istruttorie che fanno emergere, con sufficiente certezza, processualmente apprezzabile in questa fase a cognizione sommaria, la riconducibilità dell’intimato licenziamento a contrasti personali con il ricorrente perché persona non più gradita e non a reali comportamenti minanti il rapporto fiduciario.

Nel caso in esame la illecita volontà espulsiva emerge proprio dalla inesistente ragione giustificativa oggettiva di recesso, indicata nell’atto espulsivo con mere formule di stile oltre che dal comportamento datoriale violativo anche dell’iter procedurale.

Può dunque ritenersi raggiunta la prova circa il motivo ritorsivo del recesso: presunzioni molteplici e concordanti, rappresentate dai comportamenti e atti datoriali sopra descritti dimostrano la finalità/volontà lesiva e discriminatoria a danno del lavoratore.

In conclusione della presente fase, necessariamente sommaria, ritiene questo Giudice di poter dichiarare nullo il licenziamento intimato in quanto ritorsivo, applicando il nuovo primo comma dell’art. 18 l.n. 300/1970, con condanna alla reintegrazione “indipendentemente dal motivo formalmente addotto” ed al pagamento di una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto come indicata in ricorso e non

contestata da controparte maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione.

Le spese della presente fase del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

  • dichiara nullo il licenziamento comminato dalla società resistente nei confronti di OMISSIS in quanto ritorsivo e dispone la reintegrazione del ricorrente con medesima qualifica e la condanna della società al pagamento di una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali;
  • condanna la società resistente al pagamento delle spese della presente fase del giudizio che liquida a favore del ricorrente in € 3.500,00 oltre rimb. Forf., Iva e Cpa con
  • dichiara la presente ordinanza immediatamente esecutiva. Benevento, 11/10/2022

IL GIUDICE

Dott.ssa Marina Campidoglio