SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 6041 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Carlo Parente Zamparelli e Stefano Monti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Carlo Parente Zamparelli in Roma, via Emilia n. 81;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento,
previa sospensione,
del provvedimento M_D GMIL REG2018 0153104 dell’1.3.18, con cui si è denegato il richiamo in servizio attivo del ricorrente;
di ogni atto presupposto e conseguente, ivi compresi il provvedimento M_D GMIL REG2018 0213975 del 27.3.18 e, ove occorra, il provvedimento M_D GMIL REG2017 0626988 del 21.11.17;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2018 la dott.ssa Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Considerato che:
– con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 24 aprile 2018 e depositato il successivo 18 maggio 2018, il ricorrente – in veste di “volontario” dichiarato decaduto dalla ferma prefissata annuale nell’Esercito Italiano e, conseguentemente, non ammesso alla prima rafferma con provvedimenti in data 23 e 24 marzo 2016, impugnati con il ricorso R.G. n. 6254 del 2016, integrato da motivi aggiunti proposti avverso la successiva nota del 16 maggio 2017 di conferma della decadenza dalla ferma, oggetto di annullamento in virtù della sentenza n. 8848 del 2017 – lamenta l’illegittimità del provvedimento con cui, in riscontro all’istanza dal predetto presentata per chiedere la convocazione “per la ripresa del servizio” (giusta, tra l’altro, l’intervenuta adozione del provvedimento di “riammissione alla ferma” in data 21 novembre 2017), l’Amministrazione “denegava la richiesta” sulla base del rilievo che “la ferma contratta il 24 giugno 2014, anche se comprensiva delle due rafferme annuali, è terminata il 23 giugno 2017”;
– ai fini dell’annullamento, il ricorrente deduce i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, dolendosi – in sintesi – della violazione del principio di effettività del giudicato in ragione, tra l’altro, dell’insussistenza di sopravvenienze “se non il decorso del tempo”;
– in via subordinata, ossia per il caso in cui questo Tribunale “concordi con l’opzione interpretativa del Ministero”, il ricorrente “formula istanza per la corresponsione di tutti gli stipendi non percepiti dalla data di notifica della decadenza (25 marzo 2016), sino al 23 giugno 2017”;
– con atto depositato in data 5 luglio 2018 si è costituito il Ministero della Difesa;
– il successivo 2 ottobre 2018 il ricorrente ha prodotto “domanda di misure cautelari”, motivata con l’esigenza “di conoscere quanto prima quale debba essere il proprio futuro lavorativo”;
– in data 20 ottobre 2018 il Ministero della Difesa ha prodotto documenti;
– alla camera di consiglio del 24 ottobre 2018 – previa verifica dalla completezza dell’istruttoria e del contraddittorio nonché sentite le parti sul punto, ai sensi dell’art. 60 c.pr.amm. – il ricorso è stato trattenuto in decisione;
Ritenuto che il ricorso debba essere accolto ai sensi e nei limiti di seguito indicati:
– come si trae dalla narrativa che precede, il ricorrente propone – in via principale – azione di annullamento avverso il provvedimento di diniego di riammissione in servizio e dei relativi atti ad esso connessi (ossia, la nota dell’Amministrazione del 21 novembre 2017, di riammissione alla ferma prefissata di un anno “con decorrenza giuridica e amministrativa 24 giugno 2014”, e l’ulteriore nota del 27 marzo 2018, afferente la “rafferma” e, in particolare, il riacquisto di efficacia della stessa);
– tenuto conto dei rilievi formulati dal ricorrente, incentrati sulla violazione del principio di effettività del giudicato, sussistono, peraltro, validi motivi per affermare che il ricorrente propone sostanzialmente un’azione volta all’ottemperanza della sentenza n. 8848/2017 di questo Tribunale, di annullamento dei provvedimenti impugnati in precedenza adottati dall’Amministrazione, concernenti la decadenza del predetto dalla ferma e il connesso annullamento in autotutela dell’ammissione alla prima rafferma;
– in altri termini, non appare che possa essere messo in discussione come la problematica prospettata investa – in definitiva – gli effetti conformativi derivanti dal decisum della sentenza in trattazione, statuente l’illegittimità dell’interruzione di un rapporto che – seppure connotato da una durata precisa e temporalmente limitata – è comunque definibile “di impiego”;
– in ragione di quanto in precedenza riportato, il Collegio – in stretta aderenza, peraltro, a precedenti giurisprudenziali in materia, da cui non ravvisa motivi per discostarsi (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. IV, 9 dicembre 2010, n. 8657; C.d.S., Sez. IV, 9 febbraio 2016, n. 528) – riscontra validi elementi per affermare che, in casi del genere di quello di cui si discute, la restitutio in integrum non impone affatto la riammissione in servizio dell’interessato in epoca successiva a quella che connotava il rapporto in origine instaurato, come – per contro – preteso dal ricorrente, bensì comporta la mera ricostruzione sia a fini giuridici che economici del rapporto, secondo le modalità e i tempi che caratterizzavano lo stesso (atta – di per sé – a concretizzare l’effetto conformativo del giudicato, da intendere in termini di ricostruzione della carriera dell’interessato come se l’episodio interruttivo non si fosse mai verificato – cfr. C.d.S., 5 aprile 2018, n. 2114);
– stante quanto in precedenza riportato e, dunque, preso atto del rilievo che la restitutio in integrum trova valida concretizzazione in virtù del ripristino dei rapporti sussistenti in epoca antecedente all’adozione dei provvedimenti in seguito riconosciuti illegittimi e, quindi annullati (e non si presta, dunque, in alcun modo a comportare una modificazione di quest’ultimi, specie sotto l’aspetto della durata temporale), sussistono validi motivi per riconoscere la legittimità del provvedimento di diniego di riammissione in servizio e degli atti ad esso connessi, in precedenza indicati, e, nel contempo, per accogliere la domanda, proposta dal ricorrente in via subordinata, afferente la corresponsione delle competenze retributive relative al periodo di illegittima interruzione del rapporto, seppure con una decorrenza temporale differente da quella dal predetto indicata, ossia limitatamente al periodo “25 marzo 2016-23 giugno 2016” (e non “25 marzo 2016-23 giugno 2017”, atteso che l’ammissione alla seconda rafferma, su cui si fonda l’indicazione temporale riportata nel ricorso, costituisce e, dunque, deve essere coerentemente intesa come una circostanza meramente eventuale, in linea con il disposto dell’art. 954, comma 1, C.O.M.);
Ritenuto, in conclusione, che:
– la domanda di annullamento debba essere respinta;
– la domanda formulata “in subordine” sia meritevole di essere accolta e, per l’effetto, debba essere disposta la condanna del Ministero della Difesa a corrispondere al ricorrente gli emolumenti al predetto spettanti dal 25 marzo 2016 al 23 giugno 2016, data di scadenza della rafferma, oltre interessi legali;
Ritenuto, peraltro, che – in ragione della reciproca soccombenza tra le parti – sussistano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 6041/2018, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, condanna il Ministero della Difesa a corrispondere al ricorrente gli emolumenti al predetto spettanti dal 25 marzo 2016, data di interruzione del servizio, al 23 giugno 2016, data di scadenza della rafferma, oltre interessi legali.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8, D.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.