SENTENZA
ex articoli 60 e 74 del Decreto legislativo n. 104/2010,
sul ricorso numero di registro generale 8633 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso Giovanni Carlo Parente in Roma, via Emilia, 81;
contro
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege presso i suoi studi in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– del provvedimento 27 luglio 2010, n. GDAP 0316273-2010, recante rigetto di istanza di distacco;
– del provvedimento 6 agosto 2010 n. GDAP 0 330044-2010, parimenti recante rigetto di istanza di distacco.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2010, la dott.ssa Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l’articolo 60, comma 1, del D.Lgs. 2.7.2010, n. 104, che facoltizza il Tribunale amministrativo regionale a definire il giudizio nel merito, con sentenza in forma semplificata, in sede di decisione della domanda cautelare, una volta verificato che siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso ed accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;
Rilevato:
che nella specie il presente giudizio può essere definito con decisione in forma semplificata, ai sensi del menzionato art. 60, comma 1, del D.Lgs. n. 104/2010, stante la completezza del contraddittorio e della documentazione di causa;
che al riguardo sono state sentite le parti costituite;
Rilevato:
che con il presente gravame s’impugnano i provvedimenti con cui si nega l’assegnazione temporanea, richiesta dal ricorrente, ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. n. 254/1999, per poter assistere suo padre, che ha subito un intervento di atroprotesi al ginocchio;
che la menzionata disposizione prevede che “l’Amministrazione, valutate le esigenze di servizio, può concedere al personale che ne abbia fatto domanda, per gravissimi motivi di carattere familiare (…) adeguatamente documentati, l’assegnazione anche in sovrannumero all’organico in altra sede di servizio per un periodo non superiore a sessanta giorni, rinnovabile”;
Considerato:
che, in base a quanto previsto dalla richiamata disposizione normativa, l’Amministrazione deve valutare le istanze prodotte dal personale dipendente e, ove ciò sia compatibile con le esigenze di servizio, consentirne l’assegnazione in parola, anche in sovrannumero, qualora ravvisi la sussistenza di gravissimi motivi, per quanto qui interessa, di carattere familiare, di natura temporanea;
che nella specie non risulta essere stata eseguita detta valutazione, in quanto, a fondamento del diniego qui gravato, essa rileva che detto beneficio può essere concesso solo quando le situazioni allegate siano momentanee;
che, infatti, pur essendo entrambi i genitori del ricorrenti affetti da malattie di carattere non temporaneo, l’evento che lo ha determinato a chiedere il beneficio de quo ha una durata circoscritta, essendo rappresentato dall’intervento chirurgico di atroprotesi al ginocchio, subito da suo padre, il quale eccezionalmente richiedeva una sua presenza ed assistenza molto più pregnanti, non potendo neppure essere demandata ad altri, in quanto figlio unico;
Ritenuto:
che, pertanto, i provvedimenti siano inficiati da carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e da errore sui presupposti, che hanno comportato la violazione della norma qui conferente, sopra richiamata, nonché da difetto di motivazione, essendo quella apposta generica e stereotipata;
che il ricorso debba essere accolto, perché fondato, ed il provvedimento impugnato annullato, fatte salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione, che tengano, tuttavia, conto delle considerazioni espresse in questa sede;
che, con riguardo alle spese, ai diritti ed agli onorari, essi seguano la soccombenza, ponendosi a carico dell’Amministrazione resistente, e debbano liquidarsi come in dispositivo;
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’Amministrazione alle spese di giudizio, forfetariamente quantificate in € 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.