SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3130 del 2011, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Carlo Parente Zamparelli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Giustizia – Dap non costituito in giudizio;
Per l’annullamento del decreto datato 15 dicembre 2010, notificato il successivo 3 febbraio 2011, con cui la Direzione Generale del Personale e della Formazione ha determinato che “L’infermità: «-OMISSIS-» da cui è stata riconosciuta affetta (…) non è dipendente da causa di servizio” ed il relativo atto presupposto, ovvero il parere 23008/2009, reso nella adunanza n. 14/2010 del 25 febbraio 2010, con cui il Comitato di Verifica per le cause di servizio aveva deliberato il rigetto del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, in ordine alla patologia da cui è affetta la ricorrente
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 30 ottobre 2020 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’atto introduttivo dell’odierno giudizio, notificato in data 14 marzo 2011 e depositato il successivo 13 aprile, la ricorrente in epigrafe indicata ha impugnato il decreto datato 15 dicembre 2010, notificato il successivo 3 febbraio 2011, con cui la Direzione Generale del Personale e della Formazione ha determinato che “L’infermità: «-OMISSIS-» da cui è stata riconosciuta affetta (…) non è dipendente da causa di servizio” ed il relativo atto presupposto, ovvero il parere 23008/2009, reso nella adunanza n. 14/2010 del 25 febbraio 2010, con cui il Comitato di Verifica per le cause di servizio aveva deliberato il rigetto del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, in ordine alla patologia da cui è affetta la ricorrente.
1.1. Ha altresì richiesto la condanna della resistente Amministrazione al versamento, in suo favore, della somma dovuta a titolo di equo indennizzo, liquidata nella misura prescritta dalle vigenti tabelle in relazione alla accertata categoria di menomazione dell’integrità psico – fisica.
2. A sostegno del gravame la ricorrente assume in punto di fatto di essersi arruolata nel Corpo di Polizia Penitenziaria nel 1993. Dal 1996 era assegnata alla C.C. di Roma – -OMISSIS-, ove era stata impiegata in ogni tipo di servizio: colloqui, piantonamenti, area trattamentale.
Per molti anni era stata adibita in modo intensivo al servizio a turni e, soprattutto, ai turni notturni.
Il tipo di servizio svolto e in particolar modo l’eccessiva attribuzione di servizi in orario notturno erano stati fonte di stress e di ansia.
Pertanto nel 2007 si rivolgeva ad uno psichiatra, il quale gli diagnosticava un “-OMISSIS-“. Nel dicembre del 2008 la C.M.O. di Roma la giudicava permanentemente inidonea al servizio di istituto per “-OMISSIS-”.
Nel corso del 2008 chiedeva pertanto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità «-OMISSIS-».
Nonostante nella prospettazione attorea vi fosse un chiaro legame con gli eventi verificatisi in ambiente di lavoro, il Comitato di Verifica negava la dipendenza con i fatti di servizio, determinando la automatica reiezione, con l’impugnato provvedimento, dell’istanza di riconoscimento di causa di servizio da parte del Ministero della Giustizia e pertanto della corresponsione dell’equo indennizzo.
3.Ciò posto in punto di fatto, la ricorrente ha articolato, in un unico motivo di ricorso, le seguenti censure avverso gli atti oggetto di impugnativa:
ECCESSO DI POTERE. VIOLAZIONE DEL D.P.R. N. 461/2001. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 241/1990. VIOLAZIONE DELL’ART. 48 DEL D.P.R. N. 686/1957; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 58 DEL D.P.R. N. 686/1957; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 64 DEL D.P.R. N. 1092/1973; ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI DI FATTO. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI CORRETTEZZA DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA; CARENZA DELLA MOTIVAZIONE; ILLOGICITA’ ED INGIUSTIZIA MANIFESTE.
La ricorrente assume il difetto di istruttoria e di motivazione del gravato provvedimento e del parere reso dal Comitato di Verifica e la connessa violazione della normativa in materia, sulla base del rilievo che la resistente Amministrazione ben conosceva le sue vicende di servizio, laddove la stessa si era limitata a recepire acriticamente il parere negativo emesso dal Comitato di Verifica. Infatti sebbene, ai sensi dell’art. 14, comma 1, D.P.R. 461/2001, l’Amministrazione si debba pronunciare sull’istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della infermità lamentata su conforme parere del Comitato di Verifica, la stessa prima di fare proprio il parere (obbligatorio ma non vincolante) reso dal Comitato, è tenuta sempre a valutare se questo tenga conto delle ragioni espresse dall’istante e dai medici specialisti di parte e, ove ritenga di non condividerle, provveda in modo compiuto e ragionevole alla loro confutazione.
Inoltre, secondo la ricorrente, il parere del Comitato, per poter adeguatamente sostenere la determinazione negativa dell’Amministrazione, deve essere reso sulla base di una esauriente e completa istruttoria e non deve essere affetto da vizi logici o da palese travisamento dei fatti.
Pertanto l’Amministrazione non può limitarsi a concludere il procedimento rinviando per relationem al parere del Comitato, senza prima verificare che quest’ultimo sia stato reso sulla base di una completa istruttoria e non sia affetto da macroscopici vizi logici o da evidente travisamento dei fatti.
Nel caso in esame, secondo la ricorrente, il provvedimento emanato dall’Amministrazione penitenziaria sarebbe illegittimo sia per aver recepito il parere del Comitato, senza compiere alcuna attività di verifica e controllo sulla regolarità dello stesso, sia per illegittimità derivata, in quanto si fonderebbe su un parere affetto da difetto assoluto di istruttoria, palese travisamento dei fatti ed illogicità della motivazione, con conseguente palese violazione di legge.
La ricorrente assume in particolare che il parere negativo espresso dal Comitato aveva completamente trascurato e minimizzato la possibile incidenza concausale delle condizioni di lavoro e delle specifiche situazioni di disagio e di stress psico-fisico a cui era stata sottoposta per oltre un decennio in cui aveva lavorato alle dipendenze del Ministero della Giustizia in qualità di operatore del Corpo di P.P., limitandosi ad affermare che “l’infermità «-OMISSIS-» non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, in quanto trattasi di forma di nevrosi che si estrinseca con disturbi della somatizzazione attraverso i canali neuro-vegetativi, scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su personalità predisposta. Non rinvenendosi nel caso di specie documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo.”.
La ricorrente assume in particolare la superficialità del parere del Comitato di Verifica nel momento in cui aveva negato che il servizio prestato fosse stato concausa della patologia della ricorrente, pur ammettendo che la patologia in questione possa essere scatenata da situazioni contingenti che si innestano su personalità predisposte; ciò in particolare avuto riguardo alla sua vicenda lavorativa, a suo dire costituente un indubbio fattore concausale ed efficiente nel determinismo della malattia.
Nel caso di specie esisterebbe – e sarebbe documentato – a dire della ricorrente, il fattore contingente cui si riferisce lo stesso Comitato.
Come aveva certificato la C.M.O., la patologia ha natura endoreattiva, ovvero sarebbe insorta come reazione ad eventi fortemente stressanti, collegati al lavoro svolto.
Tra l’altro, mai prima di allora la ricorrente aveva manifestato siffatto tipo di patologia.
Sarebbe pertanto evidente, nella prospettazione attorea, che i fatti contingenti di servizio avevano costituito fattore scatenante di una situazione fino a quel momento tenuta sotto controllo.
4. L’amministrazione resistente non si è costituita, nonostante la ritualità della notifica del ricorso.
5. In vista della celebrazione dell’udienza di discussione la ricorrente ha depositato, nei termini di rito, ex art. 73 comma 1 c.p.a., ovvero in data 14 settembre 2020, documenti e memoria difensiva, rappresentando che il difetto di istruttoria e di motivazione degli atti gravati, già censurati con il ricorso introduttivo sarebbe stato confermato dalla documentazione avuta in riscontro alla presentazione dell’istanza di accesso agli atti, avendo all’esito della stessa, appreso che, come documentato negli atti contestualmente depositati, il rapporto informativo per l’istanza di riconoscimento dell’infermità contratta in servizio e/o per causa di esso, era stato redatto dall’Istituto presso cui la ricorrente prestava servizio solamente il 16 aprile 2011, ben un anno dopo l’emanazione degli atti gravati.
Pertanto risulterebbe provato che il rapporto informativo, che avrebbe dovuto supportare il parere del Comitato di Verifica, era stato emanato quando quest’ultimo aveva già prodotto i propri effetti.
L’Amministrazione, conscia della delicata situazione della ricorrente, avrebbe pertanto dovuto discostarsi dal viziato parere; il provvedimento emanato dal DAP sarebbe dunque illegittimo sia per aver recepito il parere del Comitato, senza compiere alcuna attività di verifica e controllo sulla regolarità dello stesso, sia per illegittimità derivata, in quanto fondato su un parere affetto da difetto assoluto di istruttoria, palese travisamento dei fatti ed illogicità della motivazione.
6. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica, fissata per lo smaltimento dell’arretrato del 30 ottobre 2020.
7. Ciò posto, nell’esaminare il ricorso e le connesse censure, preliminarmente giova ricordare – anche ai fini dell’applicazione della disciplina processuale relativa all’onere di formulazione dei motivi di gravame e della valutazione dell’ammissibilità delle domande proposte – che il giudizio instaurato innanzi al G.A. per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una malattia o di una menomazione fisica, così come anche quello volto alla liquidazione di un equo indennizzo per le stesse, si configura come impugnatorio, essendo la posizione del dipendente di interesse legittimo; mentre una posizione di diritto soggettivo sorge solo una volta che ne sia avvenuto il riconoscimento ad opera della P.A. (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 07 settembre 2010, n. 17330 ;Cons. di Stato sez. VI, n° 4621 del 23.9.2009; Cons. di Stato sez. VI, n° 4368 dell’8.7.2009; Cons. di Stato sez. VI, n° 5293 del 24.10.2008; Cons. di Stato sez. IV, n° 3914 del 10.7.2007; Cons. di Stato sez. IV, n° 3769 del 27.6.2007; T.A.R. Liguria n° 802 del 3.6.2005; T.A.R. Lazio-Roma n° 3093 del 26.4.2005; T.A.R. Lazio-Roma n° 12056 del 29.10.2004; T.A.R. Campania-Salerno n° 224 del 27.3.2003).
7.1 Pertanto la domanda di parte ricorrente, formulata nelle conclusioni del ricorso, relativa alla condanna della resistente Amministrazione alla corresponsione delle somme dovute per l’equo indennizzo – che presuppone l’accertamento della dipendenza da causa di servizio dalla patologia indicata – va dichiarata inammissibile (ex multis Consiglio di Stato Sez. III, Sentenza n. 1296 del 07/03/2012 secondo cui “È inammissibile l’azione di accertamento alla spettanza dell’equo indennizzo presupponendo detta azione la titolarità, da parte del soggetto che la propone, di una posizione di diritto soggettivo che non è ravvisabile nella controversia avente ad oggetto il diniego di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio ovvero di liquidazione dell’equo indennizzo atteso che la posizione giuridica da riconoscere al pubblico dipendente nelle suddette vicende contenziose è quella del titolare dell’interesse legittimo, disponendo l’amministrazione di poteri autoritativi e discrezionali proprio in ragione della particolare natura indennitaria dell’emolumento, e non di un diritto soggettivo che si configura solo allorché il relativo procedimento si sia positivamente concluso, e con riferimento quindi non all’an, ma alla corretta liquidazione del quantum effettivamente dovuto”).
7.2. In tale ottica non può essere accolta neanche la richiesta di parte ricorrente relativa all’espletamento di CTU o verificazione, laddove volta, come nell’ipotesi di specie, all’accertamento della dipendenza della causa di servizio della indicata patologia e non alla valutazione dell’illegittimità degli atti gravati, riscontrabile peraltro, secondo quanto di seguito precisato, dal lamentato difetto di istruttoria e di motivazione.
8. Ciò posto, le censure proposte sotto il profilo impugnatorio con il ricorso, in quanto fondate sulla violazione del D.P.R. 461/01 e sul difetto di istruttoria e di motivazione, possono essere esaminate congiuntamente.
8.1 Giova premettere che nel sistema delineato dal D.P.R. 461/01 – applicabile ratione temporis alla fattispecie di cui è causa – il Comitato di Verifica per le cause di servizio (corrispondente all’ex C.P.P.O.) è l’unico organo competente, ai sensi dell’art. 11, d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 – Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio – ad esprimere un giudizio circa il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio.
8.2 In tale ottica si è precisato in giurisprudenza che in sede di liquidazione dell’equo indennizzo, l’autorità decidente, in presenza di pareri medico – legali di segno opposto sulla dipendenza da causa di servizio dell’infermità contratta o della lesione sofferta dal pubblico dipendente, civile o militare che sia, non ha alcun obbligo di indicare le ragioni dell’opzione per quello reso dal Comitato di Verifica, atteso che il d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 non solo attribuisce a detto organo competenza esclusiva nella materia de qua, ma impone all’organo di amministrazione attiva di conformarsi al parere da esso reso e di assumerlo come motivazione dell’adottando provvedimento, sia esso di accoglimento che di rigetto (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 07 settembre 2010, n. 17330; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 10 maggio 2010, n. 10480; T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 25 marzo 2010, n. 92; Cons. di Stato sez. IV, n° 3911 del 10.7.2007).
Infatti, compito della Commissione Medica Ospedaliera è solo la diagnosi sull’infermità, l’indicazione della categoria, il giudizio di idoneità al servizio, mentre spetta al Comitato di verifica accertare la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione, e pronunciarsi con parere motivato sulla dipendenza dell’infermità o lesione da causa di servizio (T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 16 maggio 2009 , n. 222).
Si è del pari chiarito che ai sensi del combinato disposto degli art. 11 e 14, d.P.R. n. 461 del 2001, il parere del Comitato di Verifica delle cause di servizio si impone, nel suo contenuto tecnico – discrezionale, all’Amministrazione, la quale, nell’adottare il provvedimento finale, deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non ad attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico, essendo tenuta ad esprimere una specifica motivazione solamente nei casi in cui – in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazione delle regole procedimentali – ritenga di non potere aderire al parere del Comitato anzidetto. In altre parole, l’Amministrazione deve conformarsi al suddetto parere, al quale può senz’altro rinviare “per relationem” e, solo ove ritenga di non poterlo fare, certamente per ragioni non di tipo tecnico e che deve in ogni caso esplicitare, può chiedere un ulteriore parere; nessuna particolare motivazione deve, invece, assicurare nel provvedimento, laddove aderisca a tale parere (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 10 maggio 2010 , n. 10480; in senso analogo Consiglio Stato , sez. VI, 31 marzo 2009 , n. 1889).
In tale ottica si è precisato che “al G.A. è precluso ogni sindacato in ordine al merito dell’attività tecnico-discrezionale a base dei provvedimenti concernenti il riconoscimento del diritto all’equo indennizzo, dovendo l’indagine del G.A. limitarsi ad accertare la sussistenza di un completo “iter” istruttorio da cui emerga il pieno apprezzamento di tutti i presupposti di fatto, quali elementi attinenti ai requisiti di legittimità dei conseguenti provvedimenti amministrativi. Pertanto, ai fini di un legittimo riconoscimento, o meno, della dipendenza da causa di servizio delle infermità denunciate dai pubblici dipendenti, deve emergere nel contesto motivazionale del relativo provvedimento, sia pure “per relationem” con il richiamo dei pareri medici presupposti, l’accertamento del predetto nesso di causalità con l’attività lavorativa, in termini non presuntivi o generici, bensì specifici, con riferimento al ruolo, quantomeno concausale, della prestazione determinante la genesi o l’aggravamento dell’infermità riscontrata” (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 ottobre 2006, n. 9867; in senso analogo T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 03 settembre 2010, n. 10718 secondo cui “Il giudizio espresso dal Comitato di Verifica, nell’ambito delle sue esclusive competenze, ha poi carattere di discrezionalità tecnica, in quanto tale non sindacabile nel merito e censurabile per eccesso di potere solo in caso di assenza di motivazione, manifesta irragionevolezza sulla valutazione dei fatti o mancata considerazione della sussistenza di circostanze di fatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva”).
Pertanto nell’eventuale fase dell’impugnazione giurisdizionale davanti al giudice amministrativo, i pareri del C.V.C.S. – espressione di un potere autoritativo – sono sindacabili solo per travisamento di fatti o manifesta illogicità, non potendo il giudice amministrativo sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dalle competenti autorità, in sede amministrativa (Cons. Stato, Sez. Sez. IV, 17 giugno 2019, n. 4027; IV, 25 marzo 2019, n. 1952; Sez. IV, 25 febbraio 2019, n. 1297; Sez. III, 4 settembre 2013, n. 4426; Sez. III, 18 aprile 2013, n. 2195; Sez. III, 23 maggio 2013, n. 2806; Sez. VI, 18 agosto 2009 n. 4955; T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, 16/11/2018, n. 6637 secondo cui “In tema di accertamento delle cause di servizio, il sindacato giurisdizionale esercitabile sulle valutazioni tecniche degli organi medico-legali circa la dipendenza da causa di servizio è limitato ai soli profili di irragionevolezza, illogicità e travisamento dei fatti, oltre alla generale verifica dell’attendibilità delle operazioni tecniche compiute quanto a correttezza dei criteri utilizzati e applicati. Pertanto al giudice amministrativo spetta una valutazione esterna di congruità relativa alla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, rappresentando l’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta e i fatti di servizio un tipico esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo a ciò preposto dalla legge. Il sindacato del giudice, in altri termini, deve arrestarsi qualora l’operato dell’Amministrazione non presenti indizi di manifesta irragionevolezza, arbitrarietà e travisamento dei fatti, e non siano criticabili i criteri tecnici impiegati, non essendo ammesso che il giudice sostituisca con proprie valutazioni le valutazioni tecniche opinabili, ma non irragionevoli, espresse dall’Amministrazione”).
9. Poste queste premesse, va evidenziato come nell’ipotesi di specie dalla documentazione prodotta in atti, in vista della discussione del ricorso, risultino fondate la censure di difetto di istruttoria e conseguentemente di motivazione.
9.1. Ed invero l’Amministrazione può senz’altro limitarsi a rinviare al parere reso dal competente Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, ma ciò presuppone che la P.A. abbia del canto suo condotto l’istruttoria in maniera adeguata e trasmesso al Comitato di Verifica per le Cause di Servizio tutti gli atti rilevanti ai fini della decisione, secondo quanto statuito dall’art. 7 del D.P.R. 461/2001 secondo cui “Entro trenta giorni dalla ricezione del verbale della Commissione, l’ufficio competente ad emettere il provvedimento finale invia al Comitato, oltre al verbale stesso, una relazione nella quale sono riassunti gli elementi informativi disponibili, relativi al nesso causale tra l’infermità o lesione e l’attività di servizio, nonché l’eventuale documentazione prodotta dall’interessato”.
9.2. Nell’ipotesi di specie per contro si deve ritenere che il giudizio espresso dal Comitato di Verifica per la Cause di Servizio sia stato all’evidenza fondato su una valutazione in merito all’accertamento del predetto nesso di causalità con l’attività lavorativa – da esprimersi, secondo l’indicato giurisprudenza (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 ottobre 2006 , n. 9867 cit.) in termini non presuntivi o generici, bensì specifici, con riferimento al ruolo, quantomeno concausale, della prestazione determinante la genesi o l’aggravamento dell’infermità riscontrata – basata su un’istruttoria carente, come dimostrato dalla circostanza che il Comitato di Verifica non abbia in astratto negato il ruolo concausale dei fattori di servizio, ma lo abbia escluso in concreto, avendo riguardo a quanto risultante dagli atti, da ritenersi peraltro incompleti in quanto, come risulta ex actis, il rapporto informativo, ovvero l’atto principale da prendersi in esame, ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 461/2001, da parte del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, è stato trasmesso al medesimo Comitato non solo dopo l’espressione del parere medesimo, ma anche dopo l’adozione da parte del Ministero della Giustizia del decreto che – in recepimento al parere reso dal Comitato – ha rigettato la richiesta di riconoscimento dell’equo indennizzo.
Per contro il Ministero avrebbe dovuto verificare, prima di uniformarsi al parere del Comitato, che lo stesso fosse stato reso sulla base di una compiuta istruttoria e pertanto avrebbe dovuto richiedere un nuovo parere provvedendo alla trasmissione – non tempestivamente avvenuta – del Rapporto informativo.
10. In conclusione il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del decreto di diniego e del presupposto parere reso dal Comitato di Verifica.
11. Ne consegue che l’Amministrazione dovrà pronunciarsi sull’istanza prodotta da parte ricorrente, chiedendo un nuovo parere al Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, ai sensi del disposto dell’art. 14 D.P.R. 461/2001, il quale dovrà valutare tutti i presupposti di fatto rilevanti per la decisione e in particolare il Rapporto informativo del 16 aprile 2011.
12. Al riguardo va ricordato, secondo quanto già evidenziato in premessa, che la domanda di accertamento del diritto del ricorrente al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e dei conseguenti benefici di legge, è da considerarsi inammissibile, con la conseguenza che sull’istanza presentata dalla ricorrente deve comunque pronunciarsi l’Amministrazione.
12.1. Infatti. vertendosi in tema di sindacato della discrezionalità tecnica, e non essendo consentito al giudice di sostituirsi all’Amministrazione, con una rinnovazione del giudizio di spettanza dell’Amministrazione, neanche con il ricorso alla C.T.U., non è consentito in questa sede l’accertamento dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di servizio e del conseguente diritto alla riscossione dell’equo indennizzo (secondo quanto del resto ritenuto nella nota sentenza del Consiglio di Stato n. 601/1999, che pure ha riconosciuto per la prima volta la sindacabilità della discrezionalità tecnica, non consentendo peraltro un sindacato sostitutivo del giudice fondato sulla semplice opinabilità del giudizio reso dall’Amministrazione).
13. Le questioni esaminate pertanto esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati presi in considerazione tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ. sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ. sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).
14. Sussistono peraltro particolari ragioni, in considerazione della materia trattata e delle motivazioni poste a base della decisione, per la compensazione integrale delle spese di lite fra la parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla gli atti in epigrafe indicati.
Compensa le spese di lite fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.