menu

Risarcimento danni e restitutio in integrum

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 244 del 2013, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Carlo Parente Zamparelli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilia, 81;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’accertamento del diritto del ricorrente alla restitutio in integrum ai fini giuridici ed economici alla data dell’illegittima esclusione dal concorso pubblico per titoli ed esami a complessivi 500 posti di allievo agente di polizia penitenziaria maschile – risarcimento danni

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 23 aprile 2021 la dott.ssa Lucia Gizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente notificato, OMISSIS adiva questo Tribunale per sentir accertare il suo diritto alla restitutio in integrum ai fini giuridici ed economici a far data dall’esclusione dal concorso a 500 posti di allievo agente di Polizia Penitenziaria, indetto il 29.10.2010, e condannare il Ministero della Giustizia al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

Il ricorrente premetteva che, all’esito degli accertamenti psico-fisici del 25.7.2011, veniva escluso dal concorso in questione. Con sentenza n. 7397 del 2012, il Tar Lazio, Roma, annullava la sua esclusione e lo ammetteva alla prosecuzione dell’iter concorsuale, che egli superava, divenendo agente del Corpo di Polizia Penitenziaria.

Tuttavia, mentre i colleghi che lo precedevano e seguivano in graduatoria erano assunti con decorrenza giuridica 28.12.2011, egli veniva inserito in graduatoria con la posizione 677 bis con il punteggio 8,475, solamente con decreto del 14.12.2012.

Il ricorrente chiedeva, pertanto, la retrodatazione dell’assunzione a fini giuridici al 28.12.2011 e il risarcimento del danno, pari al 50% delle retribuzioni che non ha percepito, ossia dalla retrodatazione giuridica dell’assunzione alla decorrenza economica di essa.

Si costituiva in giudizio il Ministero della giustizia.

All’udienza del 13.4.2021, previo deposito di memorie difensive, la causa veniva trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è fondato e, pertanto, merita accoglimento.

Dalla nota del Ministero della Giustizia depositata in atti il 9.3.2021 risulta che il ricorrente è stato inserito in graduatoria con la posizione 677 bis e con il punteggio 8,475 con decreto del 14.12.2012 e che i due colleghi che lo precedono e i due colleghi che lo seguono in graduatoria sono stati assunti con decorrenza giuridica 28.12.2011.

Pertanto, risulta fondata la domanda del ricorrente là dove chiede la corretta decorrenza giuridica dell’assunzione in servizio e il risarcimento del danno da mancato arruolamento.

Peraltro egli non ha diritto a ottenere la ricostruzione della carriera in quanto, per costante giurisprudenza (Cons. Stato n. 3738 del 2020; n. 4651 del 2014; n. 3254 del 2017; n. 1095, n. 2114 e n. 1618 del 2018):

a) l’istituto della ricostruzione della carriera (sotto il profilo economico e giuridico) è applicabile solo nei casi di illegittima sospensione o interruzione di un rapporto di impiego già in corso: in tali ipotesi, qualora l’atto di sospensione od interruzione venga dichiarato illegittimo, l’interessato ha diritto a che la propria carriera, indebitamente arrestata o tout court troncata, venga ricostruita come se l’episodio sospensivo od interruttivo non vi sia mai stato;

b) nella diversa fattispecie di ritardata illegittima costituzione del rapporto di impiego, viceversa, non può ontologicamente darsi ricostruzione, stante la mancanza a monte di un rapporto da ricostruire mediante l’espunzione dell’evento sospensivo od interruttivo: la tutela della posizione ordinamentale del soggetto leso viene, dunque, assicurata tramite la retrodatazione giuridica della nomina, la cui decorrenza viene fissata ex tunc. Tale accorgimento, costituente uno strumento reintegratorio di carattere generale nei casi di ritardata costituzione di rapporto d’impiego a seguito di condotta illegittima dell’Amministrazione, consente all’interessato non solo di essere ammesso ai pubblici impieghi, ma di risultare alle dipendenze dell’Amministrazione a far data dal momento in cui avrebbe dovuto esserlo, con le conseguenti, vantaggiose ricadute in ordine sia all’anzianità assoluta nella qualifica, sia alla misura della retribuzione, maggiorata dei corrispondenti scatti di anzianità.

Di conseguenza, il ricorrente:

a) ha diritto alla retrodatazione giuridica della nomina di modo che questa coincida con la data della nomina dei due concorrenti che lo precedono e dei due che lo seguono nella graduatoria finale;

b) in termini economici, ha diritto al risarcimento del danno sofferto. Sussistono infatti i presupposti della responsabilità aquiliana: il danno ingiusto, la colpa dell’Amministrazione e il relativo nesso causale. Quanto all’elemento soggettivo, per costante giurisprudenza al privato è sufficiente allegare l’illegittimità dell’atto (nella specie accertata con la sentenza n. 7397 del 2012 di questo Tribunale), mentre sull’Amministrazione grava la prova di dimostrare la scusabilità del proprio comportamento (Cons. Stato, n. 3738 del 2020; n. 5907 del 2019; n. 2197 del 2018; n. 5317). Il che non è avvenuto.

Quanto al danno patrimoniale, questo non può corrispondere all’ammontare della retribuzione non percepita nel periodo considerato, poiché la retribuzione si pone in rapporto sinallagmatico con una prestazione di lavoro che non è stata svolta. Esso va invece liquidato secondo equità, a norma degli artt. 2016 e 1226 c.c., e – in linea con un diffuso e condivisibile orientamento (Cons. Stato, n. 3738 del 2020) – quantificato in una somma corrispondente al 50% della retribuzione fissa che sarebbe spettata all’interessato dalla data della decorrenza economica, cui avrebbe avuto diritto (secondo il ricorrente, il 28.12.2011), a quella che gli è stata invece riconosciuta, con esclusione della parte variabile della retribuzione e delle altre somme che possa avere percepito nel corso del periodo considerato, come sarà onere dell’Amministrazione accertare (Cons. Stato, n. 3738 del 2020; n. 100 del 2017).

Sulla somma così quantificata dovranno poi essere computati sia la rivalutazione monetaria che gli interessi legali.

Infatti, l’obbligazione di risarcimento del danno ha natura di debito di valore, con la conseguenza che la somma a tal fine liquidata deve essere ragguagliata, secondo gli indici ISTAT, ai valori monetari correnti alla data in cui è compiuta la liquidazione giudiziale.

Sulla stessa vanno poi considerati gli interessi legali dalla data dell’illecito (ovvero, nel caso di specie, dal momento della decorrenza economica cui l’appellante avrebbe avuto diritto). Essi vanno computati non già sulla complessiva somma rivalutata bensì su quella originaria rivalutata anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria.

L’Amministrazione provvederà a regolarizzare la posizione contributiva e previdenziale dell’appellante.

Quanto al danno non patrimoniale, questo è dedotto genericamente e non è stato dimostrato. Pertanto la relativa domanda non può essere accolta.

In conclusione, il ricorso è fondato nei termini che precedono e in questi termini va accolto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.

Condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 1500,00, oltre iva e cpa come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.12