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Decreto espulsione da corso di formazione Polizia Penitenziaria (destituzione) e graduatoria di merito finale

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5467 del 2020, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Monti, Giovanni Carlo Parente Zamparelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Carlo Parente Zamparelli in Roma, via Emilia, 81;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Sebastiano Siracusa, Angelo Ventura non costituiti in giudizio;

per l’annullamento del decreto di espulsione notificato il 4 maggio 2020; della graduatoria di merito degli esami finali del 177° Corso di P.P.; della nota del 29 aprile 2020 n. 2841; del rapporto disciplinare redatto il 23 aprile 2020; della nota n. 2316 del 20 aprile 2020 e della nota GDAP 0114412.0 del 7 aprile 2020.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 marzo 2021 la dott.ssa Lucia Gizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.Con ricorso ritualmente notificato, OMISSIS impugnava il decreto del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direttore Generale del Personale e delle Risorse, del 30.4.2020, di espulsione del ricorrente dal 177° corso di formazione per allievi agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria, che frequentava in Roma, Via di Brava; nonché la graduatoria di merito – ruolo maschile – degli esami finali del medesimo corso.

2. Il ricorrente premetteva che aveva superato il concorso per l’assunzione di 197 allievi agenti del corpo di Polizia Penitenziaria ed era stato ammesso alla frequenza del corso di formazione di nomina ad agente di polizia penitenziaria, che ha avuto inizio in data 16.9.2019, presso la Scuola di formazione “Giovanni Falcone”, in Roma. A seguito della pandemia COVID-19, il Ministero ha deciso di regolamentare lo svolgimento di parte degli esami di fine corso, per consentirne l’espletamento mediante “accesso da remoto”. Con nota n. 2316 del 20.4.2020 si è provveduto a disciplinare il collegamento da remoto degli agenti in prova, ai fini del sostenimento dell’esame finale orale, prescrivendo, tra l’altro, che gli esaminandi dovessero trovarsi soli nella stanza in cui erano collegati. Tuttavia, al suo esame, era presente la madre: ciò ha comportato l’espulsione dal corso.

A fondamento del gravame, il ricorrente deduceva eccesso di potere sotto diversi profili e, inoltre, per violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 e delle norme relative ai procedimenti disciplinari e, in particolare, del d.lgs. n. 443 del 1992. Ad avviso del Ministero, infatti, la sua condotta avrebbe integrato la fattispecie di cui all’art. 6, che contempla la più grave delle sanzioni disciplinari, ossia la destituzione. Tuttavia, ciò avveniva senza alcuna previa contestazione disciplinare, comunicazione di avvio del procedimento, contraddittorio.

Con altra censura, il ricorrente denunciava violazione del principio di tassatività delle sanzioni disciplinari, nonché violazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 443 del 1992, laddove si imponeva ai partecipanti all’esame di essere soli nella stanza ove si svolgeva la connessione da remoto, e violazione del principio di sproporzione.

Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno.

Con ordinanza n. 5122 del 2020, il Collegio accoglieva la domanda cautelare quanto al provvedimento di destituzione stante i “profili di fondatezza sia in ordine alla violazione delle regole poste a presidio del contraddittorio nel procedimento disciplinare, sia in ordine alla sproporzione della sanzione irrogata”, in quanto “per quanto non sia revocabile in dubbio che la prova orale fosse da annullare, stante la presenza di terzi all’interno della stanza da cui si collegava il candidato secondo le particolari modalità imposte dall’emergenza Covid-19, ciò non avrebbe consentito anche l’irrogazione della sanzione della destituzione del ricorrente senza la preventiva contestazione degli addebiti e senza un regolare contraddittorio procedimentale”.

L’ordinanza osservava inoltre che “l’amministrazione, nell’esercizio della propria discrezionalità, dovrà, nelle more del celebrando procedimento disciplinare, valutare se far ripetere il colloquio al ricorrente “in presenza”, adottando tutte le necessarie cautele imposte dalla normativa anti Covid-19, ovvero se, eventualmente, fargli ripetere il corso di formazione”.

Le parti hanno dato atto, con documenti depositati in vista della pubblica udienza, che il 25.2.2021 l’amministrazione ha reiterato l’esame finale del corso di formazione di OMISSIS.

All’udienza del 23.3.2021, integrato il contraddittorio, la causa veniva trattenuta in decisione.

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

Oggetto di gravame sono il decreto del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direttore Generale del Personale e delle Risorse, del 30.4.2020, di espulsione del ricorrente dal 177° Corso di formazione per allievi agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria, che frequentava in Roma, Via di Brava, e la graduatoria di merito – ruolo maschile – degli esami finali del medesimo corso.

Il ricorrente ha superato il concorso per l’assunzione di 197 allievi agenti del corpo di Polizia Penitenziaria ed è stato ammesso alla frequenza del Corso di formazione di nomina ad agente di polizia penitenziaria, che ha avuto inizio in data 16.9.2019, presso la Scuola di formazione “Giovanni Falcone”, in Roma.

Tuttavia, con il decreto ministeriale gravato, egli è stato espulso dal corso “ai sensi dell’art. 7, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 443 del 1992, in ragione della condotta tenuta nel corso dell’esame finale avvenuto in video-collegamento” che, ad avviso dell’autorità amministrativa, integrerebbe “una fattispecie ricollegabile alla sanzione disciplinare di cui all’art. 6, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449”. Ciò perché, nella stanza del ricorrente, durante il colloquio, era presente un’altra persona, mentre la nota n. 2316 del 20.4.2020, che ha disciplinato il collegamento da remoto per lo svolgimento dell’esame finale orale degli agenti in prova, prescriveva, tra l’altro, che gli esaminandi dovessero trovarsi soli nella stanza in cui erano collegati.

Il provvedimento gravato è stato adottato, come detto, ai sensi dell’art. 7, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 443 del 1992, i quali prevedono che “sono espulsi dal corso gli allievi e gli agenti in prova responsabili di mancanze punibili con sanzioni disciplinari più gravi della deplorazione” e che “i provvedimenti di dimissione e di espulsione dal corso sono adottati con decreto del direttore generale dell’Amministrazione penitenziaria, su proposta del direttore della scuola”

Ad avviso dell’autorità resistente, infatti, la condotta del ricorrente che, in violazione delle disposizioni all’uopo dettate, ha svolto l’esame orale con la presenza di una persona nella medesima stanza in cui si è collegato, da remoto, in video-conferenza, giustificherebbe la più grave sanzione della destituzione, prevista dall’art. 6 del d.lgs. n. 449 del 1992.

Insomma, la condotta del ricorrente è stata ritenuta rilevante disciplinarmente e meritevole della più grave sanzione della destituzione; questo ha comportato l’espulsione dal corso.

Tuttavia, osserva il Collegio che l’irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione avrebbe richiesto l’osservanza del procedimento di cui al d.lgs. n. 449 del 1992, a cominciare dalla contestazione, per iscritto, dell’illecito disciplinare e l’attribuzione all’interessato della facoltà di presentare giustificazioni.

Nel caso di specie, invece, l’amministrazione resistente ha adottato il provvedimento gravato, provvedendo ad espellere il ricorrente dal Corso di formazione, senza però contestargli la presunta mancanza punibile con sanzione disciplinare e senza consentirgli di presentare osservazioni e giustificazioni.

L’espulsione dal corso, ai sensi dell’art. 7, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 443 del 1992, sul presupposto che la condotta del ricorrente integrasse una fattispecie ricollegabile alla sanzione disciplinare di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 449 del 1992, avrebbe, per contro, richiesto la preventiva contestazione degli addebiti e un regolare contraddittorio procedimentale.

Ne consegue che è fondato il primo motivo di ricorso e, pertanto, assorbiti gli altri motivi di gravame, l’atto impugnato deve essere annullato.

Come già rilevato in sede cautelare, sarà l’amministrazione resistente, nell’esercizio della propria discrezionalità, a decidere se celebrare un procedimento disciplinare e, medio tempore, far ripetere il colloquio al ricorrente, come già accaduto appunto in esecuzione dell’ordinanza cautelare, il 25.2.2021.

3. In conclusione, il ricorso va accolto.

Attesa però la peculiarità della fattispecie, possono compensarsi le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti gravati nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.