Per il Consiglio di Stato “È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 210, comma 1, del Codice militare nella parte in cui non contempla, accanto ai medici militari, anche gli psicologi militari tra i soggetti a cui, in deroga all’art. 894 del codice medesimo, non sono applicabili le norme relative alle incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale, per sospetta violazione degli artt. 3, 4, 32, 35, 97 e 98 Cost.”.
La vicenda in esame ha ad oggetto l’impugnazione da parte dell’Ordine degli Psicologi del Lazio della circolare del Ministero della Difesa datata 31 luglio 2008, recante “Disposizioni in materia di esercizio di attività extraprofessionali retribuite da parte del personale militare e di concessione delle relative autorizzazioni. Disciplina delle incompatibilità“, ritenendola lesiva delle proprie prerogative di ente pubblico esponenziale della categoria professionale degli psicologi, nonché dei diritti e degli interessi di questi ultimi.
Secondo l’Ordine degli Psicologi “la circolare, laddove sostiene che allo psicologo militare l’iscrizione all’albo è “consentita ma con annotazione attestante lo stato giuridico-professionale di dipendente pubblico e il divieto di esercitare la libera professione” (punto 7, lettera f, paragrafo 4), sarebbe erronea e illegittima, in quanto non esiste alcun divieto legale all’esercizio della libera professione per gli psicologi dipendenti pubblici, a cui è consentita l’iscrizione al relativo Albo”.
Il TAR del Lazio adito respingeva il ricorso.
Veniva pertanto proposto appello dinnanzi al Consiglio di Stato.
Secondo i Giudici di Palazzo Spada “sussistono ragioni di legittimità costituzionale in merito all’art. 210, comma 1, del Codice militare nella parte in cui non contempla, accanto ai medici militari, anche gli psicologi militari tra i soggetti a cui, in deroga all’art. 894 del codice medesimo, non sono applicabili le norme relative alle incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale”.
In particolare, ad avviso del Collegio,“è dall’angolo visuale delle prestazioni erogabili dalle due categorie di professionisti- in quanto volte alla tutela del medesimo bene salute e sul presupposto della pari dignità costituzionale della salute mentale rispetto a quella fisica- che emerge la possibile irragionevolezza della scelta legislativa, non rinvenendosi alcuna ragione del trattamento differenziale in specifiche esigenze di Forza Armata, la quale, al contrario, trarrebbe vantaggio dall’esperienza maturata nel servizio reso alla comunità sociale, disponendo di personale specializzato, dotato di notevole duttilità di impiego e in grado di intervenire efficacemente nei più vari scenari di crisi, dalle pubbliche calamità alle operazioni militari internazionali, a favore della popolazione civile, oltre che del personale militare”.
Di conseguenza, con l’ordinanza n. 969/2022, il Consiglio di Stato ha disposto la trasmissione degli atti del giudizio alla Corte Costituzionale.
Non resta che attendere pertanto l’esito del giudizio sulla questione di legittimità costituzionale.
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