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Risoluzione rapporto di lavoro per maturazione anzianità contributiva

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1047 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilia, 81;

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato per legge presso i suoi studi in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, nessuno dei quali costituito in giudizio;

ricorso introduttivo:

– della determinazione del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia in data 18.11.2011, notificata il 21.11.2011, con la quale è stato risolto il rapporto di lavoro di OMISSIS, Dirigente Generale Penitenziario, a decorrere dal 18.5.2012;

– di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi espressamente compresi: a) la direttiva del Ministro della Giustizia in data 20.10.2011, concernente l’art. 72, commi 7 e ss., del d.l. 25.6.2008, n. 112; b) il provvedimento datato 11.1.2012, notificato il 16.1.2012, con cui si è confermato quanto disposto con il decreto del 18.11.2011, posticipando all’8.7.2013 la data di risoluzione del rapporto di lavoro;

ricorso per motivi aggiunti:

provvedimento datato 11.1.2012, notificato il 16.1.2012, con cui si è confermato quanto disposto con il decreto del 18.11.2011, posticipando all’8.7.2013 la data di risoluzione del rapporto di lavoro.

 

Visti il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nella pubblica udienza del giorno 18 ottobre 2012, la dott.ssa Rita Tricarico e uditi i difensori di entrambe le parti, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Il ricorrente è dirigente generale del Ministero della Giustizia a far data dal 5.3.2001 ed attualmente è titolare dell’incarico di Direttore dell’Istituto superiore di studi penitenziari a decorrere dal 9.7.2010, per una durata di tre anni.

Questi, essendo nato il 3.1.1952, ha compiuto il 60° anno di età il 3.1.2012, ma ha maturato trentacinque anni di servizio effettivo e quarantaquattro anni di anzianità contributiva.

Con provvedimento del Direttore generale del Personale e della Formazione in data 18.11.2011, comunicato a OMISSIS il 21.11.2011, è stata disposta la risoluzione del rapporto di lavoro intercorrente tra lo stesso e l’Amministrazione della Giustizia, a decorrere dal 18.5.2012, con suo collocamento a riposo a far data dal giorno successivo, per aver il medesimo già maturato un’anzianità contributiva di oltre 40 anni.

Il menzionato provvedimento richiama nelle premesse le note del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria 17.11.2011, prot. nn. 435450 e 435537, indirizzate al Direttore generale del Personale e della Formazione, con cui si è disposto che questi proceda all’adozione dei provvedimenti individuali di risoluzione del rapporto di lavoro nei confronti di coloro che abbiano maturato o che matureranno, entro il 31 dicembre, rispettivamente, l’anzianità contributiva massima o il limite del 65° anno di età.

Esso richiama, altresì, la direttiva del Ministro della Giustizia in data 20.10.2011, concernente l’art. 72, commi 7 e ss., del d.l. 25.6.2008, n. 112, di cui tanto il provvedimento specificamente rivolto verso l’attuale ricorrente tanto le note del Capo del Dipartimento appena citate costituiscono applicazione.

Successivamente, con provvedimento in data 11.1.2012, notificato il 16.1.2012, si è confermato quanto disposto con il decreto del 18.11.2011, ma si è posticipata all’8.7.2013 la data di risoluzione del rapporto di lavoro, essendo l’interessato titolare dell’incarico su menzionato, con scadenza proprio in tale data.

Il provvedimento del 18.11.2011 è stato impugnato con il presente gravame, unitamente a quello richiamato in ultimo ed alla direttiva del Ministro su citata, gli ultimi due quali atti presupposti.

I motivi di doglianza dedotti sono i seguenti:

violazione e falsa applicazione dell’art. 72, comma 11, del d.l. 25.6.2008, n. 112, convertito in legge 6.8.2008, n. 133 – violazione della circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione pubblica 16.9.2009, n. 4 – violazione dell’art. 2 della legge 27.7.2005, n. 154 – violazione dell’art. 3, comma 1 ter, del d.lgs. 30.3.2001, n. 165 – violazione del d.lgs. 15.2.2006, n. 63 – violazione della legge 7.8.1990, n. 241 – omesso avviso di avvio del procedimento – eccesso di potere – errore nei presupposti – difetto di istruttoria – incompetenza – illogicità ed ingiustizia manifesta- carenza di motivazione.

L’art. 72, comma 11, del d.l. n. 112/2008, convertito con modificazioni nella legge n. 133/2008, nella versione vigente al momento dell’adozione del provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro del ricorrente, ha conferito alle Pubbliche Amministrazioni la facoltà di “risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale”, al raggiungimento dell’anzianità massima contributiva di 40 anni. Tale facoltà sarebbe esercitata con i poteri di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 165/2001, vale a dire “nell’ambito delle competenze organizzative e con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro”. Il medesimo comma, con riguardo al personale dei comparti “Sicurezza, Difesa ed Esteri”, rinvierebbe invece all’adozione di appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione di specifici criteri e delle modalità applicative dei principi.

Stante detto quadro normativo, va detto che il ricorrente appartiene alla carriera dirigenziale penitenziaria, il cui rapporto di lavoro è riconosciuto dall’art. 2 della legge n. 154/2005 quale “rapporto di diritto pubblico”, al quale si applicherebbe il trattamento giuridico ed economico della dirigenza della Polizia di Stato.

Da ciò conseguirebbe che a OMISSIS non sarebbe immediatamente applicabile il citato art. 72, comma 11, del d.l. n. 112/2008, atteso che, rientrando nel comparto “Sicurezza”, sarebbe necessaria la previa adozione di appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, recanti specifici criteri e modalità applicative dei principi ivi statuiti.

Se poi si ritenesse che OMISSIS non appartiene al comparto “Sicurezza”, lo stesso non potrebbe possedere un’anzianità contributiva di quarantaquattro anni, derivante da un particolare meccanismo di contribuzione ivi contemplato (contributi figurativi) e non previsto ordinariamente, per cui in tal caso lo stesso non potrebbe essere destinatario della risoluzione del rapporto di lavoro.

Deve aggiungersi che l’Amministrazione avrebbe agito in assenza di qualsiasi atto di riorganizzazione. Né soccorrerebbe in tal senso la direttiva del Ministro della Giustizia del 20.10.2011, che sarebbe contraddittoria, atteso che assume a presupposto “la volontà di agire per la riduzione degli organici delle posizioni dirigenziali non generali, così come previsto dall’art. 2, comma 8 bis, del d.l. n. 194/2009”, pervenendo invece al risultato di disporre di procedere “alla risoluzione dei rapporti di lavoro” anche “di tutti i dirigenti generali (…) in servizio presso l’Amministrazione centrale”.

Si rileva che, contemporaneamente alla risoluzione del rapporto di lavoro in essere col ricorrente, il Ministro della Giustizia avrebbe nominato nuovi cinque dirigenti generali, avrebbe prorogato il rapporto di lavoro oltre il sessantacinquesimo anno di età rispetto a sei dirigenti generali ed avrebbe consentito la permanenza in servizio ad otto dirigenti generali con anzianità anagrafica, di servizio e contributiva superiore a quella di OMISSIS.

Inoltre non è stata data comunicazione di avvio del procedimento, né tale obbligo potrebbe ritenersi assolto con la notifica in largo anticipo del provvedimento finale.

Essendo stati la nomina del ricorrente a dirigente generale disposta con d.P.R. ed il conferimento dell’incarico di Direttore dell’Istituto superiore di studi penitenziari avvenuto con D.M. ed avendo inoltre la direttiva del Ministro incaricato della sua esecuzione i Capi Dipartimento, tanto il provvedimento datato 18.11.2011 – adottato dal Direttore generale del Personale e della Formazione – quanto quello successivo di differimento della decorrenza – emesso dal Vice Capo del Dipartimento – sarebbero stati emanati da organo incompetente.

Infine i provvedimenti in questione sarebbero privi di motivazione, in quanto mancherebbe un atto di contenuto generale che provveda alla riorganizzazione degli uffici interessati. Infatti, ai sensi dell’art. 16, comma 11, del d.l. 6.7.2011, convertito dalla legge 15.11.2011, n. 111, potrebbe prescindersi da ulteriore motivazione solo quando “l’Amministrazione interessata abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti organi di controllo”. Avendo poi il Ministro adottato atti di segno opposto nei confronti di altri dirigenti generali aventi età anagrafica ed anzianità di servizio maggiori, sarebbe stata necessaria una più articolata motivazione, in assenza peraltro di indizio negativo sulla performance del ricorrente.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata.

Successivamente, con ricorso per motivi aggiunti, è stato impugnato in via principale il provvedimento che ha differito all’8.7.2013 la decorrenza della risoluzione del rapporto di lavoro in essere tra il ricorrente e l’Amministrazione, già gravato, quale atto connesso, con il ricorso introduttivo.

I motivi di censura ivi dedotti sono i seguenti:

violazione dell’art. 24, comma 20, del d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito in legge 22.12.2011, n. 214, così come interpretato dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione pubblica n. 8.3.2012, n. 2 – violazione e falsa applicazione dell’art. 72, comma 11, del d.l. 25.6.2008, n. 112, convertito in legge 6.8.2008, n. 133 – violazione della circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione pubblica 16.9.2009, n. 4 – violazione dell’art. 2 della legge 27.7.2005, n. 154 – violazione dell’art. 3, comma 1 ter, del d.lgs. 30.3.2001, n. 165 – violazione del d.lgs. 15.2.2006, n. 63 – violazione della legge 7.8.1990, n. 241 – omesso avviso di avvio del procedimento – eccesso di potere – errore nei presupposti – difetto di istruttoria – incompetenza – illogicità ed ingiustizia manifesta – carenza di motivazione.

La norma introdotta dall’art. 24 del d.l. n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011, ha modificato i requisiti anagrafici e contributivi per la maturazione del diritto al trattamento pensionistico, abolendo il regime delle finestre ed introducendo il sistema contributivo per le anzianità maturate successivamente al 1°.1.2012.

La Funzione pubblica ha specificato che “a seguito della riforma (…) non è più attuale il concetto di anzianità massima contributiva ed è quindi mutato il presupposto per l’esercizio unilaterale di risoluzione, (…) in quanto la norma sulla pensione anticipata prevede la possibilità di una penalizzazione del trattamento per i dipendenti che sono in possesso di età inferiore a 62 anni” e perciò “si raccomanda alle Amministrazioni di non esercitare la risoluzione nei confronti dei soggetti per i quali potrebbe operare la penalizzazione legale”. Sarebbe proprio il caso del ricorrente, il quale compirà i 62 anni solo il 31.1.2014 (rectius: 3.1.2014).

Inoltre la circolare della Funzione pubblica raccomanderebbe alle Amministrazioni di adottare criteri generali, mentre nella specie mancherebbe qualsiasi atto di indirizzo generale, essendo contraddittoria la relativa direttiva del Ministro.

Infine la circolare affermerebbe che dovrebbero “intendersi travolti dalla nuova disciplina…le determinazioni e i provvedimenti di pensionamento eventualmente già adottati per motivi diversi dal raggiungimento del limite di età”, stabilendo che in tali casi “l’Amministrazione dovrà rivedere la propria determinazione dandone comunicazione all’interessato”.

Nonostante la richiamata previsione normativa, così come interpretata dalla citata circolare, non è intervenuto alcun annullamento degli atti emessi nei confronti del ricorrente.

L’Amministrazione ha depositato documentazione in data 17.7.2012.

Con memoria depositata il 10.9.2012, il ricorrente ha ribadito quanto dedotto nel gravame introduttivo e nei motivi aggiunti.

Il Ministero intimato ha, a sua volta, prodotto in data 14.9.2012 una memoria difensiva, nella quale ha controdedotto alle asserzioni ex adversa parte.

In tale memoria l’Amministrazione intimata ha rimarcato che la risoluzione del rapporto di lavoro nei confronti di OMISSIS costituirebbe “mera applicazione di una direttiva generale impartita dal Ministro della Giustizia il 20.10.2011 (…) relativa a tutti i dirigenti generali e di seconda fascia in servizio presso l’amministrazione centrale”.

Le disposizioni normative vigenti non riconoscerebbero “al dipendente alcuna posizione giuridica tutelabile rispetto al trattenimento in servizio oltre il raggiungimento del limite di età”.

Il ricorrente, unitamente agli altri dirigenti sia di prima che di seconda fascia nelle sue stesse condizioni, sarebbe stato legittimamente raggiunto dal provvedimento di risoluzione unilaterale del suo rapporto di lavoro, con il preavviso previsto dalla legge (sei mesi).

Dopo l’adozione della direttiva del Ministro in data 20.10.2011, i Capi Dipartimento sarebbero stati incaricati della esecuzione dell’art. 72, comma 11, del d.l. n. 112/2008, impartendo, a loro volta, le necessarie direttive ai Direttori generali del Personale.

Sarebbe infondata l’affermazione del ricorrente secondo cui l’Amministrazione non avrebbe avuto potere di intervento, in assenza di adozione di appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, essendo principi e regole già individuati dalla normativa primaria.

Sarebbe poi inesistente il dedotto difetto di motivazione, atteso che di regola si sarebbe dovuto procedere alla risoluzione dei rapporti di lavoro, “fatta salva l’eventuale e motivata necessità di trattenimento in servizio per straordinarie e specifiche competenze che non appare possibile sostituire in maniera adeguata e tempestiva”.

Inoltre l’art. 74 del d.l. 112/2008 imporrebbe “all’Amministrazione ulteriori tagli delle posizioni dirigenziali”, tanto di livello generale quanto di livello non generale, “in misura non inferiore, rispettivamente, al 20 e al 15 per cento di quelli esistenti”. Nella specie il nuovo regolamento di organizzazione, che prevedeva la riduzione delle posizioni dirigenziali generali nella misura del 20%, con tagli concernenti unicamente l’Amministrazione centrale, era stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri in data 17.12.2010 e, previo parere favorevole del Consiglio di Stato del 24.11.2011, era stato trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari per l’acquisizione del prescritto parere.

L’applicazione della direttiva alla sola amministrazione centrale si spiegherebbe “con una precisa esigenza dell’amministrazione”, essendo esentati gli uffici periferici e considerate le carenze di organico negli uffici giudiziari.

Riguardo alla denunciata mancata comunicazione di avvio del procedimento, non sarebbe richiesta la comunicazione di avvio del procedimento, essendo previsto ex lege il preavviso di sei mesi, senza necessità di ulteriori avvisi. Si è altresì invocata l’applicazione dell’art. 21 octies della l. n. 241/1990, assumendo che la partecipazione procedimentale non avrebbe potuto incidere sul contenuto dei provvedimenti impugnati.

Quanto ai motivi aggiunti, il ricorrente avrebbe maturato l’anzianità contributiva prima del gennaio 2012, tenuto conto che già nel 2011 lo stesso aveva maturato quarantaquattro anni di anzianità contributiva, per cui la risoluzione nei suoi confronti sarebbe legittima, applicandosi nei suoi riguardi il regime previgente.

Con memoria di replica depositata il 24.9.2012, il ricorrente ha evidenziato che l’applicabilità immediata dell’art. 72, comma 11, del d.l. n. 112/2008 non si riferirebbe al personale del comparto “Sicurezza, Difesa ed Esteri”, come il ricorrente; la sentenza del Consiglio di Stato invocata dalla difesa dell’Amministrazione a suffragare la propria tesi sulla non necessità di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri si riferisce ai professori universitari associati, che non ne sono certo ricompresi.

L’Amministrazione tenterebbe un’inversione dell’onere della prova, assumendo che il recesso unilaterale sarebbe necessario per assicurare la riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e non generale, essendo richiesta una puntuale motivazione solo in caso di mantenimento in servizio, ma nella specie non si sarebbe operata alcuna riduzione di tali uffici.

Nella pubblica udienza del 18.10.2012 il ricorso è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1 – Con il ricorso all’esame del Collegio, comprensivo di gravame introduttivo e di motivi aggiunti, si impugnano i due provvedimenti di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti di OMISSIS, nonché la presupposta direttiva del Ministro della Giustizia, concernente l’applicazione della norma di cui all’art. 72, commi 7 e ss., del d.l. 25.6.2008, n. 112.

2 – Preliminarmente si ritiene che al ricorrente non possa applicarsi l’art. 24 del d.l. n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011, tenuto conto che, come specificato al comma 20, la normativa sopravvenuta si riferisce solo a coloro che abbiano maturato i requisiti a decorrere dal 1°.1.2012, restando invece applicabile quella previgente nei confronti di quanti abbiano maturato detti requisiti entro il 2011. In proposito si rileva che già nel corso del 2011 il ricorrente aveva maturato il requisito dell’anzianità contributiva superiore a quaranta anni e, pertanto, lo stesso non è interessato dalla nuova normativa.

3 – Il ricorso è, tuttavia, fornito di fondamento.

4 – Va in primo luogo esaminato l’art. 72, comma 11, del d.l. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008.

4.1 – Come ha correttamente evidenziato OMISSIS, con riferimento al personale appartenente ai comparti “Sicurezza, Difesa ed Esteri”, detta disposizione demanda ad appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione degli specifici criteri e delle modalità applicative dei principi ivi contenuti. In altre parole, per i menzionati comparti, la disposizione in esame non è di immediata applicazione, ma, in considerazione delle loro peculiarità, richiede, ai fini dell’applicazione concreta, la previa fissazione di criteri e di modalità applicative mediante D.P.C.M., in assenza dei quali, perciò, pur al raggiungimento dell’anzianità contributiva di quaranta anni, non può legittimamente procedersi alla risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro.

4.2 – Il ricorrente, dirigente generale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, soggetto alla normativa speciale di cui alla legge n. 154/2005 ed al d.lgs. n. 63/2006, attuativo della delega contenuta nella prima, appartiene al Comparto “Sicurezza” e proprio grazie a ciò, per effetto dei contributi figurativi ivi previsti, ha maturato una così elevata anzianità contributiva, a fronte di un servizio di trentacinque anni.

4.3 – Ne deriva che, in assenza della definizione di tali criteri ad opera di D.P.C.M., la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro disposta nei suoi riguardi è illegittima.

5 – Essa lo è anche sotto altri profili.

5.1 – Il primo provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro del ricorrente (il secondo si limita a differire la decorrenza), richiamando nelle premesse, oltre alle circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione pubblica, altresì la direttiva del Ministro della Giustizia del 20.10.2011 e le note del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria in data 17.11.2011, dispone automaticamente la cessazione del rapporto di lavoro del ricorrente, motivando perciò per relationem e fondando la determinazione su detti atti presupposti e sul citato art. 72, coma 11, del d.l. n. 112/2008.

5.2 – Per il Ministero della Giustizia il collocamento a riposo deve essere disposto di regola nei confronti di tutti i dirigenti generali e di seconda fascia dell’Amministrazione centrale, salve le debite eccezioni, rappresentate dalla “necessità del mantenimento in servizio per straordinarie e specificate competenze che non è possibile sostituire in maniera adeguata e tempestiva”, dalla vigenza di contratti sino alla loro scadenza e, per il caso di raggiungimento del 65° anno di età, facendo “salvi gli effetti dei provvedimenti di mantenimento in servizio già adottati”.

Va tuttavia rimarcato che i richiamati criteri sono stati fissati sul falso presupposto che l’art. 2, comma 8 bis, del d.l. n. 194/2009 e l’art. 1, comma 3, del d.l. n. 138/2011 stabiliscano una riduzione dell’organico anche in relazione ai dirigenti generali, il che non è, atteso che tali disposizioni concernono soltanto i dirigenti di seconda fascia.

5.3 – – Deve ancora considerarsi che manca un puntuale richiamo all’art. 74 del d.l n. 112/2008 su menzionato e che la riduzione del personale dirigenziale generale, ivi stabilita, presuppone la vigenza del regolamento di riorganizzazione, che nella specie non si registra.

In altre parole, la direttiva ministeriale in parola stabilisce che si proceda alla risoluzione dei rapporti di lavoro nei confronti dei dirigenti – generali e di seconda fascia – ai sensi dell’art. 72, comma 11, del d.l. n. 112/2008, tuttavia sul presupposto che si realizzi la riduzione dell’organico per tali soggetti, mentre, da una parte, le singole disposizioni espressamente richiamate si riferiscono unicamente ai dirigenti di seconda fascia, dall’altra, la disposizione – non individuata – contenuta nel d.l. n. 112/2008, vale a dire l’art. 74, richiede previamente l’approvazione del nuovo regolamento di riorganizzazione, che non era ancora intervenuta.

5.4 – È evidente, pertanto, che i criteri generali in questione risultano viziati e la direttiva del Ministro che li contiene è illegittima e deve essere annullata.

5.5 – Conseguentemente i provvedimenti specificamente concernenti il ricorrente, che ne costituiscono puntuale applicazione, sono viziati, oltre che per il profilo in precedenza evidenziato, altresì per illegittimità derivata.

6 – Ciò posto, va poi considerato che, come ha avuto modo di sottolineare il Dipartimento della Funzione pubblica, in assenza di puntuali criteri per l’applicazione concreta della disposizione di cui all’art. 72, comma 11, era necessaria una puntuale motivazione, che nella specie è invece mancante.

In particolare, le elevate qualità ed il curriculum lavorativo del ricorrente avrebbero imposto una più attenta valutazione, di cui dare contezza in provvedimento, qui pacificamente mancante.

6.1 – Ne consegue che anche sotto l’aspetto in ultimo esaminato i provvedimenti di risoluzione unilaterale censurati sono illegittimi.

7 – È chiaro, perciò, che la partecipazione procedimentale che sarebbe potuta scaturire dalla comunicazione di avvio del procedimento, nella specie mancante, con correlata violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e s.m.i., avrebbe potuto incidere sul contenuto del provvedimento impugnato; da ciò deriva l’impossibilità di fare applicazione dell’art. 21 octies della medesima legge.

Anche sotto quest’ultimo profilo i provvedimenti di cessazione del rapporto di lavoro sono viziati e devono essere annullati.

8 – In conclusione il ricorso è fondato ed è accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti gravati.

9 – In ordine alle spese di giudizio, ai diritti ed agli onorari di difesa, essi vanno compensati, attese la peculiarità della questione disaminata.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.