SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4594 del 2003, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Carlo Parente, Erennio Parente, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per il risarcimento
dei danni subiti dal ricorrente per il ritardo nell’arruolamento nel Corpo della Polizia penitenziaria e per la condanna del Ministero intimato al pagamento delle relative somme.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 il dott. Fabio Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto (n. 4594/2003) OMISSIS ha adito questo Tribunale per l’accertamento della responsabilità dell’Amministrazione penitenziaria al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa del ritardato arruolamento nel Corpo della Polizia penitenziaria.
Espone di aver partecipato alla procedura selettiva per l’arruolamento di n. 1400 agenti ed assistenti della Polizia penitenziaria e di essere stato oggetto di esclusione Riferisce di aver presentato domanda di partecipazione alla succitata procedura selettiva quale agente di polizia penitenziaria e di essere stato escluso dalla graduatoria finale per il superamento dei limiti di età ed una successiva volta per riscontrata inidoneità psico fisica e di aver in tali circostanze proposto ricorso giurisdizionale conclusi per lui favorevolmente.
Lamenta, in particolare, il danno da lui subito a causa dell’arretrato arruolamento conseguente alla sua esclusione dal concorso per difetto del requisito dell’età conosciuta in data 14 marzo 2000, nonché dalla seconda esclusione per difetto dei requisiti psico attitudinali disposta con decreto del 24 gennaio 2001.
Il ricorrente agisce, altresì, per il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, conseguente alla tardiva assunzione nel Corpo di Polizia penitenziaria.
Ebbene, con sentenza n. 3344/2013 questo Tribunale ha già accertato che il ricorrente fu illegittimamente escluso dalla procedura concorsuale bandita per l’assunzione nella Polizia penitenziaria.
Con la domanda di risarcimento danni si fa valere, dunque, la responsabilità in cui incorre l’amministrazione quando, illegittimamente, omette di assumere il candidato ad un pubblico concorso, o vi provvede con ritardo.
Nel caso di specie, non è dubitabile che l’Amministrazione penitenziaria fosse tenuta ad assumere il ricorrente, in forza del punteggio che questi aveva conseguito nel concorso riservato, e che il diniego a provvedere in tal senso sia illegittimo, giacché fondato su un presupposto erroneo.
Si è trattato di una grave e manifesta illegittimità atteso l’esito degli accertamenti sanitari sul deficit psico fisico illegittimamente riferito all’odierno ricorrente.
Il carattere manifesto della illegittimità, ad avviso del Collegio, deve ritenersi comprovata: a) dalla chiarezza del quadro normativo; b) dalla circostanza per cui, sul punto, non si è manifestato alcun contrasto in giurisprudenza, tale da poter esimere la p.a. da colpa (Cons. Stato, sez. IV, n. 3262 del 2012); c) dall’assenza di spazi di discrezionalità nell’applicazione della previsione di legge.
Né l’amministrazione può dedurre, ad esimente, di avere tempestivamente adempiuto all’ordinanza cautelare con cui questo Tribunale aveva sospeso l’atto di esclusione: l’elusione del provvedimento avrebbe, semmai, aggravato il danno risarcibile, mentre la tempestiva esecuzione si è rivelata comunque inadeguata ad assicurare al ricorrente l’assunzione nei tempi che la legge imponeva, come è emerso dalla istruttoria.
Sono, dunque, integrati tutti gli estremi del fatto illecito: ponendo in essere un atto contrario alla legge, l’Amministrazione ha con colpa (conseguente alla erronea valutazione dell’idoneità fisica del ricorrente) cagionato un danno ingiusto, posto che il ricorrente è stato nominato agente ed immesso in ruolo con decorrenza 7.9.2001, anziché il 12 dicembre 1998 (è necessario avere riguardo alla data di immissione nel ruolo, e non alla data di ammissione al corso di formazione, posto che, in ogni caso, il ricorrente era tenuto a frequentare quest’ultimo per un periodo di tempo pari a quello dei colleghi, sicché non vi è danno per il fatto che tale periodo sia stato posticipato).
Nel periodo compreso tra tali date, il ricorrente non ha potuto percepire le retribuzioni, né i contributi assicurativi e previdenziali, né la quota dovuta a titolo di indennità di TFR.
Come è noto, si tratta di elementi che il giudice è tenuto a valutare ai fini della liquidazione del danno, pur decurtando le somme dovute a titolo retributivo di una percentuale che, nell’ambito di un apprezzamento equitativo, sappia cogliere la gravità della condotta della pubblica amministrazione, e sappia valutare al contempo la circostanza per cui, in tale arco di tempo, il ricorrente ha goduto del proprio tempo liberamente, preservando le proprie energie (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, n. 3934 del 2011; id., n. 2750 del 2010).
Tenuto conto del profilo meramente colposo della condotta della P.A., appare equo quantificare il danno patrimoniale nel 50% della somma che il ricorrente avrebbe percepito tra il 12 dicembre 1998 e il 7.9.2001, oltre che nell’integrale importo dovuto per tale periodo a titolo di TFR e di contributi previdenziali ed assicurativi.
Trattandosi di debito di valore, la somma complessiva va rivalutata secondo indici Istat dal 12 dicembre 1998 fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, e su di essa, progressivamente rivalutata giorno per giorno, corrono interessi legali dal dovuto al saldo.
Va, infine, accolta la domanda di accertamento del diritto del ricorrente ad essere inquadrato ai fini giuridici nei ruoli dell’amministrazione penitenziaria a partire dal 12 dicembre 1998.
Le spese del giudizio possono essere compensate fra le parti alla stregua della valutazione complessiva della vicenda.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi indicati nella parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.