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Recupero somma equo indennizzo già corrisposto

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 900 del 2003, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Carlo Parente Zamparelli, C.F. PRNGNN63C11Z114I, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilia, 81;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

– del decreto n. 640, datato 18 settembre 2002, del Ministero della Difesa – Direzione generale per il personale militare, con cui veniva disposto il recupero, ex art. 144 DPR n. 1092/73, della somma pari alla metà dell’equo indennizzo complessivo già corrisposto.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2017 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

L’odierno ricorrente, militare in congedo per riforma sin dal maggio 1998, a causa di infermità contratta durante il servizio, ha adito questo TAR per ottenere l’annullamento, previa sospensione, del decreto con cui l’Amministrazione della Difesa ha disposto il recupero della metà dell’equo indennizzo già corrisposto.

Premette, in fatto, di aver ottenuto dall’Amministrazione un assegno pensionistico, rinnovabile per 4 anni, a titolo di trattamento privilegiato tabellare di 4^ ctg (decreto n. 599 del 24 giugno 1999) e, successivamente, la corresponsione dell’equo indennizzo in due distinte soluzioni (giusta decreto n. 1752 del 30 giugno 1999, e n. 292 datato 11 marzo 2002).

Col provvedimento gravato, il Ministero intimato – in esito al parere del Consiglio di Stato di accoglimento del ricorso straordinario presentato dall’interessato avverso il dm n. 1752/99 – ha annullato il primo decreto concessivo della 4^ ctg di pensione (n. 599/99), concedendo il trattamento tabellare di 2^ ctg e disponendo, al contempo, il recupero della somma di euro 6614,43 ai sensi dell’art. 144 del DPR 1092/73, da effettuarsi mediante trattenute sulla pensione.

Avverso il predetto atto, la parte deduce violazione di legge ed eccesso di potere, lamentando, in sostanza, l’inapplicabilità, nella specie, del recupero previsto dalla normativa suddetta; l’esenzione da IRPEF del trattamento pensionistico erogato; la mancata considerazione della buona fede del ricorrente, del lasso di tempo intercorso tra l’erogazione e la ripetizione, nonché del grave pregiudizio arrecato.

Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione in favore della Corte dei Conti, quale giudice esclusivo della materia pensionistica.

Con ordinanza n. 844/2003, è stata accolta l’istanza cautelare.

All’udienza pubblica del 9 gennaio 2017, fissata a seguito di opposizione a decreto di perenzione (cfr. decreti nn. 440/2015 e 215/2016), la causa è infine passata in decisione.

DIRITTO

In via preliminare, va delibata l’eccezione di difetto di giurisdizione, avanzata dalla resistente Amministrazione.

Il Collegio ritiene che la stessa sia infondata e vada pertanto disattesa in ragione del precipuo oggetto del contendere, che non verte sulla materia pensionistica, bensì sul beneficio dell’equo indennizzo, il quale, come pacificamente riconosciuto in giurisprudenza, è direttamente connesso al rapporto di lavoro, con conseguente devoluzione al giudice che sul rapporto medesimo ha la giurisdizione (ex multis, SS.UU., 7581/2006).

L’inerenza al rapporto di impiego non viene infatti meno per il fatto che il recupero dell’equo indennizzo venga effettuato poi sulla pensione.

La stessa Corte dei Conti, d’altronde, in fattispecie analoghe, ha più volte declinato la propria giurisdizione in favore del giudice del rapporto di lavoro, trattandosi, nel caso in esame, del giudice amministrativo quale giudice del pubblico impiego, ex art. 3, d.lgs. n. 165/2001 (cfr. Tar Salerno, II, 1078/2013).

Ritenuta dunque la giurisdizione di questo TAR nei termini sopra visti, va tuttavia dichiarato il proprio difetto di giurisdizione ratione materiae limitatamente alla censura relativa all’esenzione IRPEF del trattamento pensionistico erogato, spettando invece la cognizione della questione della debenza del tributo al competente giudice tributario, innanzi alla quale la relativa domanda andrà riproposta nei sensi e termini di cui all’art. 11 c.p.a.

Ciò premesso, il ricorso è fondato e merita accoglimento nei termini seguenti.

L’art. 144 citato, nel disporre il recupero dell’indennizzo, richiede, quale condizione, che la pensione privilegiata sia stata ottenuta successivamente alla liquidazione dell’emolumento in questione, concesso per la stessa causa, mentre risulta dallo stesso decreto impugnato, e non è contestato dall’Amministrazione, che la pensione privilegiata sia stata accordata in data precedente all’elargizione dell’equo indennizzo.

Coglie dunque nel segno la censura di parte diretta a contestare l’assenza dei presupposti normativi per l’applicazione della disposizione in questione.

A ciò si aggiunga che, seppure è ormai consolidato l’indirizzo giurisprudenziale che considera quale atto dovuto l’esercizio del diritto-dovere dell’Amministrazione di ripetere le somme indebitamente corrisposte ai propri dipendenti, per cui l’interesse pubblico è in re ipsa e non richiede una specifica motivazione (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 5784/2015), tale principio va comunque temperato in ragione delle particolari condizioni di vita del debitore – nel caso in esame, indubbiamente gravose – e che avrebbero richiesto, nella specie, modalità di recupero tali da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del ricorrente.

Pertanto, lo stato psicologico di buona fede del debitore, di per sé non preclusivo dell’attività di recupero dell’indebito, impone in ogni modo l’obbligo di una più approfondita valutazione degli interessi implicati, in particolare sotto il profilo del grado di lesione di quello del dipendente (Tar Lazio, III, n. 3934/2015; Tar Puglia, Lecce, n. 641/2015 ha invece ritenuto che l’atto di recupero non costituisca un atto assolutamente vincolato per l’Amministrazione in quanto, trattandosi di un atto di autotutela, occorre valutare l’incidenza del recupero sulla situazione concreta e l’affidamento ingenerato nel lavoratore, dovuto al rilevante tempo trascorso dall’originaria liquidazione).

Essendo mancata, nella specie, l’adeguata ponderazione della particolare situazione in cui versa(va) il ricorrente da parte del Ministero della Difesa, il ricorso è fondato anche sotto tale profilo.

Alla luce delle considerazioni sopra fatte, il ricorso va dunque accolto nei termini sopra visti e conseguentemente va annullato il provvedimento impugnato limitatamente al recupero della metà dell’equo indennizzo.

In ragione della particolarità della vicenda, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– dichiara il difetto di giurisdizione limitatamente alla domanda relativa all’esenzione IRPEF del trattamento economico erogato, in favore del competente giudice tributario, innanzi al quale il giudizio dovrà essere riproposto ai sensi e nei termini di cui all’art. 11 c.p.a.;

– lo accoglie per la restante parte e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8, D.lgs. n. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute della parte.