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Procedimento disciplinare. La difesa approntata dallo Studio Parente ha consentito ad un giovanissimo ed inesperto agente di evitare gravi conseguenze.

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Procedimento disciplinare e pianeta carcere. Il difficile e complesso rapporto tra agenti e detenuti stranieri può talvolta presentare insidie inaspettate per l’operatore inesperto.

Nel caso in esame un giovanissimo Agente, neo assunto, ha dovuto subire sulla propria pelle le conseguenze della carenza di strumenti adeguati per la gestione dei rapporti con reclusi provenienti da paesi diversi.

Come noto, all’interno del sistema carcerario italiano  gli elementi di base del trattamento penitenziario sono il lavoro, il rapporto con la famiglia, la formazione professionale, l’istruzione. Si tratta di elementi che acquisiscono connotazioni diverse nella loro applicazione ai detenuti stranieri. Primo tra tutti, infatti, è il rapporto con la famiglia, a cui si riconosce un valore insostituibile, che viene di norma garantito mediante colloqui visivi e telefonici, e permessi premio. Di fatto, queste opportunità si riducono notevolmente per gli stranieri: sia perché la condizione di clandestinità non permette di verificare le relazioni di parentela, sia perché i familiari vivono molto spesso  nei paesi di origine o sono impossibilitati a raggiungere l‘istituto di reclusione.

Quindi, nel caso del detenuto straniero l’istituto carcerario diviene totalizzante a causa della mancanza di legami affettivi, di un lavoro, di una rete di riferimenti esterni. In tale situazione la polizia penitenziaria rappresenta la figura istituzionale più vicina al detenuto straniero, A detto personale viene quindi oggi richiesta non solo una particolare propensione all’osservazione e all’ascolto, ma anche conoscenze che vanno oltre la propria cultura.

Sorge la necessità di mettere il personale di polizia penitenziaria in condizioni di decodificare nuovi linguaggi dotandolo di una preparazione professionale adeguata  per evitare che dalle reciproche incomprensioni derivino rischi per la sicurezza e l’ordine interni agli istituti.

Di fronte alle carenze formative e di apposite figure professionali, il personale di polizia penitenziaria ha dovuto imparare sul campo a sviluppare forme autonome di decodificazione del linguaggio degli stranieri e di segnali altrimenti incomprensibili.

Queste fanno parte del bagaglio di esperienza di chi vive da tempo e per parecchie ore a contatto con i detenuti. Purtroppo, non sempre i giovani agenti possono contare su un adeguato passaggio di consegne da parte degli “anziani”, rischiando di commettere leggerezze ed errori che possono comportare persino il licenziamento.

Nel caso seguito dallo Studio Parente, il giovane agente ha affrontato questo ruolo complesso senza possedere alcuno strumento, non avendo maturato un’esperienza sufficiente e non avendo ricevuto una preparazione adeguata. Tra l’altro, con l’aggravante di essere stato assegnato subito dopo il corso in un istituto particolarmente difficile.

Grazie alla strategia difensiva, che ha evidenziato le problematiche gestionali, il procedimento disciplinare si è concluso con l’irrogazione della censura, la più lieve tra le sanzioni previste dall’ordinamento.