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Non idoneità concorso Polizia Penitenziaria per patologia

SENTENZA

sul ricorso n. 3890//1999 proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti Erennio e Giovanni Carlo Parente presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, via degli Scipioni, n. 52.

contro

il Ministero di grazia e giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

per l’annullamento

del decreto del 23.12.1998, a firma del direttore generale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, con cui il ricorrente, in relazione al concorso per l’assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria, è stato giudicato non idoneo per l’accertamento del possesso dei requisiti di cui all’art. 123, lettera m), del D.L.vo 30.101992, n. 443 e di ogni altro atto presupposto, ivi compreso il bando di concorso nella parte in cui è prevista l’insindacabilità dei giudizi di non idoneità formulati dalle commissioni mediche e l’automatica esclusione dall’assunzione.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura generale dello Stato;

Viste le memorie proposte dalle parti a sostegno delle loro difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 18 ottobre 2000, la relazione del Consigliere Guido Salemi e uditi, altresì, l’avv. G. Parente per il ricorrente e l’avvocato dello Stato Spina per l’Amministrazione resistente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con atto notificato il 22 febbraio 1999, -OMISSIS- ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto del 23.12.1998, a firma del direttore generale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, con cui, in relazione al concorso per l’assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria, è stato giudicato non idoneo per l’accertamento del possesso dei requisiti di cui all’art. 123, lettera m), del D.L.vo 30.101992, n. 443 e ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale ivi compreso il bando di concorso nella parte in cui ha previsto l’insindacabilità dei giudizi di non idoneità formulati dalle commissioni mediche e l’automatica esclusione dall’assunzione.

Premesso che ha prestato servizio militare di leva nell’Arma dei carabinieri dal 6.9.1992 al 5.9.1993 e che il giudizio di inidoneità è basato sulla attribuzione di “personalità insicura con pregressa condotta tossicofila, art. 123 lettera m)”, ha dedotto le seguenti censure:

1) Violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione. Eccesso di potere sotto vari profili.

Il bando di concorso, facendo riferimento ad eventuali giudizi di non idoneità conseguenti alle visite mediche, stabilisce espressamente che essi sono definitivi, insindacabili ed inappellabili (art. 3, comma 3).

Tale disposizione, ad avviso dell’istante, è illogica e manifestamente ingiusta, ponendosi in netto contrasto con i suindicati principi costituzionali.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 123, lett. m), del D.L.vo 30.101992, n. 443; eccesso di potere.

Gli accertamenti effettuati dall’Amministrazione non sarebbero attendibili e si porrebbero in assoluto contrasto con le inoppugnabili risultanze degli esami strumentali di laboratorio ai quali il ricorrente si è sottoposto presso la A.S.L. Benevento 1, l’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma e l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”.

D’altronde tale patologia non sarebbe mai emersa in precedenza in occasione delle visite mediche presso i due ospedali militari prima a Caserta all’atto dell’idoneità alla visita di leva e poi a Napoli all’atto dell’incorporamento presso il Battaglione CC di appartenenza.

3) Eccesso di potere per carenza ed illogicità della motivazione e per vizio della funzione, irragionevolezza dell’azione amministrativa, ingiustizia manifesta.

Il provvedimento impugnato sarebbe motivato solo in apparenza ed in modo assolutamente illogico. La diagnosi impugnata confliggerebbe, infatti, con tutti i precedenti espliciti ed impliciti giudizi di idoneità e sarebbe documentalmente smentita dalla certificazione medico specialistica depositata in atti.

I motivi di impugnazione sono stati ribaditi nella memoria depositata il 3 ottobre 2000.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2000, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

  1. Con il ricorso indicato in epigrafe, -OMISSIS- ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto del 23.12.1998, a firma del direttore generale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, con cui, in relazione al concorso per l’assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria, è stato giudicato non idoneo per l’accertamento del possesso dei requisiti di cui all’art. 123, lettera m), del D.L.vo 30.10.1992, n. 443 per “personalità insicura con pregressa condotta tossicofila, art, 123 lettera m) e ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, ivi compreso il bando di concorso nella parte in cui ha previsto l’insindacabilità dei giudizi di non idoneità formulati dalle commissioni mediche e l’automatica esclusione dall’assunzione.
  2. Il primo motivo di censura è diretto a contestare la legittimità del bando di concorso nella parte in cui, facendo riferimento ai giudizi di inidoneità riportati alle visite mediche, stabilisce espressamente che gli stessi sono definitivi, insindacabili e inappellabili (art. 3, comma 3).

Il motivo è fondato, in quanto la summenzionata disposizione si pone in contrasto con fondamentali principi della Carta costituzione e, in particolare, con l’art. 113, primo e secondo comma, il quale dispone che contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa e tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinati categorie di atti.

Nella specie, come già osservato da questa Sezione (cfr., di recente, sentenza 3.10.1998, n. 2275), i giudizi delle commissioni mediche sono soggette alla verifica da parte del giudice amministrativo in sede di legittimità non soltanto quando si palesino affetti da contraddittorietà o illogicità o irrazionalità, ma anche quando emerga una incompleta o non corretta assunzione dei fatti, che nel campo di accertamenti tecnico-sanitari ricomprende anche quegli accertamenti radiologici, istologici e quanti altri la scienza medica in un certo momento del suo sviluppo richiede per diagnosticare una malattia, uno stato morboso, o per accertare, come nel caso in esame, se il partecipante ad un concorso di accesso al corpo della polizia penitenziari possegga l’idoneità fisica, psichica e attitudinale a tale servizio, secondo quanto previsto dal D.L.vo 30 ottobre 1992, n. 443.

Né potrebbe obiettarsi, secondo un orientamento ancora assai diffuso presso il giudice amministrativo, che la c.d. discrezionalità tecnica dell’Amministrazione è insindacabile.

Ed invero, come recentemente osservato dal Consiglio di Stato (C.d.S., Sez. IV, 9.4.1999, n. 601), ciò che è precluso al giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità è la diretta valutazione dell’interesse pubblico concreto relativo all’atto impugnato, e cioè il merito amministrativo.

La c.d. “discrezionalità tecnica”, invece, è altra cosa dal merito amministrativo. Essa ricorre quando l’Amministrazione, per provvedere su un determinato oggetto, deve applicare una norma tecnica cui una norma giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta.

L’applicazione di una norma tecnica può comportare valutazione di fatti suscettibili di vario apprezzamento quando la norma tecnica contenga dei concetti indeterminati o comunque richieda apprezzamenti opinabili.

Ma una cosa è l’opinabilità, altra cosa è l’opportunità.

La questione di fatto, che attiene ad un presupposto di legittimità del provvedimento amministrativo, non si trasforma – soltanto perché opinabile – in una questione di opportunità, anche se è antecedente o successiva ad una scelta di merito.

Ciò è confermato anche dalle acquisizioni della Corte di cassazione, secondo cui “con riguardo alle pronunzie del Consiglio di Stato, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile ai sensi dell’art. 111 comma 3 Cost. sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, è configurabile solo quando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’Amministrazione, con la conseguenza che l’indicato vizio non ricorre quando il Consiglio di Stato indaghi sui presupposti di fatto del provvedimento impugnato” (Cass., 5.8.1994, n. 7261).

Anzi, il potere di accertare i presupposti di fatto del provvedimento impugnato viene considerato come lo specifico della giurisdizione amministrativa di legittimità che caratterizza il ricorso per cassazione.

In definitiva, va ribadito che l’esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Autorità amministrativa è sindacabile in sede giurisdizionale sotto il profilo dell’eccesso di potere al pari della discrezionalità amministrativa (cfr. anche C.d.S., A.P., 27.11.1989, n. 14 e Sez. IV, 8.9.1997, n. 955).

  1. Pure fondate si palesano le censure contenute nel secondo e nel terzo motivo con cui si contesta il giudizio espresso dalla commissione medica.

A seguito della produzione in giudizio da parte del ricorrente di certificati medici provenienti anche da strutture pubbliche (Azienda U.S.L. di Benevento 1, Istituti di medicina legale dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma e dell’Università degli studi “La Sapienza di Roma), attestanti l’inesistenza di patologie psichiatriche, la Sezione ha disposto una verificazione da parte del Centro militare di medicina legale di Roma, chiedendo a tale Centro di accertare se il ricorrente fosse affetto o meno dalla patologia riscontrata e se la personalità del ricorrente rientrasse in una delle ipotesi previste dall’art. 123, lett. m), del D.L.vo n. 443.

All’esito della verificazione, la Commissione del Centro ha formulato la diagnosi di “soggetto con tratti introversivi di personalità e verosimile uso occasionale di cannabinoidi” e, in risposta ai quesiti postile nell’ordinanza di questa Sezione, ha affermato che “la diagnosi di personalità con tratti introversivi coincide nella sostanza con quella posta in sede di visita per l’ammissione al concorso per agenti di polizia penitenziaria, mentre “non risulta inequivocabilmente comprovata la condotta tossicofila del ricorrente che può al più essere considerato, dagli esami in atti, consumatore occasionale di cannabinoidi”, e che “il tratto di personalità riscontrato sicuramente non costituisce infermità psichica, non rientra nel novero delle psicosi o psico-nevrosi anche pregresse, né può essere ritenuta espressione di personalità psicopatica e abnorme.

Detta commissione ha, quindi, concluso nel senso che “la diagnosi posta, pur esprimendo un tratto di personalità non perfettamente armonico e sintonico, tale cioè da rendere più difficile della media l’adattamento del ricorrente a situazioni nuove e potenzialmente stressanti, non rientra tra le ipotesi previste dall’art. 123, lett. m)”.

La diagnosi in questione, che è stata emessa all’esito di esami approfonditi e documentati, consente di ritenere erroneo il giudizio di inidoneità espresso dalla commissione per gli accertamenti psicofisici dell’Amministrazione penitenziaria.

  1. In conclusione, per le suesposte considerazioni, il ricorso è fondato e deve essere accolto con conseguente annullamento del decreto ministeriale impugnato, che ha recepito e fatto proprio il sindacato giudizio di inidoneità, nonché, in parte qua, del bando di concorso.

Si ravvisano giustificati motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del giudizio, ivi comprese le spese relative alla consulenza d’ufficio, che sono state anticipate provvisoriamente dal ricorrente e che, pertanto, sono poste in via definitiva a suo carico.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, accoglie il ricorso come in epigrafe proposto da -OMISSIS- e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati e, in parte qua, il bando di concorso.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del giudizio,

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.