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L'autografia non viene meno qualora l'autore della firma scriva il proprio nome e cognome in lettere maiuscole o in stampatello

Consiglio di Stato, Sezione V, decisione 31 maggio 2007 n. 2817.Con la sentenza N. 2817 del 2008 il Consilgio di Stato ha espressamente sancito che:”La firma si caratterizza per l'autografia delle sua formazione e dalla sua attitudine a evidenziare un qualche elemento di identificazione, anche allo scopo di prevenire possibili abusi o vere e proprie falsificazioni. In tale quadro, però, non è possibile affermare, a priori e in modo generalizzato, che la firma debba essere necessariamente redatta in carattere corsivo (o prevalentemente corsivo), potendosi forse affermare che, in linea tendenziale, esiste una preferenza per tale tipo di redazione della firma, particolarmente evidente quando sono previsti appositi meccanismi di verifica della sottoscrizione, rapportata a modelli prederminati (i campioni o specimen della firma degli assegni, delle carte di credito; la firma depositata del notaio e di altri pubblici ufficiali).Ma, anche in tali casi, la necessità della firma in carattere corsivo deriva, essenzialmente, dalla corrispondenza con il modello predeterminato e non dalla inidoneità in sè del carattere stampatello; pertanto, la sottoscrizione di un atto, sia essa finalizzata a individuare l'autore del documento(del quale il sottoscrittore, artefice o meno che sia del testo, ne assume la paternità), sia essa tesa ad attestare l'intervento all'atto sottoscritto, deve essere autografa, per tanto intendendosi che deve essere redatta di pugno da colui che risulta sottoscrittore. Ne consegue che l'autografia non viene meno qualora l'autore della firma scriva il proprio nome e congnome in lettere maiuscole, o, anche , in stampatello; nè rielva che il sottoscrittore sia in grado di scrivere in corsivo, come usualmente la sottoscrizione viene vergata”.