menu

Inammissibilità ricorso gerarchico contro provvedimento di collocamento in aspettativa senza assegni

s e n t e n z a

sul ricorso n. reg. gen. 4308-2003, proposto da -OMISSIS- , rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giovanni Carlo Parente e Angelica Parente, presso lo studio dei quali, in Roma, Via Emilia n.81, è elettivamente domiciliato;

contro

  • il Ministero della Giustiziain persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede, in Roma, Via dei Portoghesi n.12, è ex lege domiciliato;
  • il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in persona del Capo del Dipartimento in carica, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;

per l’annullamento,

  • del provvedimento del 19.3.2003 del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione, con il quale è stata dichiarata la inammissibilità del ricorso gerarchico proposto dal ricorrente avverso il provvedimento di collocamento in aspettativa senza assegni precedentemente adottato dal Provveditore Regionale della Liguria in data 23.12.2002;
  • del provvedimento del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Provveditorato Regionale della Liguria, datato 23.12.2002, a firma del Provveditore regionale, che ha disposto il collocamento del ricorrente in aspettativa senza assegni a far data dal giorno 10.9.2002;
  • di ogni atto presupposto, conseguente o comunque connesso.

Visti gli atti depositati dal ricorrente;

visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni resistenti;

visti gli atti tutti della causa;

designato relatore il Consigliere Avv. Carlo Modica;

udito, alla pubblica udienza del 16.3.2005, l’Avv. Stefano Monti in sostituzione e per delega degli avv.ti. Parente, per il ricorrente;

ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

f a t t o

  1. Nell’anno 2002 il ricorrente, già da allora Agente di polizia penitenziaria, si trovava in stato di tossicodipendenza.

Consapevole che il proprio status avrebbe avuto inevitabili ripercussioni negative sul rendimento in servizio, decideva spontaneamente di intraprendere un programma di recupero a fine di conseguire un pieno reinserimento nella vita sociale e professionale.

Pertanto, in data 19.9.2002 inoltrava al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria un’istanza con cui, dichiarato il proprio stato di tossicodipendenza, chiedeva di essere collocato in aspettativa ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. 44/1990, allegando una certificazione del Centro Italiano di Solidarietà in Roma, ove era attestato che dal giorno 10 settembre 2002 stava frequentando il programma “Progetto Uomo”.

Analoga istanza veniva trasmessa alla Direzione della C.C. Genova Marassi il successivo 8 ottobre 2002, anticipata anche via fax.

Il 2 dicembre 2002 il ricorrente inviava all’Amministrazione una dichiarazione del Centro Italiano Solidarietà attestante che, dopo un periodo in “accoglienza”, era stato inserito nella prima fase residenziale del programma.

A questo punto, in data 23.12.2002 il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Provveditorato Generale della Liguria deliberava il rigetto dell’istanza di collocamento in aspettativa avanzata dal ricorrente asserendo che quest’ultimo non aveva prodotto la “documentazione necessaria”; e disponeva che l’assenza dal servizio dell’interessato fosse considerata “come aspettativa senza assegni” ex art. 124, n. 2 del D.P.R. 309/1990.

Il ricorrente veniva così collocato – in alternativa alla sua richiesta – in aspettativa senza assegni ex art. 69 del D.P.R. 3/57 a far data dal 10 settembre 2002 e per la durata del programma terapeutico-riabilitativo (fermo il limite massimo di tre anni, previsto ex lege).

La sopracitata deliberazione di diniego riportava, in calce, la seguente dicitura: “avverso il presente provvedimento è ammesso ricorso amministrativo ai sensi dell’art. 1e seguenti del D.P.R. 1199/1971 direttamente al Sig. Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria entro gg. 30 dalla data di avvenuta notifica”.

Conseguentemente il ricorrente proponeva ricorso gerarchico al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, allegando un’ulteriore apposita dichiarazione rilasciata dal Centro Italiano di Solidarietà, attestante il suo avvenuto inserimento nel programma di recupero e che tale programma era da intendersi “quale ricovero presso una struttura specializzata ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. 17.11.1990”.

Cionondimeno, del tutto inaspettatamente il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione, rigettava il predetto ricorso gerarchico, ritenendolo inammissibile, “perché ai sensi del 4° comma dell’art. 16 del D. Lg.vo n. 165/2001 gli atti e i provvedimenti adottati dai dirigenti preposti al vertice dell’amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali non sono suscettibili di ricorso gerarchico”.

II.        L’interessato si è pertanto visto costretto ad impugnare innanzi a questo TAR  sia il provvedimento dichiarativo della inammissibilità del ricorso gerarchico, sia quello – presupposto – mediante cui era stato collocato in aspettativa  senza assegni.

Nel  chiederne l’annullamento, vinte le spese, lamenta:

  • violazione e falsa applicazione dell’art.16 del D.lgs. n.165/2001, violazione dell’art.3 della L. n.241/1990, violazione e falsa applicazione della L. n.335/1990 e del D.lgs. n.444/1992 ed eccesso di potere per erroneità nei presupposti di fatto;
  • violazione degli artt. 2 e 32 della Costituzione, violazione e falsa applicazione dell’art.18 del D.P.R. n.44/1990 ed eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto, irragionevolezza, ed ingiustizia manifesta.

Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione si è opposta all’accoglimento del ricorso.

III.       Con ordinanza n.2467 del 2003 questo TAR accoglieva l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente, ordinando il riesame dell’istanza da questi avanzata.

L’Amministrazione restava, però, inadempiente.

Con ordinanza n.3663 del 2003 questo TAR, in accoglimento del ricorso per esecuzione dell’ordinanza cautelare predetta, reiterava la disposizione a contenuto propulsivo e nominava un Commissario ad acta  per il caso di persistente inerzia.

  1. A questo punto, in data 23.8.2003 l’Amministrazione adottava un nuovo provvedimento con cui ha confermato il collocamento del ricorrente nella posizione di “aspettativa senza assegni” e gli ha intimato di restituire le somme già corrispostegli in eccedenza.

Il ricorrente si è pertanto visto costretto ad impugnare anche questo provvedimento sopravvenuto, ed ha proposto – a tal fine – un ricorso per motivi aggiunti nell’ambito del giudizio già pendente.

Con ordinanza n.5062 del 2003 questo TAR accoglieva l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente avverso il provvedimento sopravvenuto e ne sospendeva gli effetti.

  1. Ma ancora una volta l’Amministrazione non dava esecuzione all’ordinanza cautelare; ed il ricorrente si vedeva costretto a proporre un ennesimo ricorso per ottenere l’ottemperanza.

Sicchè, con ordinanza n.3295 del 2004 questo TAR ordinava all’Amministrazione di provvedere a dare esecuzione al disposto dell’ordinanza cautelare, nominando per il caso di persistente inerzia un nuovo Commissario ad acta.

Quest’ultimo ha ritenuto di ottemperare all’ordinanza sospendendo il disposto recupero delle somme già corrisposte al ricorrente, mentre non ha modificato né sospeso il provvedimento con cui quest’ultimo era stato collocato  in aspettativa senza assegni.

A questo punto è stata fissata l’udienza per la discussione del merito.

Le parti hanno pertanto presentato le proprie conclusioni, insistendo ciascuna nelle proprie richieste ed eccezioni.

Infine, all’udienza del 16.3.2005, la causa è stata posta in decisione.

d i r i t t o

  1. Il ricorso è fondato.

1.1.      Con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio il ricorrente lamenta la illegittimità del provvedimento con cui l’Amministrazione ha dichiarato inammissibile il ricorso gerarchico da lui proposto.

Il ricorrente lamenta, in particolare, violazione e falsa applicazione dell’art.16 del D.lgs. n.165/2001, nonché dell’art.3 della L. n.241/1990, della L. n.335/1990 e del D.lgs. n.444/1992 ed eccesso di potere per erroneità nei presupposti di fatto, deducendo:

  • che erroneamente l’Amministrazione ritiene che l’Organo che ha adottato il provvedimento di collocamento in aspettativa senza assegni, sia un organo di vertice (non soggetto, perciò, ad alcun superiore gerarchico);
  • e che altrettanto erroneamente ritiene, conseguentemente, che la determinazione da esso adottata sia definitiva e insuscettibile di essere sottoposta a ricorso gerarchico.

La doglianza merita accoglimento.

L’art.32, comma 2°, della L.n.395/1990, stabilisce che i Provveditorati Regionali dell’Amministrazione penitenziaria  sono sottoposti alle direttive ed agli indirizzi del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria; e l’art.2 del D.lvo n.44/1992 prevede espressamente che i Provveditorati regionali dell’Amministrazione penitenziaria esercitano le loro attribuzioni “secondo i programmi, gli indirizzi e le direttive disposti dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, anche al fine di assicurare l’uniformità dell’azione penitenziaria sul territorio nazionale …”.

Il che sarebbe già di per sé sufficiente per affermare che i Provveditori non sono organi di vertice che non riconoscono alcun superiore gerarchico.

L’art.33 della L.n.395/1990 cit., stabilisce, inoltre, che “a ciascun Provveditorato Regionale è preposto un dirigente superiore amministrativo degli istituti di prevenzione e di pena con funzioni di provveditore regionale, dipendente gerarchicamente dal direttore generale dell’Amministrazione penitenziaria”.

Il che sancisce definitivamente che i Provveditori dell’Amministrazione penitenziaria sono gerarchicamente subordinati al direttore generale e che pertanto i loro provvedimenti non sono definitivi.

Dal ciò discende ulteriormente che i predetti provvedimenti sono perfettamente suscettibili, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione resistente, di essere impugnati mediante ricorso gerarchico.

E poiché nella fattispecie il ricorrente aveva impugnato mediante ricorso gerarchico proprio un provvedimento adottato dal Provveditore Regionale della Liguria, la tesi della inammissibilità del ricorso gerarchico non regge sotto alcun profilo.

1.2.      Con il secondo motivo di gravame il ricorrente lamenta la illegittimità del provvedimento con cui l’Amministrazione lo ha collocato in aspettativa senza assegni, negandogli – cioè – l’aspettativa ordinaria.

Il ricorrente lamenta, in particolare, violazione degli artt. 2 e 32 della Costituzione, violazione e falsa applicazione dell’art.18 del D.P.R. n.44/1990 e dell’art.124, comma I, del DPR n.309/1990, ed eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto, irragionevolezza, ed ingiustizia manifesta, deducendo di aver titolo – in considerazione della sua condizione di tossicodipendente ammesso ad un programma di riabilitazione – per essere collocato in aspettativa con diritto all’intero stipendio per il primo anno e con diritto a metà dello stipendio per il successivo periodo (biennale).

La doglianza merita accoglimento.

1.2.1.   L’art.124, comma I, del DPR n.309 del 1990 stabilisce che i lavoratori in stato di tossicodipendenza che intendono accedere ai programmi terapeutici di riabilitazione presso le strutture all’uopo preposte, hanno diritto alla conservazione del posto per un periodo non superiore a tre anni.

Il successivo comma del citato articolo rinvia ai contratti collettivi di lavoro ed agli accordi per il pubblico impiego la specifica disciplina delle modalità per l’esercizio della predetta facoltà.

Per il personale del Comparto Sicurezza appartenente alle Forze di Polizia ad ordinamento civile, la disciplina è quella di cui all’art.18 del DPR n.44 del 1990.

Tale disposizione consente al dipendente che accetti di sottoporsi alle terapie previste dai progetti riabilitativi di fruire dell’aspettativa per infermità, condizionata al ricovero presso una struttura specializzata per la cura dello stato di tossicodipendenza.

La norma in esame – la cui evidente ratio è quella di favorire il recupero del lavoratore tossicodipendente – ha inoltre stabilito:

  • che nel periodo di collocamento in aspettativa spetta al dipendente l’intero stipendio per il primo anno, e la metà dello stipendio per il restante biennio;
  • e che il periodo trascorso in aspettativa per sottoposizione a programmi terapeutici va considerato per intero ai fini della determinazione del congedo ordinario, della progressione di carriera e del trattamento pensionistico.

Dal chiaro disposto della norma – e dall’analisi della sua ratio – consegue, dunque, che il ricorrente aveva titolo per ottenere il collocamento in aspettativa con retribuzione (nella misura stabilita dalla citata norma) e non già “senza assegni”.

1.2.2.   L’amministrazione ha negato l’aspettativa in ragione del fatto che l’interessato non avrebbe prodotto tutta la documentazione necessaria. In particolare, ad avviso dell’Amministrazione egli avrebbe omesso di documentare “che la struttura associativa presso cui sta effettuando il programma di trattamento socio educativo di recupero per tossicodipendenti è da intendersi quale struttura associativa convenzionata prevista dalla legge regionale” e “che il  programma terapeutico in atto è da intendersi quale ricovero presso struttura specializzata ai sensi dell’art.18 del DPR 17.1.1990”.

Ma le predette argomentazioni non convincono e non appaiono sufficienti per supportare un provvedimento di definitivo diniego.

Ed invero:

  • se per un verso la sussistenza delle condizioni era agevolmente accertabile d’ufficio dalla stessa Amministrazione mediante richiesta diretta all’istituto convenzionato;
  • per altro verso sarebbe stato sufficiente richiedere all’interessato di fornire le informazioni richieste integrando la documentazione già prodotta.

E poiché la domanda di ammissione al beneficio non era soggetta ad alcun termine perentorio, non si vede la ragione per la quale siano stati ritenuti inammissibili (rectius: procedimentalmente impraticabili) tanto il ricorso ad un’attività istruttoria supplementare (c.d. supplemento istruttorio), quanto quello alla richiesta di integrazione documentale.

1.3.      Con il ricorso per motivi aggiunti il ricorrente impugna il provvedimento del 23.8.2003, a firma del Vice Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, con cui – a seguito di riesame della questione – è stato confermato il collocamento dell’interessato in aspettativa senza assegni; e ne chiede l’annullamento per le medesime ragioni di cui al secondo motivo di gravame del ricorso introduttivo del giudizio.

Il provvedimento in questione è meramente reiterativo del precedente e fondato sulle medesime ragioni.

Il Collegio ritiene pertanto che lo stesso sia illegittimo – e che vada anch’esso annullato – per i motivi già indicati nel precedente capo, al quale rinvia.

  1. In considerazione delle superiori osservazioni, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati..

Si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese.

  1. M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio,  Sez. I^,  accoglie il ricorso in epigrafe; e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Compensa le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.