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Esclusione assunzione Vigili del Fuoco per condanna (favoreggiamento)

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 857 del 2001, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Carlo Parente ed Erennio Parente, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Emilia, 81;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento, previa sospensione,

– del provvedimento Div. Pers. II, Sez. II n.61525 in data 10.11.2000 con cui il ricorrente, pur avendo superato le prove del concorso pubblico a 184 posti nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ed essendosi collocato in posizione utile, per la convocazione del 1° contingente di idonei e vincitori del profilo autisti, è stato escluso dall’assunzione presso il predetto corpo;

– di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 972/2001 dell’8.2.2001;

Visti il decreto presidenziale n. 21747/2013 del 10.10.2013;

Visto il ricorso in opposizione alla perenzione del ricorrente;

Visto il decreto presidenziale n. 1782/2014 del 22.1.2014;

Viste le memorie difensive e l’ulteriore documentazione depositata in giudizio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell’udienza pubblica del 14 ottobre 2014 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 4.1.2001 e depositato il 23.1.2001, il ricorrente in epigrafe chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento con il quale il Ministero dell’Interno – Direzione Generale della Protezione Civile e dei Servizi Antincendio comunicava che, in attesa di conoscere l’esito di un procedimento penale pendente per il reato di cui all’art. 378 c.p. promosso nei suoi confronti e verificato in seguito agli accertamenti d’ufficio sul possesso dei requisiti morali e di condotta di cui all’art. 36, comma 6, d.lgs. n. 29/93 richiamato nell’art. 2 del bando di concorso, non avrebbe proceduto, al momento, alla stipulazione del contratto individuale di lavoro pur avendo l’interessato superato le relative prove selettive ed essendo il medesimo collocato in posizione utile per la convocazione del 1° contingente di vincitori e idonei per il profilo “autisti”.

Il ricorrente, in sintesi, lamentava quanto segue.

Errore e falsa applicazione dell’art. 36, 6° comma, d.lgs. 29/93”.

L’art. 36 cit. applicato dall’Amministrazione, a sua volta, rimandava all’art. 26 l. n. 53/89 che faceva riferimento all’accesso nei ruoli del personale della Polizia di Stato e delle altre forze di polizia indicate nell’art. 16, l. n. 121/81. Tale ultima norma, però, considerava come “forze di polizia”, oltre alla Polizia di Stato, solo l’Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di Finanza nonché, laddove esercitino servizi di ordine e sicurezza pubblica, il Corpo degli Agenti di Custodia e il Corpo Forestale dello Stato.

Non era quindi considerato il Corpo dei Vigili del Fuoco, come attestato in maniera indiretta dalla stessa Corte Costituzionale pronunciatasi in relazione ad alcune indennità previste per le forze di polizia, appartenendo il Corpo suddetto all’Amministrazione civile ed essendo estraneo ad ogni corpo “militare”.

Partecipando alla selezione per “autista”, quindi, al ricorrente dovevano applicarsi i criteri di accesso all’impiego di cui all’art. 2 d.p.r. n. 487/94, tenendo anche conto che comunque, in sede penale, gli era stato riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena.

2) Erronea e irragionevole applicazione dell’art. 36, 6° comma, d.lgs. 29/93. Eccesso di potere per incongruenza, ingiustizia e illogicità manifesta. Difetto di istruttoria e di motivazione. Errore nei presupposti”.

In subordine, pur ritenendo applicabile l’art. 36 cit., il ricorrente evidenziava che la motivazione del provvedimento impugnato era comunque priva dei necessari presupposti di fatto e di diritto, considerato che il ricorrente era stato condannato per “favoreggiamento” di una persona poi assolta dal reato ascrittogli.

L’Amministrazione doveva quindi procedere ad una autonoma valutazione del fatto penale, non potendo invocare un’automatica rilevanza della condanna, tenendo anche conto delle circostanze per le quali l’episodio era avvenuto sette anni prima, la sentenza stessa era gravata di appello e il ricorrente aveva tenuto nelle more una condotta incensurata, come dimostrato da documentazione che depositava in atti.

Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno chiedendo la reiezione del ricorso.

Con l’ordinanza in epigrafe, questa Sezione concedeva la tutela cautelare ai fini della conclusione del procedimento.

Con il primo decreto presidenziale in epigrafe era dichiarata l’estinzione del giudizio ma, su formale opposizione del ricorrente, con il secondo decreto era disposta la relativa revoca.

In prossimità della udienza di trattazione del merito le parti costituite depositavano memorie a sostegno delle rispettive tesi difensive e il ricorrente allegava anche documentazione da cui risultava che era stato ammesso in servizio dal 12.1.2001, rivestendo ora la qualifica di Vigile Esperto e prestando attività senza alcuna osservazione negativa da parte della stessa Amministrazione.

Alla pubblica udienza del 14.10.2014 la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso, anche al non più sommario esame proprio della presente fase, si rileva fondato per quanto dedotto con il secondo motivo di ricorso.

In relazione al primo, infatti, il Collegio osserva che la giurisprudenza ha da tempo precisato che ai fini dell’ammissione al concorso a posti di Vigile del Fuoco si applicano gli artt. 36, comma 6, d.lgs. n. 29/93 e 26 l. n. 53/89 in virtù dei quali è necessario il possesso delle qualità morali e di condotta stabiliti per l’ammissione ai concorsi nella magistratura ordinaria.

Ciò perché – pur non essendo richiamato il Corpo dei Vigili del Fuoco espressamente dalla l. n. 53/1989 – l’art. 1 della l. n. 469/1961 attribuisce al Corpo servizi di prevenzione ed estinzione degli incendi ed in genere servizi tecnici per la tutela della incolumità delle persone e la preservazione delle persone e dei beni, mentre l’art. 16 della indicata legge, nonché l’art. 13 della l. 850/1973, stabilisce anche che nell’esercizio delle proprie funzioni, il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco riveste, in base alla qualifica, la qualità di agente o ufficiale di polizia giudiziaria, per cui

tale personale rientra pienamente nella previsione di cui all’art. 36 del più volte richiamato d.lgs. n.29/1993 (Cons. Stato, Sez. I, 27.10.99, n. 530).

Tali norme di cui agli artt. 13 e 16 cit., pur abrogate dall’art. 35 d.lgs. n. 139/2006 (fatti salvi comunque gli effetti già prodotti come recita tale articolo) erano in vigore al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, con conseguente infondatezza del primo motivo di ricorso.

Per quel che riguarda il secondo, invece, il Collegio rileva che la motivazione addotta dell’Amministrazione è in effetti generica, limitandosi a richiamare la pendenza di un procedimento penale.

Non avendo fatto riferimento a condanna definitiva – né evidentemente potendo farlo – l’Amministrazione avrebbe dovuto approfondire le circostanze di fatto e valutare nel complesso la personalità dell’interessato, tenendo principalmente conto delle circostanze richiamate dallo stesso ricorrente nella presente sede, relative alla lontananza temporale dell’unico fatto considerato (sette anni), alla pendenza del giudizio con possibilità di assoluzione piena, alla intervenuta assoluzione della persona “favorita”, alla condotta irreprensibile successiva al fatto da parte dell’interessato.

Se è vero, in ipotesi, che l’Amministrazione gode di ampia discrezionalità in tale tipo di valutazione, come richiamato nelle difese erariali, è altrettanto vero, in tesi, che tale discrezionalità deve sfociare in un provvedimento adeguatamente motivato, soprattutto laddove la decisione va ad incidere pesantemente in maniera negativa nella sfera giuridica e sulle aspettative dell’interessato.

Nel caso di specie tale motivazione è del tutto mancata, potendosi applicare anche al caso di specie il principio giurisprudenziale secondo cui non basta un singolo ed occasionale episodio di rilevanza penale (di portata ovviamente non idonea a creare oggettivo allarme sociale) – peraltro nel caso di specie ancora sottoposto al vaglio definitivo del giudice competente – per concludere nel senso di individuare un disvalore tale da legittimare un giudizio di insussistenza del requisito del possesso delle qualità morali nei confronti di un aspirante a entrare nei ruoli dell’amministrazione statale (TAR Lazio, Sez. II, 6.7.06, n. 5497 e 3.10.02, n. 8989; Cons. Stato, Sez. IV, 3.7.2000, n. 3647; 12.1.1999, n. 20 e 18.6.98, n. 948).

Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Le spese di lite possono compensarsi per la peculiarità e complessità normativa della fattispecie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi del ricorrente manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.