Coronavirus: rischio di contagio e rischio penale.
La violazione delle misure di contenimento del contagio da coronavirus (COVID-19) determina anche conseguenze penali.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con decreto del 9 marzo 2020, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus, ha vietato, su tutto il territorio nazionale, gli spostamenti non strettamente necessari (lavoro, salute o situazioni particolari), sanzionando penalmente (con arresto o ammenda) i trasgressori, ai sensi dell’art. 650 del codice penale.
Con successivo D.L. n. 19/2020, in vigore dal 26 marzo 2020, è stata “depenalizzata” tale condotta con la previsione di una sanzione amministrativa, che va da euro 400,00 ad euro 3.000,00, suscettibile di essere aumentata se la violazione avviene mediante l’utilizzo di un veicolo.
In sostanza, ai sensi del D.L. n. 19/2020, non sono più perseguiti penalmente gli spostamenti non consentiti, essendo prevista solo una condanna al pagamento di una somma di denaro, con competenza che passa quindi dalla Procura della Repubblica alla Prefettura. Ciò vale anche per chi abbia trasgredito l’ordine precedentemente al 26 marzo 2020.
Permane la responsabilità penale delle persone che violino la misura della quarantena, ai sensi dell’art. 260 del Regio Decreto n. 1265/1934 (T.U. delle Leggi Sanitarie), che punisce con la pena dell’arresto da tre a diciotto mesi e con l’ammenda da euro 500,00 ad euro 5.000,00 “chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo”.
Chi, invece, non rispetti le norme per il contenimento del contagio e risulti positivo al COVID-19, può essere accusato del reato che commette chi cagiona un’epidemia colposa mediante la diffusione di germi patogeni, punito dall’art. 452 del codice penale con la pena della reclusione da uno a cinque anni, e salvo che il fatto integri gli estremi del reato di epidemia dolosa (art. 438 c.p.), punito con l’ergastolo.
Altro aspetto delicato, con risvolti penali non banali, è quello relativo all’autocertificazione alla quale è tenuta la persona che per qualunque ragione si sposti dal proprio domicilio.
In questa circostanza, chi rilasci una formale dichiarazione non corrispondente a verità agli operatori di polizia, e quindi a pubblici ufficiali, incorre nel reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), che soggiace alla pena della reclusione fino a 2 anni.
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