SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11240/1999, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Carlo Parente e Erennio Parente, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
della cartolina precetto data 13 aprile 1999
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 aprile 2012 il dott. Domenico Landi e uditi per le parti l’avv. Stefano Monti su delega di parte ricorrente e l’Avvocato dello Stato Grumetto Antonio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 5 agosto 1999, depositato nei termini, OMISSIS ha chiesto l’annullamento del provvedimento datato 13 aprile 1999, notificato il 18 giugno 1999, di chiamata alle armi con allegata cartolina di invito a presentarsi il 18 agosto 1999 presso il Reggimento “Pavia” di stanza a Pesaro, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.
A sostegno del gravame il ricorrente deduce la seguente censura:
Violazione della normativa in materia di leva (art. 100 D.P.R. n. 237/64, così come sostituito dall’art. 7, legge 24/12/1986 n. 958), anche in relazione agli artt. 3, 4, 35 e 41 Costituzione. Eccesso di potere per presupposto erroneo, carente istruttoria, vizio della funzione.
Il ricorrente, unico soggetto all’interno della propria famiglia in grado di gestire l’impresa familiare, richiama il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui la P.A. ha l’obbligo di valutare le istanze di dispensa dal servizio militare, verificando le conseguenze negative che possono derivare dalla partenza dell’arruolato allorquando quest’ultimo sia responsabile di una impresa. Nella fattispecie il ricorrente sarebbe costretto ad interrompere l’attività dell’impresa che conduce in modo diretto ed esclusivo, perdendo così l’unica fonte di reddito, non solo per sé, ma per il suo intero nucleo familiare.
L’Amministrazione intimata si è formalmente costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 2 aprile 2012 la causa è passata in decisione.
Il ricorso si appalesa fondato.
Infatti, dalla documentazione depositata in atti dalla difesa del ricorrente, peraltro non contestata dall’Amministrazione resistente, risulta come il provvedimento impugnato sia stato adottato senza una adeguata istruttoria che desse conto della particolare situazione del ricorrente, il quale lavora nell’azienda familiare di autotrasporti ed è l’unico componente della famiglia abilitato alla conduzione dei mezzi pesanti, per cui il suo arruolamento avrebbe avuto dirette e negative conseguenze per la vita stessa dell’impresa familiare.
Peraltro, nella fattispecie, l’Amministrazione non ha dimostrato come la partenza del ricorrente non avrebbe pregiudicato la funzionalità dell’attività societaria, in quanto avrebbe dovuto provare che il padre del ricorrente era in possesso della specifica capacità manageriale idonea a svolgere l’attività imprenditoriale. Va, quindi, osservato come la partenza del ricorrente per lo svolgimento del servizio di leva, avrebbe determinato la fine dell’attività societaria in considerazione della dimostrata indispensabilità del ricorrente per la sopravvivenza della società stessa.
Il ricorso va, pertanto, accolto con il conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento.
Si rinvengono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio, attesa la particolare natura della controversia.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.