Con la sentenza n. 5893/2021 il Consiglio di Stato ha affermato che “il termine previsto dall’art. 1392, comma 3, d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 per l’inizio dell’azione disciplinare a carico di un militare, conseguente ad un fatto di rilevanza penale, ha natura perentoria e, nel caso di sentenza della Corte di cassazione dichiarativa della inammissibilità, decorre nel momento in cui l’Amministrazione ha avuto cognizione del dispositivo della sentenza, senza che possa, in alcun modo, assumere rilevanza la successiva acquisizione cognitiva della motivazione della pronunzia di inammissibilità di che trattasi”.
Il caso riguarda un militare condannato in primo grado “alla pena di anni due e mesi di due di reclusione per detenzione di arma da guerra e ricettazione”.
La Corte di Cassazione nel settembre 2010 confermava la condanna.
In data 23 febbraio 2011 il Ministero della Difesa avviava il procedimento disciplinare e lo concludeva ad agosto con la sanzione della rimozione.
Avverso tale provvedimento il militare proponeva ricorso al TAR al fine di ottenerne l’annullamento.
Il TAR adito respingeva il ricorso con sentenza impugnata dinnanzi al Consiglio di Stato.
I giudici di Palazzo Spada accoglievano il ricorso ritenendo tardivo l’avvio del procedimeneto disciplinare.
Secondo il Collegio “l’avvio del procedimento disciplinare non soltanto possa, ma debba avvenire nel momento in cui l’Amministrazione abbia acquisito la certezza della definitività della condanna”.
A parere dei Giudici a fronte della comunicazione del dispositivo della sentenza della Corte di Cassazione il 1° ottobre 2010, la conclusione del procedimento disciplinare il 22 agosto 2011 era largamente successiva allo spirare del termine previsto fissato in 270 giorni.
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