Il T.A.R. del Lazio annulla gli atti della Commissione Superiore di Avanzamento della Marina Militare.
Il C.V. C.R.S. è un ufficiale superiore che porta avanti una dura battaglia giurisdizionale innanzi al T.A.R. del Lazio avverso gli atti concernenti il suo avanzamento al grado superiore di contrammiraglio della Marina Militare. Trovatosi al 39° posto a fronte di soli 6 posizioni utili all’avanzamento è riuscito, assistito dallo Studio Legale Parente, nelle persone degli avvocati Giovanni Carlo Parente Zamparelli e Stefano Monti, a dimostrare giurisdizionalmente l’illogicità dei giudizi valutativi. Con la sentenza n. 8998/2018, il Giudice amministrativo ha peraltro rilevato che “si deve pertanto ritenere che la sentenza in questione non sia stata ottemperata, dato che questa avrebbe richiesto alla CSA di rinnovare le operazioni valutative delle qualità in contestazione nei confronti di tutti gli Ufficiali sopraindicati relativamente ai profili contestati, esplicitando con chiarezza le ragioni di preferenza dell’uno o dell’altro rispetto ai diversi elementi di valutazione; in altri termini, la CSA pur mantenendo impregiudicata, nella sostanza dei giudizi da esprimere, la propria attività valutativa, era, tuttavia, assoggettava ad un onere di motivazione più rigoroso rispetto a quello su di essa incombente in prima battuta, dato che era tenuta a dimostrare di non aver operato quella discriminazione imputatole. Non può il Collegio in questa sede sostituirsi alla competente Commissione e riformulare le valutazioni ad essa demandate dato che, come ripetutamente chiarito dalla Sezione, il giudizio espresso dalla Commissione ai fini dell’avanzamento costituisce una valutazione di merito insindacabile dal giudice amministrativo, salvo il riscontro di una di quelle situazioni riconducibili all’eccesso di potere, in particolare nelle sue figure sintomatiche tradizionali o in quelle più evolute della violazione del canore di ragionevolezza e/o proporzionalità. Sicchè il giudice amministrativo si deve limitare a verificare se il giudizio espresso sia stato determinato da un errore nell’acquisizione dei fatti determinanti (attribuzioni di fatti non concernenti l’interessato, omessa rilevazione di circostanze o fraintendimento delle stesse, ovvero considerazione di elementi non pertinenti., etc.) oppure da un macroscopico errore nell’apprezzamento e nella valutazione degli stessi elementi, talmente abnorme e grossolano da essere evidente a chiunque (macroscopico travisamento tale da consentire anche ad un non esperto della materia di ravvisare la palese “abnormità della valutazione”) ovvero sia stato determinato dalla violazione delle regole del procedimento valutativo, in primis dall’adozione di un criterio di valutazione diverso da quello prescritto dalla normativa in materia, oppure quest’ultimo sia applicato con metro di valutazione difforme per i diversi candidati (“l’eccesso di potere in senso relativo” per difformità del metro valutativo utilizzato che determina una disparità di trattamento valutativo tra i soggetti sottoposti a scrutinio, indicativa di un “favoritismo” perpetrato dall’organo valutativo), etc. Ovviamente, tale verifica è limitata dal fatto che i criteri dettati dalla normativa in materia sono molto generici, come si addice ad un giudizio di tipo “sintetico” qual è quello in esame, anche al fine di lasciare un adeguato margine di apprezzamento alla Commissione Superiore di Avanzamento, alla quale è demandata tale delicata valutazione. Per tali motivi, la giurisprudenza in materia ha costantemente ritenuto infondate le censure relative alla mancata predeterminazione di un ulteriore livello di dettaglio dei criteri di valutazione da parte della Commissione Superiore di Avanzamento, ritenendo che “i criteri indicati dal legislatore sono adeguati al tipo di giudizio sintetico e d’impatto che detto organo è chiamato ad esprimere e sono sufficientemente dettagliati in tale prospettiva funzionale” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 1230/2014: 7326/2011; 437/2005). Soprattutto, è la stessa normativa in materia ad imporre (art. 703 DPR 90/2010) alla Commissione di operare una valutazione di sintesi in ordine a ciascuna delle quattro qualità previste dall’articolo 1058 COM, escludendo la possibilità di attribuire “punteggi parziali per ciascun elemento” incluso in ogni categoria. Ne consegue che, in mancanza di una tabella di corrispondenza tra titoli e punteggi, solo in casi del tutto eccezionali, si verifica quell’assoluta parità di titoli dei candidati (in particolare nei casi di figure professionali tecniche che si caratterizzano per identicità di percorso formativo, nel quale i candidati hanno riportato gli stessi risultati, di identicità di carriere in cui gli Ufficiali hanno svolto in sedi diversi gli stessi incarichi, per la stessa durata, ricevendo identiche valutazioni e corrispondenti benemerenze e ricompense, etc.) che consente di ritenere che il punteggio differenziato attribuito a due Ufficiali con curriculum equivalente dipenda dall’utilizzo di un diverso metro di giudizio (cd. eccesso di potere in senso relativo)”.