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Riflessioni sulla sent. n. 28720/2008 in materia di uso di marjuana degli appartenenti alla religione rasta.

Fa discutere la sentenza della Suprema Corte di Cassazione – 6^ Sezione Penale – n- 28720/2008, che ha cassato il decisum della Corte d'Appello di Perugia per vizio di motivazione, non avendo detta Corte sufficientemente considerato l'appartenenza dell'imputato alla religione rasta, che prevede l'utilizzo di marjuana a fini meditativi. I mass media hanno subito titolato che “l'erba non è uguale per tutti”, mentre la sentenza va riferita al caso concreto, con valutazione delle circostanze contenute in atti, in gran parte non note, che hanno permesso ai Giudici della Suprema Corte di sanzionare l'omessa esplicitazione, da parte della Corte d'Appello, delle ragioni per cui si è esclusa la rilevanza della religione dell'imputato. Invero, l'aspetto religioso è di fondamentale importanza sia con riferimento alla nostra Costituzione che in ambito Comunitario. Acclarato che per i rasta vi è la consuetudine di fumare spinelli a fini meditativi e che non per questo essi possono sottrarsi alle nostre leggi, si impognono però più esaustivi accertamenti e precisi obblighi motivazionali in ordine alle ragioni per cui il possesso dello stupefacente è ritenuto ai fini di spaccio e non per uso personale (religioso). Il rischio è quello di essere poi accusati di trattamenti discriminatori. In allegato la sentenza.